Nei giorni in cui la nuova emergenza migranti rende sempre più palese la mancanza di solidarietà dei paesi europei, sembra strano che una polemica politica interna a un paese possa ostacolare l'accoglienza. E' quello che succede in Spagna, dove la più ricca delle sue regioni, la Catalogna, ha espresso in diverse occasioni la sua disponibilità ad accogliere un buon numero di rifugiati. Ma la sua generosità è stata ogni volta frustrata dal rifiuto del governo centrale, guidato dal popolare Mariano Rajoy.
Il problema è politico: la ricca regione autonoma del Nord Est, che preferirebbe chiamarsi "nazione" e la cui capitale Barcellona è anche la seconda città di Spagna e uno dei porti principali, ha un rapporto molto difficile con la capitale, a cui chiede maggiori poteri. Quando fu avviato il programma Ue di redistribuzione dei profughi, alla Spagna fu assegnata una quota di circa 11 mila persone da accogliere.
Ecco quello che ha raccontato in un’intervista all’Agi e ad altre 6 testate europee a Barcellona il ministro degli Esteri del governo catalano, Raul Romeva . “La Catalogna ha il 16% della popolazione spagnola – ha premesso – e il parlamento catalano all’unanimità, dopo aver avuto l’accordo dei comuni e delle strutture di accoglienza, si è detto pronto ad accogliere 4.500 rifugiati. Abbiamo inviato una lettera a Bruxelles, al Commissario Avramopoulos, e al governo di Madrid. Il primo ci ha ringraziato ma il secondo ha risposto nel solito modo con cui tratta le decisioni di Barcellona: non potete farlo. Non avete la competenza”.
A questo punto, ha ricordato il ministro, il governo catalano ha rilanciato: “Va bene, abbiamo detto, allora lo decidete voi e poi mandate qui i profughi. Ma anche questa volta il governo ha risposto no. Questo è lo stato della nostra relazione con Madrid”. I catalani, che ogni anno organizzano grandi manifestazioni per chiedere più autonomia, lo scorso 18 febbraio hanno marciato in centinaia di migliaia fino al mare Mediterraneo che tante vite costa ai migranti. “Basta scuse: accogliamoli subito” era lo slogan dei manifestanti.
La tensione politica fra Catalogna e governo centrale spagnolo è ulteriormente aumentata quando, all’inizio di giugno, il presidente Carles Puigdemont ha annunciato l’intenzione di tenere un referendum sull’indipendenza, il prossimo primo ottobre: considerato illegale e anticostituzionale da Madrid, non è ancora stato formalmente convocato ma l’intenzione delle autorità di Barcellona è di andare avanti “con o senza autorizzazione centrale”.