Orlandi: Accordo Pirelli non deve meravigliare
di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 24 mar. - L'ingresso di China National Chemical Corporation in Pirelli e l'adesione dell'Italia e di altri Paesi europei nella nuova banca di sviluppo e infrastrutture asiatica a guida cinese, la Asian Infrastructure Investment Bank, sono i due argomenti trattati da Radio Radicale e Agichina nella puntata che andrà in onda domani sera. L'ingresso di China National Chemical nel gruppo milanese, non deve meravigliare, spiega Romeo Orlandi, sinologo ed economista e presidente del Comitato Scientifico di Osservatorio Asia. "L'Italia è un Paese con aziende di qualità. Nella globalizzazione questi movimenti si acuiscono e accelerano. D'altra parte - continua Orlandi - sempre nella globalizzazione, concetti come nazionalità e identità tendono a sbiadire ed è quindi nell'ordine naturale dell'economia che qualcuno compri dei gioielli per investire".
I riflessi della crisi economica degli scorsi anni sull'economia italiana e la forte tradizione industriale del nostro Paese sono altri due fattori che contribuiscono a rendere il nostro Paese una meta dello shopping da parte dei grandi gruppi stranieri, soprattutto cinesi, negli ultimi anni. "La posizione negoziale dell'Italia si è indebolita per via della crisi - spiega ancora Orlandi - E oggi è diventato più facile fare acquisti in Italia". Inutile, però, un ritorno a forme di protezionismo per difendere l'italianità delle aziende, secondo il vice presidente di Osservatorio Asia. La soluzione dovrebbe essere un'altra. "Si potrebbe fare una cosa che non si fa quasi mai: gestire un problema complesso. Si potrebbe selezionare gli investimenti. In Italia e in Europa non esiste però nessun organismo che faccia questi setacci".
Orlandi parla poi della nuova banca di investimenti a guida cinese. "Adesso esiste un altro sportello al quale i Paesi in via di sviluppo possono rivolgersi - spiega l'economista - Il fatto che esista una banca alternativa è chiaro che mini il monopolio della Banca Mondiale. Questo è nell'ordine naturale delle cose e sono sorpreso che la Cina non lo abbia fatto prima". L'adesione di diversi Paesi europei, a cominciare dalla Gran Bretagna, è considerata "una mossa saggia" da Orlandi. Nella partita che si sta giocando sul nuovo soggetto finanziario asiatico, continua il professore, "risulta difficile immaginare un fiasco così forte della diplomazia degli Stati Uniti" e al contempo una vittoria "politica, diplomatica e finanziaria di Pechino".
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24 marzo 2015
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