I leader politici britannici non vanno in Belgio soltanto per affrontare a mani nude (nel vero senso della parola, ovvero senza carte) il complicatissimo negoziato sulla Brexit, ma anche per commemorare le centinaia di migliaia di soldati che il Regno Unito ha perso 100 anni fa proprio su questa terra del Nord Europa.
La battaglia contro i tedeschi durò 105 giorni
In questi giorni di piena estate, esattamente un secolo orsono, nella parte occidentale del piccolo regno, attorno a Ypres, cominciava quella che sarebbe diventata una delle più lunghe e cruente battaglie della storia, nota come la battaglia di Passchendaele. Il bilancio finale, dopo 105 giorni di scontri nel fango fra l’esercito britannico e quello tedesco, è stato di circa mezzo milione di morti, di cui 275 mila del Commonwealth. Ecco perché proprio in mezzo all’enorme campo di battaglia, a Tyne Cot, si trova il più grande e affollato cimitero di soldati d’oltremanica, 12 mila giovani sudditi di sua Maestà sepolti sotto altrettante croci bianche, di cui 8.400 senza un nome. Il principe Carlo, suo figlio William con la principessa Kate e la premier Theresa May hanno partecipato alla commemorazione organizzata nel giorno in cui ricorreva il centenario del primo attacco, avvenuto il 31 luglio 1917, assieme al re dei Belgi Filippo e alla regina Matilde. Alcune migliaia di persone, in gran parte discendenti di quei militari, erano presenti e portavano all’occhiello i “remembrance poppy”, quei papaverini di carta che dagli anni ’20 sono il simbolo del ricordo che i britannici dedicano ai loro compatrioti morti in guerra.
Sull'uscita di Londra dall'Ue confronto complicato
Cent’anni, un’altra guerra mondiale e oltre 7 decenni di pace consecutivi più tardi, i paesi europei sono uniti su una sola cosa: come gestire la trattativa con il Regno Unito che vuole lasciare l’Ue. Anche questo negoziato, come la tragedia di Passchendaele, si prospetta lungo e intralciato da un “fango” figurato, composto da decine e decine di trattati da risolvere (il Regno Unito deve infatti uscire, oltre che da 11 istituzioni, anche da una quarantina di agenzie Ue), da incomprensioni soprattutto sulle questioni finanziarie e dall’incredulità che molti ancora, oltre un anno dopo il referendum, continuano a esprimere dalle due parti della Manica sulla reale volontà e opportunità di questo divorzio.
Oltre a tenere occupati decine e decine di alti funzionari dell’Unione e del Regno, guidati rispettivamente da Michel Barnier e David Davis, il negoziato si prospetta dispendioso e non necessariamente destinato a successo nei tempi previsti dal trattato (entro il marzo del 2019). E rischia di lasciare in eredità un’Europa più povera, anche a causa dei mancati contributi britannici, quantificati in circa una decina di miliardi all’anno .