Di Alessandra Spalletta
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Torino, 07 lug. – Se ci fosse un conflitto nel Mar Cinese Meridionale, la Cina perderebbe più degli altri paesi coinvolti, ma non ne è consapevole. Lo ha detto Francesco Sisci, giornalista e studioso dell'Accademia delle Scienze sociali di Pechino, intervenuto all'inaugurazione della decima edizione di TOChina, la Summer School promossa da Twai e organizzata dal Dipartimento di Culture, Politica e Società dell'Università di Torino. "I sintomi di una escalation nella contesa nelle dispute di sovranità nei mari sono sempre più evidenti" ha detto Sisci a una classe dei 50 studenti più meritevoli che hanno passato la selezione quest'anno. Arrivano da tutto il mondo, in particolare dalla Cina (Beida, China Foreign Affairs University) e dall'Australia (China in the World presso l'Australian National University di Canberra). Al Circolo dei Lettori in via Bogino, Sisci ha parlato della spinosa questione del Mar Cinese Meridionale come cartina di tornasole per le sfide del presidente Xi Jinping in previsione del Diciannovesimo Congresso del Pcc .
A pochi giorni dall'atteso verdetto del Tribunale Arbitrale Internazionale dell'Aia sulla richiesta di arbitrato presentata dalle Filippine nel 2013 riguardo alle dispute di sovranità nel Mar Cinese Meridionale (che potrebbe dare risposta alle grandi controversie che hanno diviso in questi anni soprattutto Cina, Filippine e Vietnam), il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha parlato al telefono con il segretario di Stato Usa, John Kerry, definendo l'arbitrato una farsa e chiedendo agli Stati Uniti di non prendere posizione nella vicenda. In questo quadro di tensione, una scaramuccia rischia di far esplodere un conflitto. "Se la Cina perde diventa una minaccia, se vince è una tigre di carta" ha spiegato Sisci. "Se sei una minaccia, ti devo andare contro. Se sei una tigre di carta, ti posso andare contro. In un caso o in un altro, non ci sono gli orizzonti di una vittoria". Il Vaticano, ha proseguito Sisci, "potrebbe avere un'enorme influenza sulle Filippine, sul Giappone. Il Papa (che ultimamente ha lanciato diversi messaggi di apertura a Pechino, facendo sperare in un disgelo delle relazioni diplomatiche, ndr) ha un'agenda di pace, ma i cinesi non riescono a capirne l'importanza" né dal punto di vista religioso né dal punto di vista politico. Controversa è poi la predisposizione cinese a farsi coinvolgere in un conflitto che in tutta evidenza non porta da nessuna parte. "Se lo capisco io, lo avranno capito anche i leader cinesi", e allora perché tanta ostinazione? "In primo luogo, la Cina per ragioni storiche non può cedere territori di cui tradizionalmente rivendica la sovranità. In secondo luogo, qualcuno potrebbe non riferire con sufficiente serietà la gravità della situazione". Da qui a pensare che una forza occulta stia manovrando la questione dei mari per ostacolare le riforme di Xi Jinping, al quale la campagna anti corruzione ha portato non pochi nemici, per lo studioso italiano il passo è breve. "Si stanno accumulando troppi ritardi nella realizzazione delle riforme e sono preoccupato" ha detto Sisci. "Il rischio di una crisi è possibile. La Cina è una balena, la crisi potrebbe concretizzarsi a cavallo dei due congressi, tra il 2022 e il 2027. In teoria, quindi, la Cina ha ancora tempo per rimettersi in piedi, ma più tempo passa più aumenta il prezzo da pagare".
Tra le priorità fissate dalla Cina per le riforme economiche del 2016 c'è quella di portare cento milioni di abitanti delle zone rurali nelle città di seconda e terza fascia della Cina. "Il governo cinese è convinto che l'urbanizzazione sia la soluzione di tutti i problemi che assillano la leadership, dall'ambiente alla demografia, dall'efficienza del territorio urbano all'utilizzo della terra nelle campagne" ha spiegato Luigi Tomba, docente presso l'università australiana di Camberra, intervenuto alla summer school con una lezione sulle conseguenze economiche e sociali dell'urbanizzazione. "Urbanizzare è sinonimo di creazione di nuove città in modo sostenibile e organizzato, ma in Cina ha un significato in più, ossia aumentare la quantità di territorio controllata dallo stato" ha spiegato Tomba. "La conseguenza principale dell'urbanizzazione è quindi uno stato più forte. Si tratta di una forma di evoluzione da una società rurale a una società moderna e razionale, che in Cina corrisponde a un controllo statale maggiore e innesca un processo di gentrificazione". Modello di urbanizzazione in corso d'opera è il progetto della megalopoli Jingjinji (京津冀), la più grande regione economica urbanizzata nel nord della Cina che include Pechino, Tianjin, Hebei, e si sviluppa lungo la costa del mare Bohai. "I villaggi sono ancora considerati rurali ma non si basano più sull'agricoltura, il loro pil deriva principalmente dal settore immobiliare o dall'affitto della terra alle aziende" ha spiegato Tomba.
"Sono entusiasta, è la seconda volta che partecipo alla Summer School" ha detto a margine della prima giornata di studi una studentessa di San Pietroburgo che vive a Pechino dove lavora per un think tank. "Ho deciso di ripetere l'esperienza perché l'anno scorso non solo ho imparato un sacco di cose, ma ho anche costruito un formidabile network globale di futuri professionisti".
Con 50 studenti "quest'anno abbiamo deciso di abbandonare il format di una classe ridotta perché ci siamo resi conti che la domanda di partecipazione è salita di molto" ha detto ad AgiChina Giovanni Andornino, direttore di Orizzonte Cina e ricercatore all''Università di Torino e all'Istituto T. wai. Nonostante il numero degli studenti sia aumentato rispetto alle passate edizioni, la classe si amalgama bene: "Si riescono a discutere anche le tematiche più delicate (come esempio la questione del Mar Cinese Meridionale, ndr) che soprattutto per i partecipanti cinesi, nove quest'anno, sono di grande interesse ma difficili da affrontare a casa propria. Qui possono farlo in un contesto di serenità" ha spiegato Andornino. C'è poi un segnale di continuità rispetto agli anni passati da parte delle università cinesi di sistema, le quali, malgrado il clima politicamente sempre più rarefatto in Cina, "continuano a mandarci gli studenti migliori". Dalla Yenching Academy della Beida alla China Foreign Affairs University (per la formazione dei diplomatici), quello ottenuto da TOChina è "un atto di fiducia per il fatto che qui certe discussioni possono avvenire in un ambiente accademico sicuro".
Sono tante le novità di quest'anno, come quella di tenere alcune lezioni all'esterno del campus universitario, in luoghi deputati alla cultura come il Circolo dei Lettori, per "coinvolgere la società civile". TOChina ha inoltre cambiato approccio: "Ci siamo spostati dal versante della teoria dell'astrazione che in qualche misura rischia di essere autoreferenziale, e invece di fossilizzarci sulla dimensione accademico-filologica, abbiamo invitato, ad esempio, la figura di un giornalista/analista embedded nel sistema cinese come Francesco Sisci, il quale offre spunti che non sono sistematici e che ricordano il dibattito interno in Cina" ha spiegato Andornino.
Dossier ambiente, strategia 'One Belt One Road', riforma dell'esercito: i temi di questa summer school ruotano attorno al Diciannovesimo Congresso del Pcc che si terrà nell'autunno del prossimo anno. Un appuntamento che vedrà alcuni quadri andare presumibilmente in pensione e un aggiornamento della dirigenza del Partito. Il nuovo anno cinese si è aperto con un novo ruolo per il presidente Xi Jinping, nominato "core leader" da quattordici vertici del partito a livello locale. Un riconoscimento che rappresenta un ulteriore avanzamento del ruolo del presidente, per molti studiosi un segnale di ulteriore sviluppo del "culto della personalità" alimentato da Xi durante gli anni della sua presidenza, e il tentativo di serrare i ranghi per ottenere lealtà assoluta al partito. Tra i temi, anche la necessità per la Cina di avere un ruolo internazionale più spiccato, non solo nei mari, ma anche nel vicinato centro-occidentale (Russia, Kazakhstan) e nel contesto del Mediterraneo. Xi Jinping ha detto giorni fa che la Cina offre sostengo al Bangladesh nella lotta al terrorismo. "Il primo ruolo della Cina nella lotta al terrorismo globale è quello di disinnescare una leva di reclutamento per i terrorismo, quella del sottosviluppo e della disoccupazione – ha detto Andornino - . Ma per un'esposizione diretta della Cina, i tempi non sono ancora maturi" .
07 LUGLIO 2016
Nella foto Enrico Fardella e Francesco Sisci al Circolo dei Lettori di Torino
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