Cinquant’anni fa, il 15 agosto del 1967, moriva nella sua casetta di Bruxelles, tante volte sfondo dei suoi quadri più famosi, il pittore surrealista René Magritte.
La città di quello che fu uno dei più importanti artisti del secolo scorso ha deciso di celebrarlo, in perfetto stile belgo-surrealista, con una speciale birra bianca “completamente nera” che porta il suo nome (edizione “limitata”, in vendita a 2,95 euro la bottiglia).
Naturalmente però altre iniziative sono in programma, a partire da una grande mostra nel museo a lui dedicato, nella centralissima Place Royale, che compirà 10 anni nel 2019, al culmine di un paio di “anni magrittiani”. Dalla sua fondazione, nell’estate del 2009, ha attratto 2,3 milioni di visitatori da tutto il mondo (il 65% viene dall’estero, molti dei quali dall’Italia), oltre 300mila all’anno, mezzo milione solo nei primi mesi.
L’aumento costante delle visite ha avuto un solo stop, l’anno scorso, in seguito agli attentati terroristici del 22 marzo 2016, che hanno ridotto drasticamente i turisti a Bruxelles: rispetto al 2015 si è registrato un calo di visite del 30%. Ma nel 2017 i turisti sono tornati, e a fine anno gli ingressi al Musée Magritte saranno superiori a quelli del 2015.
Dal 13 ottobre è in programma l’esposizione su “Magritte, Broodthaers e l’arte contemporanea”, dedicata all’eredità che il pittore surrealista ha lasciato nel mondo dell’arte del secolo scorso, attraverso le numerose reinterpretazioni d’autore delle sue opere più famose.
Il brussellese Marcel Broodthaers, scomparso una decina d’anni dopo il suo “maestro”, è quello che, come spiegano gli organizzatori, “meglio ha incarnato la filiazione artistica con Magritte, con una riflessione sia sugli oggetti che sul linguaggio”. Ma non e’ il solo: il presidente della fondazione Magritte Charly Herscovici ricorda anche l’influenza del grande surrealista belga, a sua volta debitore soprattutto dell’arte metafisica di Giorgio De Chirico, sugli americani Andy Warhol e Keith Haring, fra i molti altri anche recentissimi.
La mostra di Bruxelles è una specie di “retrospettiva al contrario”, come spiega il direttore dei Musei reali delle Belle arti di Bruxelles, Michel Droguet. Si parte dall’ultimo quadro dipinto prima di morire, La page blanche, uno dei suoi tipici crepuscoli nordici con una luna piena che invece di essere sullo sfondo copre le foglie d’albero in primo piano, per proseguire con una delle prime, La trahison des images (Ceci n’est pas une pipe) del 1929 e concludersi su un’immagine onirica della morte, L’Au-delà, una pietra tombale nella bella luce dell’alba, del 1938. La pittura di Magritte, secondo la perfetta descrizione a firma dello stesso artista, “consiste in immagini sconosciute di ciò che è conosciuto.
Descrive un pensiero fatto di apparenze che il mondo ci offre e che sono unite in un ordine che evoca il mistero della loro realtà”. E’ il fascino di questa “incongruenza” che colpisce in quadri come La reproduction interdite, del 1937, uno specchio che riflette l’immagine di un uomo da un punto di vista alle spalle del soggetto, con un effetto ripetitivo e di straniamento per chi guarda.
Delle 180 opere esposte, solo una piccola parte appartiene alla collezione del museo di Bruxelles: “i quadri di Magritte viaggiano molto, anche troppo”, ha detto Droguet, ringraziando i molti collezionisti privati che hanno prestato le opere togliendole da casseforti e pareti di casa: quella degli appassionati del pittore, ha concluso, “è una famiglia senza frontiere”.