S.E. AMBASCIATORE D'ITALIA A PECHINO:"UNO TSUNAMI DI TURISTI CINESI VERSO L'ITALIA"

Pechino, 14 ott. - Negli ultimi mesi si è assistito a un'impennata dei visti concessi a cittadini cinesi che vogliono visitare l'Italia, tanto per turismo che per ragioni di business. Ci può illustrare la portata del fenomeno?
Alla fine dello scorso anno avevamo raggiunto il livello di 116.994 visti, concessi da tutte le sedi consolari presenti in Cina; non solo quindi a Pechino ma anche a Shanghai, Canton e Hong Kong, avevamo raggiunto il livello di 116.994 Fino a questo momento (dati calcolati da gennaio ad agosto, NdR) nel 2011 abbiamo concesso 169.260 nuovi visti. La previsione, quindi, è che entro fine dell'anno si raggiunga quota 200mila, ed è una previsione realistica: solo nel settore del turismo, ad agosto abbiamo assistito a un incremento del 70%. Non era mai successo prima: prima delle vacanze avevamo parlato di "tsunami turistico", e ci aspettavamo questa ondata, perché c'erano tutti i segnali di crescita. Questo significa che riusciamo a soddisfare la domanda di visti per turismo in Italia, dirottando verso il nostro paese flussi che in passato probabilmente si dirigevano verso altri paesi. Riusciamo a soddisfarla grazie anche allo straordinario lavoro dell'ENIT, ma siamo ancora al limite, perché credo che aumentando ulteriormente la dotazione di personale e migliorando ancora le procedure noi riusciremo a soddisfare pienamente questa domanda.
Quindi l'obiettivo di rendere l'Italia il primo step dei cinesi per l'area Schengen sta funzionando?
Sta funzionando, grazie a procedure più rapide - ma soprattutto razionalizzate - per la richiesta del visto, e attraverso le modifiche che stiamo apportando per rendere gli ambienti più accoglienti, sia per il pubblico che per il personale che ci lavora.
Ci sono incrementi anche sul fronte dei visti d'affari?
Sui visti business, sempre conteggiati in tutta la Cina, siamo passati dai 22.680 dello scorso anno ai 28.417 ad oggi, con un incremento del 25%.
Quanto tempo occorre per ottenere questi visti?
Se degli imprenditori ci dicono che devono partire urgentemente, basta il tempo materialmente necessario ad appiccicare la targhetta e mettere il timbro. La novità consiste nel fatto che non emettiamo più il visto agli uomini d'affari per un numero limitato di giorni, magari corrispondenti ad esempio alla fiera che vanno a visitare in Italia, ma diamo loro un visto di durata superiore in modo che dopo la fiera possano anche trascorre le vacanze in Italia, stabilire contatti più profondi nel nostro paese. A coloro che sono degli habitué dell'Italia, ma anche a quelli che sembrano fornire sufficienti garanzie, si fornisce un visto di lunga durata, in qualche caso valido per cinque anni. In genere, però, si viaggia su una validità di 2-3 anni, in modo che questi imprenditori abbiano la possibilità di tornare più volte in Italia in quell'arco di tempo. Questa è la grande novità, e poi si tratta anche di un vantaggio per noi: con questo visto l'uomo d'affari ritorna più facilmente nel nostro paese anziché in altri paesi europei. Grazie alla possibilità di fissare prima la data del viaggio, è più libero e coglie tutte le opportunità. E infine, con un visto di lunga durata, non deve fare la fila più volte nei nostri uffici. Per così dire: "smaltiamo il traffico" e ci dedichiamo a concedere nuovi visti per l'Italia.
Recentemente nel nostro paese sembra di assistere a un'ondata di immigrazione cinese proveniente dal nordest della Cina, mentre invece prima si trattava quasi esclusivamente di cittadini cinesi provenienti dal sud. All'Ambasciata d'Italia risulta una tendenza di questo genere?
Sì, stiamo registrando un aumento di immigrati dal nord della Cina. È una migrazione nuova, che proviene da Harbin e dalla Manciuria in genere. Non sono i tradizionali contadini dello Zhejiang che poi diventano commercianti o operai in Italia. Si tratta piuttosto di studenti, funzionari, persone di cultura più elevata, che non si adattano a fare qualsiasi genere di lavoro in Italia e cercano delle collocazioni proporzionate al loro grado di educazione. È un'evoluzione dell'immigrazione cinese.
Fenomeno interessante. Vede un miglioramento del livello di immigrazione, o è presto per parlarne?
È un po' presto, ma ci sono questi segnali. In genere questa nuova immigrazione tende a utilizzare quella vecchia, a dirigerla un po,' perché sono culturalmente più evoluti.
Torniamo all'argomento visti. C'è un miglioramento sul fronte del trattamento bilaterale?
L'Ambasciata cinese a Roma è consapevole della nostra apertura, perché le autorità cinesi hanno registrato questa svolta, e quindi anche loro sono indotti a migliorare il servizio a Roma. Anche l'ambasciata cinese si sta riorganizzando. Da Pechino non percepiamo grosse lamentele di italiani su un'eccessiva attesa, ma di sicuro anche , l'ambasciata cinese a Roma lavora sotto pressione. Io credo che la nostra azione porterà senza dubbio un miglioramento sul piano bilaterale, ad una risposta adeguata da parte cinese.
Si è avvertito da parte di alcuni italiani un po' di malcontento relativo alla procedura di esternalizzare la richiesta del visto, attraverso agenzie che aumentano i costi.
Ma si tratta dell'unico modo per concedere i visti in tempo reale. Qui in Cina i costi sono più bassi, però anche noi abbiamo adottato questo metodo di far processare la parte preliminare della procedura per il rilascio del visto ad agenzie esterne, che evidentemente chiedono un compenso per la loro parte del lavoro. Se lo dovessimo fare noi, ritornerebbero le file chilometriche davanti all'Ambasciata. In passato c'erano persino i pullman.
Durante la visita del ministro Frattini si è parlato dell'obiettivo di portare l'interscambio Italia-Cina a 80 miliardi entro il 2015. A che punto siamo su questo fronte?
Siamo tra i 45 e i 50 miliardi. Secondo me quell'obiettivo può essere raggiunto e anche superato.
Quali sono i settori più rilevanti?
Quello per noi vincente è rappresentato dall'esportazione di macchinari italiani in Cina, che costituiscono tra il 50% e il 51% del totale delle esportazioni italiane. Ed è un'attività che avviene sommessamente, non fa notizia come quella dei marchi di lusso, però è veramente la parte centrale, la parte più importante della nostra economia. Si tratta quasi sempre di piccole e medie imprese. Poi ci sono i beni di lusso, che costituiscono un'altra voce importante, ma più appariscente. Da parte nostra, in Cina continuiamo ad acquistare i prodotti tradizionali: tessile, macchinari anche cinesi non sofisticati come quelli italiani, componentistica. Sull'agroalimentare sta crescendo anche la nostra importazione, lentamente, perché ci sono delle differenze qualitative, ci sono dei procedimenti non sempre accolti dalle nostre autorità. Ma soprattutto credo che dovremmo avviarci, questo è un mio discorso ricorrente, verso una "Via della Seta a due corsie", ad immaginare questa corsia di ritorno dalla Cina in Italia, percorsa anche dai cervelli, da una immigrazione qualitativamente superiore perché possa contribuire maggiormente alla nostra economia, che sappia adattarsi meglio anche allo stile di vita nostro. Io sono fiducioso che l'apporto che la Cina potrà dare alla nostra economia sarà determinante, in ogni senso.
Ma c'è un argomento che sta suscitando diversi timori, questa nuova tassa sugli espatriati decisa dal governo cinese che è diventato un argomento all'ordine del giorno. C'è in corso un tentativo di raggiungere un accordo bilaterale, sulla falsariga di quanto già fatto da Germania e Corea del Sud. Come vanno i negoziati?
Noi ce la stiamo mettendo tutta. Abbiamo rappresentanti in varie sedi: il ministero degli Esteri, al Partito, etc. La preoccupazione in questo momento è rappresentata dai costi per le imprese italiane, per mantenere in Cina la loro mano d'opera, oltre all'aumento dei costi per gli interessati che devono comunque rimanere qui ad una condizione economica più sfavorevole. Siccome non è un problema solo italiano, ma è un problema generale, se ne sta parlando anche in sede di coordinamento comunitario. La mia impressione, tuttavia, è che la soluzione sia quella del negoziato bilaterale come ha fatto la Germania. Strada sulla quale io mi sento di incamminarmi fiduciosamente. Ci vorrà un po' di tempo, ma è una cosa che dobbiamo riuscire a risolvere.
di Antonio Talia
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