UN CANTO, CENTO CANTI
di Andrea Marcelloni*
Un canto, cento canti. L a mia storia nelle prigioni cinesi
Liao Yiwu
tTtolo originale: For a Song and a Hundred Songs (2013)
Traduzione di Massimo Parizzi
Mondadori, 2015
€ 28,00
Roma, 08 mag. - Il mese scorso è arrivato in libreria il testo di uno scrittore che ha passato diversi anni nelle prigioni cinesi e che, data la sua professione, ha deciso di raccontare la propria esperienza personale in un libro. Anche se ad un costo molto alto.
Si tratta di “Un canto, cento canti”, scritto da Liao Yiwu e pubblicato in Italia da Mondadori, dopo essere stato tradotto e pubblicato anche in Inghilterra, Germania e altri paesi extraeuropei, ma non in Cina. I motivi sono facilmente comprensibili: scrittore e poeta, già alla fine degli anni '80 Liao era conosciuto alle autorità per le sue critiche al sistema di governo cinese. In seguito a quanto accaduto a Tiananmen nel giugno del 1989, Liao compose un poema intitolato “Datusha” (massacro) e subito dopo realizzò un cortometraggio chiamato “Requiem”, in cui condannava duramente quanto accaduto nella capitale cinese. La conseguenza fu l'arresto immediato (sia di Liao che della moglie e di alcuni suoi amici) e la condanna a quattro anni di carcere, dal 1990 al 1994.
“Un canto cento canti” racconta proprio questa vicenda, e la stesura stessa del libro ha una sua storia particolare. Dato che il governo cinese non voleva che il testo venisse pubblicato, per ben due volte (nel 1995 e nel 2001) sequestrò il manoscritto inedito all'autore. Ma lui ogni volta ricominciava a scrivere da capo, attingendo ai ricordi, alla memoria di un periodo che non poteva certo dimenticare ma che anzi era sempre più nitida nella sua testa. Nel 2011, sedici anni dopo la prima stesura, il manoscritto finito riuscì a varcare clandestinamente la frontiera cinese e ad arrivare a Taiwan prima e in Europa poco dopo, in Germania più precisamente, dove lo stesso autore – anche qui con un viaggio tutt'altro che semplice – decise di trasferirsi definitivamente, rinunciando alla sua patria e a tutto quello che aveva li.
Il libro segue ovviamente un ordine cronologico ed è suddiviso in quattro parti: il periodo precedente l'arresto, ossia quello della composizione di “Massacro” e “Requiem” (1988-1990); l'arresto e la permanenza al centro investigazioni (marzo-giugno 1990); il periodo passato nel centro di detenzione, dove gli imputati in attesa di processo vengono posti ufficialmente in stato d'arresto (1990-1992); la prigione vera e propria (1992-1994).
In realtà cambiano i nomi ma non la sostanza, Liao è da subito un prigioniero a tutti gli effetti e il passaggio dal centro di investigazioni al centro di detenzione e infine alla prigione non è altro che uno scendere sempre più in basso, come in un pozzo senza fine. Le iniziazioni subite all'arrivo in ogni nuova cella, i soprusi, gli abusi, le torture fisiche e psicologiche sono descritte minuziosamente ma non fanno fuggire il lettore, anzi, lo invogliano a continuare a leggere.
Lo stile narrativo di Liao è incredibilmente freddo, ma non distaccato. L'autore è riuscito a mantenere la lucidità necessaria per raccontare un inferno senza doverci tornare. E questo forse gli ha permesso di riuscire a scrivere il libro per ben tre volte.
Molto interessante anche la prefazione del Premio Nobel per la Letteratura 2009 Herta Müller.
Vi aspetto in libreria.
L'autore
Liao Yiwu (1958), scrittore, poeta e musicista cinese, conosciuto anche come Lao Wei. Tutte le sue opere sono state bandite in Cina ma sono state pubblicate a Taiwan e Hong Kong e poi tradotte in diverse lingue. Dal 2011 vive in Germania, dove nello stesso anno ha vinto il Geschwister-Scholl-Preis e nel 2012 il Peace Prize of the German Book Trade. “Un canto, cento canti” è il suo primo lavoro tradotto in italiano.
*Andrea Marcelloni, sinologo, è il proprietario di Orientalia, la libreria di Roma specializzata in orientalistica. Si trova in via Cairoli, 63, nel cuore dell'Esquilino. Ogni settimana Andrea Marcelloni offrirà ai nostri lettori spunti di lettura.
08 maggio 2015
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