Un contributo di valore agli studi sul Tibet e l’Himalaya
Luciano Petech, specialista del Tibet e di solida preparazione indologica e sinologica, affiancava negli studi Giuseppe Tucci e con lui contribuiva a far brillare nel mondo la tibetanistica italiana durante il Novecento

Elena De Rossi Filibeck, già professore di Tibetologia presso l’Università di Roma La Sapienza, è rimasta a vita allieva grata e memore del magistero dell’insigne orientalista Luciano Petech (1914-2010), a lungo professore di Geografia e Storia dell’Asia Orientale (poi di Storia dell’Asia Orientale) nell’Ateneo romano, fra il 1989 e il 1995 Presidente dell’Associazione Internazionale di Studi Tibetani (IATS).
Specialista del Tibet e di solida preparazione indologica e sinologica, Petech affiancava negli studi Giuseppe Tucci e con lui contribuiva a far brillare nel mondo la tibetanistica italiana durante il Novecento insieme con l’attività scientifica e divulgativa degli altri esploratori connazionali del mondo dell’Himalaya.
Nel 2006 De Rossi Filibeck pubblicava sulla Rivista degli Studi Orientali (LXXVIII) “Il contributo di Luciano Petech alla storia del Tibet”; nel 2014 varava a Roma un Convegno in forma di “Seminario” per commemorare il centenario della nascita del Maestro; si premurava nei successivi due anni di allestire coi suoi più stretti collaboratori l’opera pubblicata nel 2016 dall’Istituto Italiano di Studi Orientali della “Sapienza Università di Roma” dal titolo Studies in Honour of Luciano Petech. A Commemoration Volume 1914-2014 (a cura di Elena De Rossi Filibeck, Michela Clemente, Giorgio Milanetti, Osar Nalesini, Federica Venturi), firmatari anche della prefazione e autori di singoli contributi nel volume.

L’opera è apparsa come Supplemento N° 1 alla Rivista degli Studi Orientali, Nuova Serie, Volume LXXXIX (Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore) e si apre con una nota biografica su Luciano Petech a cura della stessa De Rossi e un indirizzo di saluto di Adriano V. Rossi, quest’ultimo a nome di un rifondato ISMEO di Roma, al momento ancora come “Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente”.
Insieme coi testi dei curatori citati, il volume include oltre una ventina di saggi di autori sia italiani sia stranieri. In appendice, seguono i cenni sulle mostre che furono tenute in occasione del Convegno a Palazzo Brancaccio presso l’allora Museo Nazionale d’Arte Orientale (MNAO, oggi rimosso dalla storica sede e giacente nella capitale imballato): si tratta delle mostre dei dipinti in stile tibetano di Livia Liverani e di quelli originali di Nyima Dhondup, nonché della mostra dei fumetti italiani sul Tibet di Alessandra Lazzari. A fine volume sono raccolte le illustrazioni a corredo dei vari saggi e alcune delle relative mostre.
Concepito e composto come “volume commemorativo” della personalità e dell’attività scientifica di Petech, il volume spazia dalla Cina all’India e focalizza coi suoi saggi preminentemente gli studi storici, storico-religiosi e storico-artistici che si sono successivamente e in parte a suo merito sviluppati specialmente sul Tibet e le aree adiacenti del Ladakh e del Nepal che furono quelle di maggiore e più continuativo interesse scientifico coltivate dall’insigne studioso.
D’argomento storico e storiografico, i contributi sul Ladakh di John Bray, De Rossi Filibeck, e sul Tibet di Marta Senesi; di argomento indologico-tibetanistico, il saggio di Giacomella Orofino sulla tradizione storiografica del mito di Rudra dall’India al Tibet. Sulla contemporaneità, il saggio di Mauro Crocenzi sull’identità nazionale tibetana nella Cina del “dopo Mao”.

Il principale e più significativo corpo dell’opera ruota forse intorno agli stessi fondi personali di Petech lasciati in eredità a De Rossi, comprensivi delle dotazioni che lo stesso Petech aveva ricevuto da Tucci, reduce dai suoi viaggi in Asia e che lo ebbe allievo e solidale amico fraterno dal 1934 e col quale impostò, fra gli altri studi condotti in collaborazione con lui, l’ambizioso piano di promuovere un Corpus Inscriptionum Tibeticarum.
Su questo riferisce specificamente il saggio d’apertura del volume di Oscar Nalesini, mentre a manoscritti di Tucci richiamano i saggi di autori come Erberto Lo Bue o su di essi si fondano: quello di Alessandro Boesi sulle piante medicinali del Tibet “pre-moderno” o quello di Amy Heller sui manoscritti di Tholing. In questo e altri casi (come in particolare il testo di Donatella Rossi) i saggi si avvalgono dei materiali del “Fondo Tucci” acquisiti a suo tempo dall’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO) e passati successivamente all’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO) che li aveva ereditati con l’intera Biblioteca dell’Istituzione fondata da Gentile e Tucci nel primo Novecento.
Trattasi di studi al presente in buona parte bloccati con l’inaccessibilità ai fondi intervenuta con la soppressione dell’IsIAO e la prolungata chiusura del MNAO. Al presente si auspica che almeno le Biblioteche di entrambe le istituzioni siano al più presto riallestite e rese rifrequentabili al pubblico. Si confida per questo nel collaterale interessamento delle autorità governative sensibili alla fruizione e valorizzazione di un patrimonio culturale di inestimabile valore mondiale.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it