di Sonia Montrella
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Roma, 5 dic.- Oggi Wu Wenguang è uno dei documentaristi più bravi della Cina. Non è del tutto esatto: Wu Wenguang è il pioniere del genere. Giornalista annoiato dalla propaganda – come spiega lui stesso in quest'intervista – lascia il suo posto di lavoro e si avvicina al documentario, in un'epoca in cui questo prodotto è ancora poco conosciuto. Il risultato è Bumming Beijing, un lavoro destinato ad essere una pietra miliare del documentarismo cinese. In questi giorni, con la collaborazione della Sardegna Film Commission, Wu è in Italia, a Cagliari, in occasione della rassegna del cinema indipendente Asia Film Festival. Nella città sarda ha presentato la sua ultima fatica, Folk Memory Project, e ha tenuto una masterclass presso il Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni - Cattedra di Storia e Istituzioni dell'Asia del'Università di Cagliari.
Da dove arriva questa passione, a metà strada tra cinema e giornalismo?
Negli anni '80 decisi di abbandonare il mio lavoro di giornalista Tv, perché ritenevo troppo noioso lavorare per la propaganda. Volevo occuparmi di qualcosa di più interessante. All'epoca non sapevo nulla di documentari, non c'era grande informazione su questo tipo di prodotto e nessuno ne parlava. Così alcuni artisti liberi divennero i primi soggetti del mio Bumming in Beijing. Credo che sia stata proprio la forza della libertà a farmi imboccare questa strada.
Cosa significa oggi girare documentari in Cina. Quali difficoltà e cosa sta cambiando - in meglio o in peggio - nella libertà di operare?
Il regista indipendente in Cina non gode di alcun sostegno, non solo di natura economica. E' necessario quindi auto incoraggiarsi sempre. Ho visto molti giovani registi produrre lavori di grande talento e poi sparire nel nulla. Direi che le più grandi barriere da fronteggiare sono le politiche dure e le sfide del mercato.
Folk Memory Project è il risultato di un lavoro di 5 anni che punta a documentare la Grande Carestia che ha colpito la Cina dal 1959 al 1961. Perché questo periodo?
Il progetto nasce dalla consapevolezza che la memoria storica riguardo questo periodo vissuto dalla gente comune è quasi assente.
Per decenni alla società cinese è stato chiesto di dimenticare: dimenticare il confucianesimo, le tradizioni, di dimenticare Tian'anmen e la Rivoluzione Culturale, e via dicendo. E sebbene ad oggi alcune pagine della storia cinese restano avvolte dal silenzio, il presidente Xi Jinping ha avviato una sorta di recupero della memoria, e di elementi che compongono l'essenza della società cinese. Cosa ne pensa?
Credo nella scoperta e nella comprensione della storia del popolo, persone proprio come noi.
Ha già in mente il suo prossimo lavoro?
Sto lavorando alla storia di mio padre.
5 dicembre 2014
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