Socio dell'azienda Senior Partner di Costanzo & Associati, studio professionale di dottori commercialisti specializzato nella consulenza strategica, finanziaria, societaria e fiscale.

Roma, 24 gen. - Da quanto tempo siete presenti in Cina?
Presenti in Cina da un paio d'anni , da quando, dopo aver diretto alcuni progetti per i nostri clienti, abbiamo avviato un rapporto di collaborazione con alcune istituzioni cinesi presenti a Shanghai. A tal fine abbiamo anche investito in personale: abbiamo una persona a Shanghai, e una risorsa cinese nel nostro studio che si occupa degli aspetti linguistici e culturali.
E' ancora vero che per affrontare il mercato cinese c'è bisogno di grandi dimensioni, oppure le Pmi italiane hanno imparato a posizionarsi in Cina pur senza disporre di enormi risorse finanziarie?
È ancora vero che per fare l'ingresso nel mercato cinese, la dimensione dell'azienda conta in modo preponderante. C'è da dire però che anche le PMI hanno grandi opportunità, a patto che ci sia il prodotto, l'invenzione, il brevetto. La Cina è un mercato in espansione e la capacità di spesa dei cinesi è destinata ad aumentare nei prossimi anni. E' fondamentale che l'azienda, se pur piccola, offra un prodotto valido e abbia la volontà di investire nella ricerca di potenziali partner. Ho di recente chiuso un'operazione per un cliente italiano: si tratta di una piccola azienda italiana che ha realizzato un brevetto in grado di risolvere una serie di problemi nell'ambito dell'alimentazione animale. Con un piccolo investimento, la società italiana ha avviato una joint venture con un partner cinese e l'attività ha già iniziato a dare i suoi primi risultati.
Per sua esperienza, quali sono i settori del Made in Italy con maggiori potenzialità di crescita in Cina?
Se parliamo di prodotti, l'Italia è famosa per il design e per il fashion, settori dove anche la piccola azienda italiana può avere grandi spazi. La Cina non va più vista come un mercato in cui produrre, ma come un mercato di sbocco. I consumi in Italia si sono ridotti notevolmente e le piccole e medie aziende italiane oggi hanno sì l'esigenza di riduzione dei costi, ma anche di trovare nuovi mercati di sbocco.
Allearsi con un partner locale, insomma, conviene, soprattutto se il target è il consumatore cinese. Quale strategia per entrare nel mercato cinese?
Nella mia attività in Cina, ho implementato un modello d'ingresso che prevede alcune fasi: la piccola e media impresa che intende avviare un processo di internazionalizzazione, avvia l'analisi del prodotto e dei fattori critici del successo, verifica l'appetibilità del prodotto sul mercato cinese da un punto di vista del marketing. Si passa quindi all'eventuale modifica del modello di business, per poi creare una joint venture con un operatore cinese che permetta di agevolare l'ingresso, la penetrazione sul mercato. Non dimentichiamo che la legislazione cinese agevola le operazioni in cui il partner locale rientra nel capitale della società.
L'errore da evitare?
Voler esportare un modello di business. Faccio un esempio: l'autogrill può andar bene in Italia, ma il modello Autogrill in Cina non va bene. Per cui bisogna adattare il modello di business alla realtà del Paese e quindi al gradimento dei consumatori.
Abbiamo parlato di brevetti, parliamo adesso della tutela della proprietà intellettuale. Oggi c'è meno timore di 'scippi' da parte del partner cinese?
Qualcosa è cambiato rispetto a qualche anno fa, la Cina ha fatto grandi passi in avanti in questo settore. Bisogna tenere presente che è sempre difficile proteggere il marchio, soprattutto quando si opera in un paese straniero. E non credo che in Cina sia più difficile rispetto ad altri paesi.
a cura della Redazione di AgiChina24
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