Pechino, 30 lug.- A partire dalla seconda metà del 2009, il mercato immobiliare cinese ha sperimentato una crescita significativa nei prezzi e nel volume delle transazioni la cui tendenza a salire ha di recente subito un arresto improvviso dovuto alle politiche apparentemente forti del governo. Quale potrebbe essere ora la prossima mossa di Pechino? Nell'aprile di quest'anno, il governo cinese ha introdotto una serie di politiche relative al real estate che includono la cessazione dei prestiti per l'acquisto di una terza casa/appartamento, l'aumento del deposito sulla seconda abitazione/appartamento e sui tassi d'interesse, l'aumento delle costruzioni di alloggi economici e la cessione di terreno per piccoli appartamenti, e ha esaminato la possibilità di una revisione sulla tassa di proprietà. Tutto questo, in primo luogo per tenere a freno le speculazioni e prevenire un'impennata dei prezzi delle case, in modo da proteggere la domanda di alloggi da parte dei cittadini comuni.
Queste vigorose politiche hanno fatto immediatamente calare il volume delle transazioni. Secondo i rapporti relativi a 14 città effettuati da Standard Chartered Bank, da metà aprile – cioè da quando le misure del governo sono entrate in vigore – nelle città poste sotto osservazione il volume d'affari per le transazioni riguardanti case di nuova costruzione è calato mediamente di circa il 60% . A Pechino, per esempio, il volume delle transazioni è diminuito del 70%, a Shenzhen del 57%, a Shanghai del 28%, mentre Hangzhou e Dalian hanno registrato un -90%. Non c'è tuttavia nessun calo evidente nei prezzi. I dati dell'Istituto Nazionale di Statistica mostrano che in 70 città il prezzo delle case è salito dello 0,2% a maggio e sceso dello 0,1% a giugno. Queste cifre rappresentano ancora una crescita su larga scala rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A giugno, per esempio, il prezzo delle case a Pechino è salito del 13,5% rispetto al 2009 ed è sceso dello 0,4% rispetto maggio. Nello specifico, il costo delle case di nuova costruzione ha registrato un aumento del 14,1% mentre il prezzo delle case di seconda mano ha segnato un +7,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Tutti gli attori del mercato immobiliare stanno ora cercando di capire quale sarà il passo successivo a queste misure.
Da parte mia, ritengo che i prezzi caleranno leggermente nella seconda metà dell'anno ma, diversamente da alcune istituzioni straniere – che hanno previsto un calo fino al 30% – non crolleranno, né causeranno una recessione. La maggior parte di quei compratori che attualmente sostengono gli investimenti, sta impiegando fondi propri. Si tratta di una situazione del tutto differente da quella del 2008 quando, durante la crisi economica e finanziaria, gli speculatori – sostenuti dal credito – hanno venduto tutti gli asset in loro possesso. I nuovi compratori infatti non sono così sensibili al prestito bancario, pertanto è improbabile che la curva dei prezzi decresca in maniera marcata. In secondo luogo, a causa della mancanza di adeguati strumenti d'investimento, di grandi immissioni di liquidità e delle aspettative sull'inflazione, il mercato immobiliare è percepito come un ottimo strumento d'investimento. A patto che non venga applicata una politica monetaria rigida e i tassi d'interesse rimangano bassi, esisterà ancora questa parte di investimento che necessita di cittadini con risparmi in eccesso da investire.
Ci sono possibilità che venga introdotta una politica monetaria rigida? Dall'inizio di quest'anno fino a primi di giugno, lo A-Share index ha segnato un calo del 30%. A giugno il manufacturing PMI index ha subito il secondo calo mensile consecutivo e la crescita del Pil ha cominciato a rallentare. Il governo si è impegnato a mantenere ancora una politica monetaria moderatamente rilassata, è pertanto abbastanza improbabile che intraprenda delle misure rigide. Per di più, il governo è impegnato a tenere a freno la crescita eccessiva dei prezzi, e non a bloccare completamente la bolla. Questa impostazione trova conferma nel fatto che una larga parte delle entrate del governo deriva attualmente dai guadagni sulla cessione dei terreni. Il lancio di una politica più severa è pertanto molto improbabile.di Jenny Gao
Traduzione dall'inglese a cura della Redazione di AgiChina24
Jenny Gao è Partner del Mandarin Capital Partners a Shanghai (www.mandarincp.com). È responsabile di due operazioni sull'asse Italia-Cina, tra cui Zoomlion-CIFA che rappresenta il più grande investimento cinese nel settore industriale italiano. Entrata a far parte del team del Mandarin Capital Partners nel 2007, Jenny Gao vanta più di 11 anni d'esperienza nell'ambiente finanziario internazionale. In passato ha ricoperto il ruolo di Vice-Direttore del Business Department della Export Import Bank of China. Prima di questa carica, aveva rivestito il ruolo di country manager e loan officer, gestendo vari progetti nei settori manifatturiero, dell'energia e delle telecomunicazioni in vari paesi dell'Asia e dell'Africa, incluse diverse operazioni di M&A cross-border. Jenny Gao ha conseguito una laurea con lode in Finanza presso l'Università di Economia e Business Internazionale di Pechino e un MBA sempre in Finanza presso l'Università Cinese di Hong Kong. Ha inoltre frequentato l'Executive Program of Corporate Restructuring, Mergers and Acquisitions (CRMA) della Harvard Business School e l'Executive Program of Mergers and Acquisitions della Wharton Business School nel 2008 e l'High Potential Leadership and Private Equity and Venture Capital nel 2009. Madrelingua cinese, parla fluentemente inglese.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Jenny Gao cura per AgiChina24 la rubrica di economia e finanza.
© Riproduzione riservata