Milano, 25 mag. - Il futuro della Cina comincia a perdersi entro nebbie che si stanno infittendo.
O forse, noi osservatori occidentali, stiamo facendo confusione perché si accavallano segnali che possono apparire contradditori.
Cominciamo dal punto di partenza. Lo scenario di più ampio consenso fino a questo momento è stato che la Cina si sta sviluppando economicamente in modo rapidissimo sotto la guida tutto sommato efficace di un governo che ha, almeno fino ad ora, saputo evitare eccessivi surriscaldamenti e atterraggi duri. Inoltre il governo, mentre pilota con competenza lo sviluppo economico, tiene le redini molto tirate sullo sviluppo politico puntando sul fatto che anche ai cittadini cinesi interessa più l'arricchimento che le libertà individuali. Alcuni osservatori, spesso anglosassoni o addirittura statunitensi, preconizzavano però il crescere dell'insoddisfazione politica della classe media emergente. Di fatto gli osservatori attenti del paese hanno sempre percepito, fino ad ora, che la stragrande maggioranza dei cittadini cinesi – anche i giovani e la classe media - legittimava nel complesso il proprio governo proprio in virtù dei successi economici.
Parte di questo scenario è anche la capacità del governo cinese di far o lasciar crescere modi alternativi di sfogo della "pressione politica" attraverso forme di coinvolgimento nel sociale da parte dei cittadini o come guardiani degli abusi (i social network e i blog come strumento di controllo – a livello locale – dei comportamenti illeciti dei politici locali), o come integratori delle politiche sociali (le ONG impegnate localmente sui problemi dei bisognosi).
La riforma politica è sull'agenda del governo, ma su tempi lunghissimi. Zhu Rong Ji, in una intervista rilasciata dopo aver terminato l'incarico di Primo Ministro, dichiarò che si parlava di almeno trent'anni.
Questo scenario è ancora valido e soprattutto la sua probabilità di avverarsi è ancora molto alta?
Non sono in grado di dare una risposta certa, ma è indubbio che segnali come la non riuscita "rivoluzione dei gelsomini", la repressione degli oppositori (si veda Ai Weiwei e il premio Nobel per la pace Liu Xiaobo), l'intensificarsi di segnali di scontento locale, ecc. fanno sospettare che si stiano coagulando scenari alternativi, positivi o negativi, ma comunque diversi da quello prima descritto.
Semplificando al massimo, a me sembra di intravedere tre scenari possibili.
Scenario A: Transizione morbida.
Il governo cinese riesce a gestire una transizione (più o meno) morbida verso la democrazia (di tipo occidentale) secondo la falsariga di quello che hanno fatto, grosso modo, Taiwan e Corea del Sud. Alla fine del periodo di transizione, la Cina diventa quindi un paese sviluppato, industrializzato e democratico.
Scenario B: Tensione politica e conflitto interno.
L'economia continua a crescere tra alti e bassi, la liberalizzazione politica ritarda, aumenta la tensione della classe media, al primo incidente (rallentamento economico o qualche scintilla di malcontento) scoppia una qualche "rivoluzione dei gelsomini". Si apre così uno scenario inquietante che porta o alla rapida stabilizzazione di un nuovo ordine democratico (caso meno traumatico), oppure a un lungo periodo di instabilità, oppure alla catastrofe di una repressione con eventuale guerra civile.
Scenario C: Evoluzione innovativa.
Il governo cinese introduce con successo strumenti di gestione allargata del paese, cooptando, in modi diversi, diversi strati della popolazione. Non ricorre però alla democrazia rappresentativa tipica dell'occidente, ma si basa su:
- Democratizzazione interna del Partito Comunista che resta però fortemente meritocratico.
- Accettazione di forme di partecipazione alla gestione del bene pubblico di associazioni di scopo, ONG, fondazioni, ecc.
- Modelli di partecipazione democratica (elezioni) solo alla "periferia" del potere (ad esempio i Capi Villaggio). Il governo cinese sta facendo diversi esperimenti in proposito.
Gli scenari A e B – sia pure drammaticamente diversi come effetti sulla popolazione – portano comunque la Cina su una strada di forte occidentalizzazione del modello politico.
Lo scenario C potrebbe invece rappresentare una vera innovazione nel campo dei modelli politici tenendo conto di un contesto in cui:
- Il numero di cinesi "avente diritto" alla democrazia occidentale è enorme (> 1.300.000.000 di persone) e nessuno sa come e in quanto tempo un modello democratico "standard" possa funzionare in tale situazione. Anche l'India, che è formalmente una democrazia compiuta, ha però mostrato negli oltre 50 anni di esistenza come - in que contesto - la capacità di influenza di singoli gruppi di potere, ai vari livelli, sia perniciosamente forte.
- La democrazia rappresentativa inoltre sta mostrando anche in occidente la difficoltà a prendere decisioni importanti e rapide in momenti strategicamente significativi. Alla base di questa difficoltà ci potrebbe essere il fatto che il mondo è sempre più complesso ed è difficile dare compiutamente tutti gli elementi oggettivi e razionali per decidere agli "aventi diritto al voto".
Non sono un esperto di teoria dei sistemi politici e non sono in grado di analizzare più compiutamente questi modelli, in questa analisi mi interessa solo cercare di comprendere se, rispetto allo scenario di "consenso" che si pensava si sarebbe trasformato nello scenario A, gli altri scenari hanno probabilità di accadimento non nulle e anche quali siano le forze in campo che spingono in una direzione piuttosto che in un'altra.
Semplificando molto il problema, vedo essenzialmente tre forze in campo:
1. Velocità di crescita dell'insofferenza del cittadino cinese verso la mancanza di libertà politica.
2. Velocità di arricchimento personale e di miglioramento del proprio stile di vita.
3. Velocità di crescita dell'indignazione del cittadino cinese per i livelli di corruzione dell'apparato politico e di privilegio per le classi "dominanti".
Il primo effetto, insofferenza per mancanza di libertà politica, era da tempo analizzato dai vari osservatori. Come ho più volte detto in questa rubrica, credo che questa insofferenza sia ancora bassa (almeno per la stragrande maggioranza dei cinesi) e non percepisco un aumento significativo della sua velocità di crescita. Questo anche perchè, fintanto che la seconda velocità (arricchimento) resta alta (come attualmente è), il trade-off del cittadino comune tra mancanza di libertà politica e ricchezza pende a favore della ricchezza.
Il vero elemento nuovo è la crescita dell'indignazione per i livelli di corruzione dell'apparato politico e di privilegio per le classi "dominanti". Sta aumentando rapidamente e i social network ed i blog sono un potente catalizzatore. Se il governo cinese non riuscisse ad intervenire efficacemente in modo percepibile, potrebbero scattare delle scintille molto pericolose che innescherebbero lo scenario B.
Una bella domanda è che cosa stanno facendo i governi occidentali in proposito e che cosa dovrebbero o non dovrebbero fare. Ma questa è una storia diversa.
di Paolo Borzatta
Paolo Borzatta è Senior Partner di The European House-Ambrosetti.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Paolo Borzatta cura per AgiChina24 la rubrica di economia
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