(La lettrice Cristina Re si era lamentata per come molti media avevano riportato il suo intervento nel corso di un incontro con Romano Prodi. Ci ha mandato questa lettera che pubblichiamo senza entrare nel merito delle tesi che sostiene ma per contribuire a far capire il punto di vista di molti giovani che non si riconoscono nella definizione di Generazione Erasmus)
Il 23 febbraio si è tenuto un incontro tra Romano Prodi e l’economista Emiliano Brancaccio sulla nascita dell’Unione Europea e le sue fondamenta economiche. Il dibattito fa parte di un più ampio ciclo di seminari sull’Europa e la globalizzazione organizzato dall’associazione Rethinking Economics Bologna, di cui faccio parte.
Quel treno che passa una volta sola
Durante il suo discorso l’ex Presidente del Consiglio e della Commissione Europea, ha ripetuto la sua nota posizione già espressa in altre sedi su come la nascita dell’UE, il suo allargamento e l’adozione dell’euro fossero degli eventi necessari e non rimandabili. “Il treno della storia passa una sola volta” ha anche affermato. Peccato però che non sia chiaro se noi quel treno l’abbiamo preso o se siamo stati travolti da esso.
Con un mio intervento ho infatti cercato di sottolineare la situazione dei giovani italiani, i quali è vero che devono essere grati per non aver vissuto la guerra, come ha affermato il Professore, ma è vero anche che quotidianamente vivono una guerra molto più silenziosa.
La 'generazione Erasmus'? Una favola
La nostra generazione è nata e cresciuta all'interno dell'Unione Europea ed è stata educata con la favola di un'Europa di cooperazione e obiettivi comuni, di uno spazio in cui viaggiare liberamente ed educarsi alla diversità, tanto da essere definita la “generazione Erasmus”. Questa favola si scontra però con la realtà, ossia con la generazione dei disoccupati e dei lavoratori poveri. Infatti, mentre solo l'1% degli studenti italiani partecipa a progetti di mobilità europea, gli altri si trovano in situazioni di precarietà o disoccupazione.
La disoccupazione giovanile nel 2017 è arrivata a superare il 40% e coloro che trovano lavoro sono costretti ad accettare orari e salari da fame con contratti a termine o retribuiti tramite voucher. In tantissimi sono costretti ad emigrare; alcuni svolgono attività di ricerca qui sotto finanziata altri sono obbligati ad accettare lavori non qualificati e sottopagati, nonostante l'alto livello d'istruzione.
Un futuro grigio di cui lo Stato non si fa carico
Il futuro dei giovani italiani è un futuro grigio e di cui lo Stato ha deciso di non farsi carico. Siamo una generazione abbandonata dalle istituzioni e, certo, non sarà tutta colpa dell'Unione europea, ma sicuramente per capire come migliorare bisogna prima individuare le colpe ed i colpevoli. L'Italia ha scelto di condividere e mettere in atto lo smantellamento dello stato sociale: ha tagliato educazione, istruzione, protezioni sociali, investimenti industriali, ecc. Una situazione di cui nessuno vuole farsi responsabile ma che è strettamente collegata con l'adesione dell'Italia alle politiche economiche neoliberiste.
Nonostante il Professore voglia evitare di ammettere sue responsabilità dirette, non possiamo non dimenticare che fu lui, come presidente dell'IRI, a svendere il patrimonio economico italiano a società private. Poi, come Presidente del Consiglio e della Commissione Europea, partecipò in prima persona alla nascita dell'euro. Non si è battuto per cambiare i criteri scellerati del trattato di Maastricht, nei quali l'Italia non rientrava, ma ha promesso riforme future. Da quel peccato originale è succeduto un vortice di privatizzazione, tagli al welfare, sottomissione ai diktat franco- tedeschi, attacco ai salari e ai diritti dei lavoratori con l'unico obiettivo di ridurre il nostro debito pubblico, rientrare nei parametri di Maastricht e renderci competitivi. Fu durante il suo governo che venne approvato il pacchetto Treu che diede inizio al fenomeno della precarietà in Italia. Durante il suo secondo mandato da Presidente del Consiglio, infine, fu lui a firmare il trattato di Lisbona che di fatto era uguale alla Costituzione europea bocciata nel 2005 da francesi e olandesi.
"Prodi riconosca le sue responsabilità"
Ho provato a chiedere al Professore di riconoscere le sue responsabilità e di condannare quelle politiche economiche che nei fatti si sono dimostrate fallimentari, in modo da permettere a noi giovani di superarle e cercarne soluzioni.
Purtroppo, come risposta, mi sono sentita dire che auspicavo ad un ritorno alle frontiere travisando completamente lo scopo del mio intervento. Visto e considerato che questa è stata la visione ripresa anche da alcune testate giornalistiche, ho pensato fosse importante precisare: come giovane studentessa italiana, non richiedo un isolamento dagli altri Stati europei ma una rottura con le politiche neoliberiste e di devastazione sociale dell’ultimo trentennio. Se vogliamo capire quali sono le possibili soluzioni alla crisi attuale, non possiamo non interrogarci su quali siano stati i veri errori.