PRESIDENTESSA DI PILION BRANDS LTD.
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PRESIDENTESSA DI PILION BRANDS LTD.

 

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Yuki Tan, dopo aver portato al successo in Cina il brand italiano Folli Follie, ha iniziato l'avventura di Pilion Brands LTD., partner per i brand internazionali della moda che vogliono sbarcare sul mercato cinese e su quello asiatico. È stata nominata una delle 10 donne d'affari più influenti di tutta la Cina dal portale Sina.com

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Com'e' iniziata la sua esperienza con Folli Follie?

È stata una coincidenza. Il creatore di Folli Follie era un vicino di casa nella villa che io e mio marito abbiamo in Grecia; io all'epoca non facevo granché, mi prendevo cura di mia figlia, nata da poco. Durante una cena finimmo a parlare delle possibilità di sviluppo del brand in Cina, e visto che io sono cinese e sono anche un tipico consumatore di quel prodotto, mi chiese le mie opinioni. Io ritenevo che all'epoca, in Cina, non esistesse un tipo di gioielleria adatta all'uso di ogni giorno, e quindi gli dissi che c'erano delle enormi opportunità. A fine serata mi resi conto che sarei stata capace di sviluppare il brand nel mio paese, in prima persona.

Adesso, però, si sta dedicando ad altro. A cosa?

Dopo sei anni ho abbandonato quel brand. Si è trattato di una sfida che ritengo di avere vinto, dato che il brand adesso è ottimamente posizionato in Cina. Succede così: un qualcosa è parte della tua vita, del tuo viaggio, ma ad un certo punto senti di non poter fare di più. Adesso sono rientrata da poco da Milano, dove sto discutendo con Pomellato del loro arrivo in Cina: quello che faccio è sempre cercare di seguire i miei stati d'animo e penso che le donne nella mia posizione, della mia età, vogliano sentirsi addosso qualcosa di personale e prezioso. Dopo aver visitato la fabbrica, gli uffici,  mi sembra quasi di essere di fronte a un segreto italiano che gli italiani hanno ben custodito, sono impressionata dalla cura per  ogni singolo dettaglio. Lo stile di Pomellato è molto italiano ma può essere accettato da donne di tutto il mondo: ora, la prossima sfida, sarà portarlo in Cina.

Cosa pensa dell'atteggiamento dei brand italiani della moda verso la Cina?

Molti brand internazionali del lusso sono già arrivati in Cina, ma a volte hanno un'immagine troppo formale: ti trovi di fronte a qualcosa che è costoso, è elegante, ma che non puoi indossare ogni giorno. Alcune marche italiane si adattano a perfezione alla realtà del paese dal quale provengono, sono molto "italiane", così come alcuni brand inglesi ti richiamano subito alla mente l'aria di Londra. Ma è necessario adattarsi in qualche modo ad altri paesi, e questo è il punto critico. Pensiamo ad esempio alle scarpe da uomo; quelle italiane sono famose, ma gli uomini cinesi adorano le scarpe più morbide e magari prive di lacci. Ora, penso che in un certo senso il pubblico vada abituato: ad un certo livello, in Cina, la gente è pronta a cambiare il suo stile di vita, bisogna solo adattare il brand, ma senza per questo smarrirne l'identità. Molte compagnie italiane, poi, in Cina aprono enormi negozi, organizzano eventi straordinari spendendo una quantità incredibile di denaro, ma forse non riescono davvero a raggiungere il loro target, anzi se ne distanziano, perché il pubblico può sentirsi intimidito. Nel mio lavoro ho sempre giocato molto con la mia esperienza personale, ho utilizzato la mia stessa storia per promuovere il brand. Bisogna dare alle donne una fantasia da vita reale, non una fantasia da stella del cinema.

Una volta che si è fatto conoscere un brand in Cina, come si fa a fidelizzare il pubblico?

La Cina è una sfida da questo punto di vista: si è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, lo si prova e poi si va avanti, lo si abbandona. Penso che la maggior parte dei cinesi non amino il classico, vogliono provare nuove cose, quindi è necessario presentare cose nuove in continuazione. Folli Follie, ad esempio, usciva ogni anno con una nuova collezione; ma i brand diversi devono continuare a promuovere, non stop: nel momento in cui ti fermi, la gente ti ha già dimenticato. Il pubblico cinese vede solo quello che ha di fronte; per questo bisogna fare sempre qualcosa di interessante.

Ha mai utilizzato delle idee che sembravano fuori luogo e poi si sono dimostrate un successo?

Sì, ho avuto parecchie idee di questo tipo: ad esempio prendere spazi pubblicitari sui magazine delle compagnie aeree, perché molte donne d'affari magari non sono lettrici di riviste di moda, ma si spostano in continuazione. Oppure realizzare un servizio fotografico in Grecia, al quale mi sono anche prestata come modella, per presentare appunto una storia, una narrazione, nella quale il cliente potesse in qualche modo riconoscersi. O anche creare io stessa il layout dei nostri flagship store, perché volevo proprio che si entrasse in questo genere di narrazione. Ci vuole un occhio per i  dettagli, un modo di essere trendsetter e vivere il brand che, ritengo, nessuna scuola di MBA può insegnarti.
(di Antonuio Talia)
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