Senior Policy Fellow di ECFR e autore di " The Scramble for Europe" . "CRISI DEBITO: ITALIA S'AFFIDI A EUROPA"

Senior Policy Fellow di  ECFR  e autore di " The Scramble for Europe" . "CRISI DEBITO: ITALIA S'AFFIDI A EUROPA"

Roma, 19 ott. - AgiChina24 ha intervistato François Godement Senior Policy Fellow di ECFR (European Council of Foreign Relations) e autore di "The Scramble for Europe",a margine di un incontro sulla Cina organizzato da ECFR il 13 ottobre eospitato dall'Ambasciatore Britannico in Italia Christopher Prentice,presso la sua residenza di Villa Wolkonsky. 

 

Parliamo con Francois Godement dell'impatto degli investimenticinesi in Europa. Nel vostro visionario paper "The Scramble forEurope"  - pubblicato nel giugno di quest'anno e tornato d'attualità daquando il Financial Times ha pubblicato il 12 settembre scorsol'articolo dal titolo "L'Italia chiede aiuto alla Cina nella crisi deldebito pubblico"- anticipate l'intenzione della Cina di comprare assetstrategici in Europa, dalle infrastrutture al debito sovrano. Il papercontiene un ammonimento per l'Europa: attenzione, l'azione della Cina,e quindi l'aiuto di Pechino nella crisi del debito sovrano, ha uneffetto 'disgregatore': lo shopping cinese divide i paesi europeiproprio quando l'Europa sta cercando di rafforzare il coordinamento eadottare una strategia comune nei confronti di Pechino.  Il paper èstato aggiornato alla luce degli ultimi sviluppi?

 

Il paper è ancora attuale, l'escalation della recessione non hamodificato la nostra analisi. Rispetto all'estate scorsa a cambiare èstata l'intensità della crisi che sta attraversando l'Europa. Siamoentrati in una nuova fase; è verosimile che il governo cinese siadisposto a sollevare l'Europa dalla crisi del debito sovrano alla lucedella diffusa preoccupazione del rischio di default dei paesimaggiormente colpiti. La richiesta di riconoscimento dello status dieconomia di mercato avanzata da Wen Jiabao nel corso del World EconomicForum qualche settimana fa, è stata da molti interpretata come un gestodi supporto. In realtà, per la prima volta Wen Jiabao ha dettatopubblicamente delle condizioni politiche in cambio dell'aiutofinanziario di Pechino. In particolare, il premier cinese hamanifestato due aspettative. La prima: Wen, rivolgendosi a Usa eEuropa, ha detto "Fate ordine prima a casa vostra". La seconda: insegno di amicizia l'Europa dovrebbe riconoscere alla Cina lo status dieconomia di mercato prima dei tempi previsti dal Wto (2016). Quindi,per rispondere alla sua domanda, cosa è cambiato rispetto a tre mesifa? La Cina è più prudente.

 

Come dobbiamo interpretare il tempismo della richiesta di WenJiabao di un immediato riconoscimento alla Cina dello status dieconomia di mercato? Non dimentichiamo che il 25 ottobre si terrà ilsummit Eu-China a Tianjin…

 

Il governo cinese può permettersi di prendere posizioni salde,avendo riguadagnato la centralità nello scacchiere mondiale. La Cina,se è bene informata, sa che il coordinamento a livello europeo è debolee l'Europa probabilmente arriverà impreparata al summit. La mossacinese, in altre parole, è modo per tastare il terreno e avere la scusapronta per non assumersi maggiori responsabilità. La mia lettura non èottimistica come di chi si aspetta un salvataggio dell'Europa da partedella Cina. Se facciamo un passo indietro e ripercorriamo le recentiindiscrezioni apparse sui media su un possibile soccorso della Cinaall'Italia, l'aspetto che mi rende perplesso è che tutto ha avutoinizio dall'articolo del quotidiano britannico. La stessa cosa accaddein Spagna quando Zapatero si recò in Cina nel gennaio 2011; all'epoca,un quotidiano titolò: "Cina, 6 miliardi di dollari di aiuto al creditoalla Spagna per il biennio 2010-11". La smentita della Cina fuimmediata. Come trapelò quell'indiscrezione? Forse il governo spagnolointerpretò con smisurato entusiasmo l'offerta di aiuto cinese; forseera una semplice voce. Nel caso italiano, mi colpisce il fatto che dopola visita del Cic in Italia sia rapidamente emersa una linea ufficialeda parte cinese: "Veniamo in Italia perché interessati dall'eventualeacquisto di asset strategici". La Cina, come sappiamo, ha sempreespresso l'intenzione di contribuire alla stabilità dell'Eurozonatramite l'acquisto di titoli di stato, ma lo ha sempre fatto in modoambiguo. Molto probabilmente perché nessuno è in grado di conoscere lastima ufficiale della quota del debito europeo detenuto dal Dragone.

 

C'è chi dice che l'ammontare del nostro debito detenuto dallaCina sia maggiore rispetto a quanto generalmente stimato, si parla dioltre il 10% per l'Italia...

 

Per altre economie europee, come ad esempio la Germania, la Svezia eforse la Francia, la percentuale potrebbe essere ancora superiore;posto che la Cina stia preservando le riserve valutarie detenute ineuro per diversificare il portafoglio. In realtà la voce iniziata acircolare nel 2010, secondo cui la Cina si stava allontanando dalbiglietto verde a favore dell'euro, non è mai stata confermata dalleautorità cinesi. La Cina sta invece cercando di controllare gliacquisti di valuta estera. Se osserviamo il comportamento del Dragonenegli ultimi tre anni, a partire dallo scoppio della crisi finanziaria,Pechino ha cercato di diversificare gli investimenti per moderarel'afflusso di valuta estera; ha acquistato oro, rame, alluminio,materie prime e finanche monete straniere, come parte di una strategiapiù ampia.


Qual è la sua valutazione della strategia cinese in uno scenario di guerra di valuta?

 

Da quando abbiamo pubblicato il paper "Scramble for Europe", comedicevamo all'inizio dell'intervista, siamo entrati in una nuova fase.In primo luogo, è ormai chiaro a tutti che l'Europa è in procinto diprendere una decisione risolutiva per sollevare i paesi più duramentecolpiti dalla crisi del debito, Grecia in testa; questo significa chenon vedremo acquisti significativi di obbligazioni sul mercatosecondario, e sempre il sistema Europa dovrà farsi carico delfinanziamento del debito sovrano, almeno nel breve periodo. In secondoluogo, anche la Cina è entrata in una nuova fase: l'economia si stasurriscaldando, l'indebitamento a livello locale, soprattutto nelcosiddetto sistema di "credito ombra" – si veda il recente caso dellacrisi a Wenzhou -, si sta espandendo, in particolar modo nel settoreimmobiliare. La Cina si trova di fronte a un dilemma: da un lato, devegarantire un atterraggio morbido all'economia, dall'altro non puòrischiare di rallentare in modo brusco la crescita economica. Qual è lasoluzione? La Cina ha ricapitalizzato le quattro banche maggiori einiettato liquidità nel sistema: Pechino se lo può permettere perchésiede su un ammasso di riserve valutarie stimate a una cifra record3.201,7 miliardi di dollari. Ma la mia teoria è che la crescitaeconomica continuerà a correre; se la Cina non dovesse lanciare unnuovo pacchetto di stimoli, come fece nel 2008 allo scoppio della crisifinanziaria, sarebbe comunque costretta a usare i soldi per comprare icrediti inesigibili accumulati nel sistema bancario ed evitare ilcollasso finanziario. Questo potrebbe comportare un disimpegno dellaCina sul versante degli aiuti internazionali.
I cinesi eranopronti a scommettere in un doppio tuffo nella recessione nel biennio2009-10, ma il famigerato "douple-dip" sta arrivando adesso. La Cinacome si stava preparando a una seconda ondata recessiva? Sospendendogli investimenti all'estero, soprattutto quelli di natura finanziaria,e adottando un atteggiamento improntato alla prudenza. Vanno poiaggiunte le tensioni sul fronte politico in vista della successione alpotere (nell'ottobre 2012 l'amministrazione Hu Jintao-Wen Jiabao cederàil potere alla nuova generazione di leader del PCC, ndr). Oggi alcunecritiche interne all'establishement sono permesse; uno dei temiricorrenti nel dibattito nazionale è inerente all'assunzione di impegnifinanziari che possano comportare un'emorragia di risorse. Questidibattiti hanno una forte componente nazionalista; nei prossimi anninon sarà facile per la classe politica destinare risorse finanziariecinesi ai paesi in difficoltà senza attirare le polemiche delle frangeconservatrici. Questo non significa che nel lungo periodo la Cinamuterà la sua politica di engagement a livello internazionale, anchealla luce dell'interesse del Dragone verso la stabilità dei suoipartner globali; ma nel breve periodo la Cina, condizionatadall'opinione pubblica, potrebbe fissare diverse priorità.

 

Se parliamo di priorità, indubbiamente la lotta all'inflazione èla "la priorità numero uno del governo cinese". L'inflazione potrebbecausare allarme sociale che il PCC è poco disposto a tollerare. In talsenso, è possibile affermare che l'inflazione potrebbe cambiarel'attuale modello di sviluppo cinese e forgiare – nel lungo periodo –le scelte dei  futuri leader che si preparano a governare a partire dalprossimo anno?

 

L'inflazione è senz'altro un problema reale; il rincaro dei prezzinon riguarda solo i generi alimentari, ma anche il settore immobiliare,e rischia di aprire squarci nel tessuto sociale e mettere in crisil'attuale modello di sviluppo economico della Cina. In un certo senso,se pensiamo all'inflazione, la Cina è prigioniera del proprio modello.Il Dragone è troppo dipendente dall'importazione di materie prime, unfattore spesso accusato di importare inflazione nei paesi emergenti.Ammetto di trovarmi in disaccordo con chi sostiene che abbiamo bisognodi una crescita sostenuta dell'economia cinese dal momento che ilvolano dei consumi interni a un certo punto metterà a disposizione unnuovo mercato di sbocco per le nostre merci. L'avanzamentodell'economia cinese a ritmi sostenuti genera inflazione a livellomondiale. E se oggi l'economia cinese si raffreddasse, in un certosenso saremmo i primi ad avvantaggiarcene; l'Occidente staattraversando una fase di stagnazione economica: crescita zero ealtissimi prezzi all'import, due fattori che ci impediscono diconsumare e investire. Se questi prezzi calano, migliora tanto lanostra situazione che quella della Cina, che potrebbe intravedereun'alternativa migliore al rischio di instabilità sociale. Oggi ilcinese medio non può permettersi l'acquisto di una casa; ridurre iprezzi del real estate è ciò che gran parte dei cinesi desidera oggi.

 

La Cina è sempre più assertiva nelle relazioni internazionali,contraddicendo il principio di non ingerenza negli affari altrui a cuisi ispira la politica estera tradizionale. Prese in considerazionetutte queste debolezze del sistema cinese, come risponderebbe oggi auna domanda che ci poniamo da tre anni a questa parte: la Cina staplasmando un nuovo ordine mondiale?

 

No, la Cina non sta forgiando un nuovo ordine mondiale, ma stareagendo all'impatto della globalizzazione e tracciando il suo percorsoin autonomia, ma in sintonia, con l'ordine mondiale. La Cina statutelando sé stessa dall'ordine mondiale, adottando un atteggiamentoprudente e conservativo. Se però guardiamo agli sviluppi geopolitici estrategici militari, cambia la prospettiva: la Cina pensa di avereun'influenza crescente e maggiori margini d'azione. La vera novitàdegli ultimi due anni è che la Cina ha dato un sostanziale contributoall'ordine globale, basti pensare al peso crescente negli organismiinternazionali (FMI, ecc.) e agli accordi globali sul clima, così comeall'assertività nelle dispute territoriali. Oggi la Cina si salvagrazie a uno stato sviluppista che è in grado di arginarel'irrazionalità dei mercati. Mentre noi ci arrovelliamo nei dibattitipolitici, in un gioco di pesi e contrappesi tipico delle democraziemature, la Cina sfrutta il vantaggio temporaneo derivante dal sistemamonopartitico che la porta a credere nella plausibilità di un ModelloCina. 

 

"La Cina salverà l'Italia"? Posto che la Cina non ha nessunaintenzione di salvarci, come si deve comportare l'Italia? Qualeconsiglio rivolgerebbe alla nostra classe politica?

 

L'Italia è un paradosso quando si tratta di rapporti con la Cina. E'un paese che nutre sentimenti economicamente e socialmente anticinesi,e al tempo stesso è uno dei paesi europei più aperti all'immigrazione eagli investimenti cinesi a vari livelli. Come sappiamo, il boomitaliano negli anni '50 e '60 ha molti elementi in comune con ilmiracolo economico cinese degli ultimi 30 anni. Ciò che accomuna Italiae Cina, a mio avviso, è proprio il fatto che le due economie sonocresciute grazie a un massiccio intervento pubblico. Oggi il problemadel debito pubblico italiano è troppo grande per poterne affidare lasoluzione a un partner esterno come la Cina. Se mai l'Italia dovesseaggrapparsi al salvataggio della Cina, significherebbe che l'economiaitaliana è già in bancarotta; e nessuno osa evocare un simile scenario.E' importante che il governo italiano faccia affidamento ad altri paesieuropei, soprattutto convincere i paesi del Nord Europa che non hannoscelta se vogliono preservare il quadro europeo. Credo che il messaggiodebba essere questo. Prendiamo come esempio la vendita di asset, bastapensare a Napoli; ecco, credo che per i paesi in difficoltà sarebbemeglio avere un'asta a livello europeo. E poi non c'è solo la Cina; gliitaliani non dimentichino altri paesi, come ad esempio il Giappone, laCorea e Singapore.

 

Nel futuro sarà possibile per le compagnie europee che investonoin Cina operare nell'ambito di una win-win situation? Penso anche allenorme riguardanti l'indigenous innovation che sono state di recenteabrogate…

 

Le tensioni tra le aziende cinesi e quelle europee sono dense, se sipensa che la Cina mira ad acquistare le tecnologie e a spostarsigradualmente da un'economia trainata dagli investimenti a una chepoggia la crescita su basi più autonome. L'obiettivo della Cina puòcreare attrito con i nostri interessi. A noi interessa che la Cinacontinui a crescere, ma la crescita deve essere caratterizzatadall'interdipendenza: l'economia cinese deve operare sotto le stessecondizioni in cui operano i nostri mercati. La Cina ancora traevantaggio dall'essere un'economia emergente, ma al tempo stesso èdiventata la seconda economia al mondo. Come ci comportiamo con questaeconomia in via di sviluppo del tutto 'eccezionale'? L'attrito diinteressi è inevitabile. Il nostro ragionamento a livello europeo è chese i paesi europei si coordinano, se sono in grado di trovare unasintesi e raggiungere un compromesso su rispettivi interessi nazionali,possono contare su una maggiore capacità contrattuale nel definireaccordi win-win con la Cina. Sembra un sogno, ma solo dieci mesi faalcuni temi che sembravamo fantascienza – unione fiscale, ecc. - sonodiventati oggi all'ordine del giorno. La crisi ha accelerato il ritmodel cambiamento, e questo vale anche per la Cina. 


di Alessandra Spalletta

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