Milano, 25 giu. – Un vero terremoto. L'annuncio da parte del governo cinese dell'abbandono del meccanismo di agganciamento del cambio dello Yuan al dollaro ha preso un po' tutti di sorpresa. Tutto in effetti faceva pensare ad una granitica resistenza di Pechino alle pressioni degli Usa e del mondo intero perché lo yuan fosse sganciato dal dollaro e potesse apprezzarsi liberamente. E invece, all'improvviso ecco l'annuncio: da lunedì la banda di oscillazione non esiste più, almeno formalmente, nel senso che non vi è più la certezza di un intervento della Banca centrale per mantenere i movimenti del cambio con il dollaro all'interno della banda dell'1%.
Ma, già dopo pochi giorni, è evidente a tutti che sarebbe sbagliato vedere in questa misura l'avvio di un graduale e generalizzato processo di apprezzamento del Renminbi. A spingere le autorità di Pechino piuttosto è stata la considerazione che lo stretto legame con il dollaro, adottato nell'agosto 2008 in una fase di difficoltà delle esportazioni cinesi, rischierebbe adesso, con l'euro in caduta, di spingere il cambio nei confronti della valuta europea eccessivamente in alto. E dato che l'area dell'euro è il primo partner commerciale di Pechino, si tratterebbe di un rischio troppo grande per l'economia cinese, che per quanto orientata verso un peso crescente della domanda interna, rimane ancora fortemente dipendente dalle esportazioni. La crescita economica rimane l'elemento decisivo per garantire quella stabilità sociale che è pur sempre l'obiettivo centrale del governo cinese, alle prese con un processo di trasformazione socio-economica di un'intensità senza precedenti nella storia e dall'elevato potenziale destabilizzante.
In base alle misure annunciate sabato, allora, più che aspettarci apprezzamenti generalizzati dello Yuan, potremo prevedere deprezzamenti nei confronti del dollaro, nelle fasi in cui l'euro mostrerà segni di debolezza con il biglietto verde e, viceversa, recuperi sul dollaro, allorché l'euro registrerà un rafforzamento. Insomma, alla fine ciò che resta essenziale per Pechino è evitare un apprezzamento significativo del cambio, tanto più in una fase in cui la competitività viene messa già in discussione da una dinamica salariale che mostra evidenti segni di accelerazione. Insomma, la Banca centrale cinese resta assolutamente vigile sugli sviluppi del mercato dei cambi e pronta ad intervenire per correggere ogni andamento ritenuto indesiderato.
Ma la vera riforma, quella che cambierebbe sostanzialmente le cose, sarebbe l'introduzione di una effettiva convertibilità dello Yuan. Di cosa si tratta? In estrema sintesi, il grado di convertibilità di una valuta si misura con la facilità con cui è possibile cambiarla, all'estero oltre che in patria, in valute di altri paesi. Questa possibilità dipende dalle norme valutarie e di controllo dei flussi di capitale in entrata e in uscita dal paese della valuta in questione. La Cina, a dispetto delle liberalizzazioni attuate in molti settori dell'economia, ha ancora in piedi un rigido e complesso meccanismo di vincoli ai movimenti di capitali, che, tra le altre cose, rende di fatto lo Yuan una valuta assai poco trattata a livello di mercati interbancari. Ciò rende assai più agevole per la banca centrale controllarne i movimenti. L'avvio di un processo di liberalizzazione dei movimenti di capitale dovrebbe peraltro apparire meno rischioso alle autorità monetarie cinesi dato l'enorme volume di riserve ufficiali presenti sui loro conti. E certamente consentirebbe anche una più rapida maturazione del sistema finanziario nazionale, ancora prigioniero di una quantità incredibile di lacci e lacciuoli, e di fatto isolato da quello internazionale. Chiaro che via via che fossero allentati i controlli sui movimenti di capitale, il mercato valutario cinese diventerebbe meno controllabile e il cambio dello Yuan finirebbe con muoversi con buona probabilità verso un apprezzamento, riportando la valuta cinese verso un livello più in linea con la parità dei poter d'acquisto. Ma in cambio la Cina potrebbe finalmente cominciare a proporre sul serio l'idea di un Renminbi come valuta di riserva alternativa al dollaro, e all'euro. Un'idea finora vagheggiata, ma chiaramente impraticabile, stante il quadro della non convertibilità. E comunque il processo potrebbe essere gestito con gradualità.
Al momento, però, nonostante numerose dichiarazioni di intenti da parte di esponenti governativi e delle autorità monetarie, l'avvio in Cina di un processo di rimozione dei capital controls appare ancora lontano, e la convertibilità ancora come l'araba fenice: cosa sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.
di Lorenzo Stanca
Lorenzo Stanca, salernitano, 47 anni, tra i founding partners di Mandarin Capital Partner, il fondo di private italo-cinese che ha cominciato ad operare a fine 2007, Lorenzo Stanca vanta una carriera venticinquennale in istituzioni fianziarie di alto profilo.Precedentemente all'esperienza di Mandarin, Stanca era stato responsabile delle Strategie Operative al Sanpaolo Imi. Al Sanpaolo era arrivato nel settembre del 2005 proveniente dal gruppo UniCredito dove era stato Capo dell'ufficio studi e poi capo dell'area mercati in UniCredit Banca Mobiliare, la banca di investimento del gruppo, di cui era stato uno dei fondatori.
E' presidente dal 2006 del Gruppo Economisti di impresa, l'associazione italiana degli economisti che lavorano in azienda sia negli uffici studi che in altre posizioni. Lorenzo Stanca è autore di numerosi paper su riviste accademiche e co-autore di libri di economia e finanza (di recente è stato tra gli autori di "Cina: la conoscenza è un fattore di successo" e "L'elefante sul trampolino" pubblicati dall'Arel), oltre a pubblicare frequentemente articoli su riviste e giornali economici.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Lorenzo Stanca cura per AgiChina24 la rubrica di economia e finanza.
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