RALLENTAMENTO ECONOMICO, LA "TRAPPOLA DEL REDDITO MEDIO"

Milano, 22 dic. - Crisi economica, rallentamento della crescita: la Cina non si sente più immune dalle disgrazie dell'occidente. E, pur continuando a correre, la locomotiva orientale ha cominciato a interrogarsi sulla possibilità che la sua corsa subisca una battuta d'arresto e sulle "trappole" che potrebbe incontrare lungo i binari. Come la "trappola del reddito medio", ossia il rischio che, raggiunto un reddito medio soddisfacente per la maggior parte delle persone, la crescita si fermi.

 

Il 19 dicembre, sul Nanfang Dushi Bao, Kuang Xianming, capo dell'ufficio economico dell'Istituto di ricerca sulla riforma e lo sviluppo cinese, prova a mettere alcuni punti fermi in un dibattito che si sta espandendo. «Il vero problema che la Cina deve affrontare - afferma Kuang - non è la trappola del reddito medio, ma il rischio che si verifichi un arresto o addirittura un riflusso nel processo di riforma. Cioè, la "trappola della riforma" o "trappola del cambiamento"».

 

Da quando, scrive il commentatore, «il Pil pro capite in Cina ha superato i 4000 dollari all'anno, tutti hanno cominciato improvvisamente a preoccuparsi del pericolo della "trappola del reddito medio"». Su questo tema, afferma il commentatore, «studiosi diversi arrivano a conclusioni diverse. I pessimisti ritengono che la Cina già si trovi nella trappola ed elencano i gravi problemi che lo dimostrerebbero; gli ottimisti credono che la Cina abbia già superato la fase del reddito medio e che la trappola del reddito medio non sia un problema reale».

 

L'assunto di fondo è che «quando un paese raggiunge il reddito pro capite di 4000 dollari, entra in un periodo di contraddizioni e problemi - continua l'articolo -, ma la verità è che tra i due elementi non esiste alcun legame di necessità». In ogni caso, quando un paese di trova a dover fronteggiare gravi questioni, «quello che conta è che la struttura sia adatta allo sviluppo, e che sia quindi in grado di promuovere una riforma quando necessario. È l'assenza di riforma, insomma, a favorire l'accumulo dei problemi».

 

La storia, secondo Kuang, è maestra: «Come è uscita la Cina dalla trappola del basso reddito, in cui si è trovata per decenni? È stata la politica della riforma e apertura diretta da Deng Xiaoping a risolvere le povertà più gravi nel giro di pochissimi anni». Ora che, a trent'anni di distanza, la Cina è entrata in quello che a livello internazionale è definito lo stadio del reddito medio, quali sono i problemi da affrontare? Certo non quello di una mancanza di crescita muscolare: «La Cina ha ancora enormi potenzialità nascoste, e tutto il mondo lo sa. Le stime dicono che tra il 2010 e il 2020 la Cina manterrà un tasso di crescita annuale dell'8 per cento, tra il 2020 e il 2030 del 6 per cento, mentre il tasso di urbanizzazione e la proporzione dell'industria dei servizi sul totale dell'economia ha ancora un margine di crescita di almeno 10-20 punti percentuali».

 

La sfida che la Cina deve affrontare, piuttosto, secondo Kuang è quella mantenere in vita la riforma. «Negli ultimi anni, la riforma ha vissuto un momento di difficoltà. Alcune grandi riforme, compresa quella delle professioni, quella dei monopoli o quella della distribuzione del reddito sono da tempo in discussione, senza che si riesca ad arrivare a una decisione. Se la riforma viene messa da parte, spesso per colpa degli interessi costituiti, è difficile fare passi avanti importanti eliminando le cattive pratiche accumulate dal sistema e prevenendo il sorgere di nuove forme di abusi e corruzione».

 

Anche la redazione del Xin Jing Bao, il 15 dicembre, si interroga sulla "trappola del reddito medio". L'editoriale anonimo afferma che il modo per evitare la trappla sta nel redistribuire le ricchezze, «in modo che un numero crescente di persone che oggi ha un basso reddito entri nelle file di chi ha un reddito medio». Ma come fare per andare in questa direzione? Quattro sono i punti segnalati nell'articolo. «In primo luogo, bisogna apportare tagli fiscali per incoraggiare la nascita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, permettendo così a più persone di diventare imprenditori. Si tratta di uno strumento importante che può favorire l'iniziativa di chi ha un reddito basso, portando alla formazione di nuovi gruppi di persone a reddito medio».

 

La seconda mossa, secondo il Xin Jing Bao, dovrebbe essere quella di «rendere più equi i servizi pubblici essenziali e in particolare accelerare la creazione di alloggi a prezzi accessibili. Per chi ha un reddito medio, infatti, il mutuo costituisce il peso più grande. Alleggerire il carico di queste persone permetterà senza dubbio di stimolare i consumi», sono convinti i redattori.
In terzo luogo, è necessario migliorare l'assistenza sociale e medica. «Oggi una grave malattia significa, per una famiglia, ritrovarsi nella povertà. Questa è la principale debolezza del sistema di welfare sia urbano che rurale». L'unica soluzione è che «le amministrazioni a tutti i livelli aumentino gli investimenti nella sicurezza sociale, assicurando l'assistenza medica nei casi di grave malattia».

 

Infine, secondo i giornalisti di Pechino, «bisogna restringere la forbice tra aree urbane e rurali, favorendo il passaggio dalle fasce basse di reddito nelle campagne alle fasce di reddito medio. Attualmente la stragrande maggioranza degli agricoltori può contare su un reddito piuttosto basso, e questo frena la spinta complessiva dei consumi». Perché la situazione cambi, è necessario non solo «continuare a promuovere l'urbanizzazione», ma anche «migliorare la difesa dei diritti di proprietà dei contadini sulla loro terra, così che i contadini possano accedere anche a redditi legati alla proprietà di terre non destinate all'agricoltura».

 

Ovviamente, conclude l'editoriale, perché misure come queste diventino realtà, «è necessaria una riforma istituzionale, è necessario il coraggio e la determinazione del governo. E, soprattutto, è necessario abbandonare l'idea che la ricchezza del paese ha la priorità, e abbracciare invece la convinzione che la ricchezza del popolo ha la priorità».

 

Lo squilibrio nella distribuzione del reddito è l'argomento al cuore del commento di Liu Fuli, pubblicato dal Zhongguo Qingniao Bao il 16 dicembre. L'editoriale parte dalla storia di Han Peiyin, un contadino dello Shanxi che, dopo aver fatto sacrifici enormi per mandare il figlio all'università, si è convinto che studiare è inutile. «Quando suo figlio entrò in università, Han pensava che in poco tempo si sarebbe affermato e distinto dalla massa. Per permettergli di studiare, il padre vendette molti beni di valore che aveva in casa e andò in città a lavorare come migrante. Oggi, a cinque anni dalla laurea, Han Peiyin si è reso conto che il reddito del figlio non è affatto superiore a quello degli altri».

 

Liu non condivide l'idea di Han, ma comprende le sue ragioni. Perché «è la loro condizione di povertà a richiedere che i laureati di origine rurale, appena finita l'università, trovino un buon lavoro: essi devono infatti poter ripagare i debiti fatti dalla famiglia per mandarli a studiare e, in più, devono migliorare il reddito complessivo a casa. Solo se ciò avviene, infatti, i genitori vedono un ritorno del loro investimento». Purtroppo, continua Liu, «il figlio di Han Peiyin, come altre centinaia di migliaia di studenti, ha sperimentato gli effetti dell'allargamento delle ammissioni all'università e, con esso, la difficoltà di trovare un lavoro dopo la laurea», cosa che «fa sì che avere un reddito elevato sia, per moltissimi laureati, un privilegio straordinario». Sebbene si tratti di una situazione comune a moltissimi universitari, «per le famiglie rurali è una difficile da sostenere e da accettare». Soprattutto perché «il reddito dei laureati è più basso di quello dei loro genitori che sono lavoratori migranti».

 

La teoria secondo cui studiare è inutile, conclude Liu, «è un riflesso della povertà dei contadini e dipende dalle carenze dello sviluppo rurale. Se gli investimenti fatti dalle famiglie per mandare i figli all'università continuano ad andare persi, questo porterà a una riduzione rapida degli studenti provenienti dalle campagne. Questo sta già avvenendo nelle università più famose, rendendo probabile la caduta delle campagne cinesi in un circolo vizioso di povertà».

di Emma Lupano

 

Emma Lupano, giornalista professionista e dottore di ricerca sui media cinesi, cura per AgiChina24 una rassegna stampa bisettimanale volta a cogliere pareri autorevoli di opinionisti cinesi in merito a temi che si ritengono di particolare interesse per i nostri lettori

 

 

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