di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 24 set. - L'uguaglianza tra donne e uomini è una battaglia ancora lunga. Anzi, "una lenta marcia nel deserto". Cristina Comencini, regista, scrittrice e sceneggiatrice, parla con AgiChina dell'esperienza delle donne nella battaglia per l'affermazione nei vari campi della vita sociale, a margine del seminario "Così lontane, così vicine? Donne italiane e cinesi tra storia, percorsi di genere e sguardi futuri" che si è tenuto all'Istituto Italiano di Cultura di Pechino. Le donne sono portatrici di un "doppio linguaggio", come lo definisce Comencini, composto dalla cultura tradizionale ereditata dai padri, e dalla storia interiore a ogni donna. Questa "doppia appartenenza", come la definisce lei stessa, si è già affermata nella letteratura e presto si affermerà anche nel cinema perché "il racconto per immagini è molto congeniale alla creatività femminile: ci vorrà tempo, ma sarà così".
Diversa, invece, la situazione in politica, dove le donne hanno più problemi. "Stare nel potere accanto agli uomini senza cedere posizioni e non dimenticare di essere donne è un lavoro molto difficile - afferma la regista del pluri-premiato "La bestia nel cuore" - Ma proprio sul crinale di questa doppia appartenenza si gioca la possibilità per le donne della politica di trasformare il mondo in un posto anche per loro: un luogo pubblico abitato da due diversi mappari". L'apporto delle donne nella vita politica di un Paese potrà avere conseguenze positive per tutta la società. "L'esperienza di governo non può coinvolgere solo alcune elite -conclude Comencini nel suo intervento - ma deve allargarsi a tutta la società: la politica deve parlare dei grandi temi della vita, deve cambiare il rapporto tra gli uomini e le donne, deve parlare di procreazione, legami, diritti individuali e valori collettivi".
Quali differenze vede nella questione di genere tra donne italiane e cinesi?
Ci sono differenze storiche. Quello che sembra incredibile è che a livello odierno siamo tutte allo stesso punto. Realizzata un'emancipazione, peraltro non generale, c'è il problema della differenza, cioè di restare nella propria cultura, nel proprio corpo e nei propri pensieri, e portare la propria diversità. Anche l'accesso alla politica non deve essere elitario, ma di massa, e allo stesso tempo deve condurre a un mondo con uno sguardo doppio, che è stato uno dei temi della relazione di oggi.
Come si rapporta al tema delle quote rosa in politica?
Il discorso non è legato alle quote rosa, ma alla democrazia paritaria. Vogliamo essere rappresentati da donne e uomini: le donne non vogliono essere rappresentate solo dalle donne, ma da politici di entrambi i generi. Dando per definizione che donne e uomini sono differenti, sono però, allo stesso tempo, capaci entrambi di occuparsi di cose importanti. E' la prima volta nella storia che le donne, entrando nella società, possono esprimere il loro punto di vista, che è diverso da quello degli uomini, perché diversa è la loro storia. Penso che sarà un arricchimento enorme, anche se il processo è ancora lento, perché significa stravolgere leggi che sono millenarie. Questo vale anche per il mio lavoro. E' una lenta marcia nel deserto.
Cosa possono fare le donne per contare di più in politica, sia in Cina che in Italia?
Non è assolutamente detto che un pensiero politico maschile avanzato, produca una parità di genere. Si tratta di questioni che in realtà mettono in campo un cambiamento non solo nella politica, ma anche nel privato. Occorre cambiare i ruoli nella società, nel senso di non relegare le donne solo alla sfera privata: occorre una condivisione tra uomini e donne, che poi si rifletta anche nella gestione del potere. Questa è stata un'acquisizione del movimento femminista: finché non cambiano i rapporti tra gli uomini e le donne nel privato, nella sessualità, nella maternità e paternità, non si possono produrre cambiamenti sostanziali nella condivisione della politica. Non conosco abbastanza bene la situazione cinese delle donne: sono venuta qua per ascoltare. Credo che anche qui ci sia molto da lavorare nelle differenze tra i ruoli. Mi sembra che ci sia stata una grande speranza e un grande cambiamento nella dignità delle donne dopo la rivoluzione, ma ci sono ancora grandi passi ancora da fare.
Nel suo discorso ha citato alcune delle più importanti scrittrici degli ultimi due secoli da Virginia Woolf alla premio Nobel Alice Munro. Quale è secondo lei la maggiore differenza tra scrittori e scrittrici, in senso artistico? E' una questione di temi trattati o di prospettiva?
La novità che le donne possono portare nella letteratura è proprio questo doppio linguaggio. C'è, da una parte, la cultura che hanno imparato a scuola e, dall'altra, tutta la loro vita nascosta che è una storia millenaria, da raccontare. Per la prima volta, le donne possono raccontare loro stesse quelle cose celate nel silenzio che appartengono al privato. Lo faranno dall'acquisizione di una cultura che è quella degli uomini e con gli strumenti di una cultura che è loro propria. Questo, secondo me, rappresenterà anche per gli uomini, un grandissimo arricchimento e un'apertura importante: da un atteggiamento di chiusura tra questi due mondi erano penalizzati sia le donne che gli uomini. Nel mio discorso ho fatto una graduatoria: mi sembra che nella letteratura le donne abbiano conquistato già questo traguardo attraverso il doppio linguaggio. Se uno dovesse pensare a un campo in cui è già stata realizzata questa uguaglianza, quello è la letteratura. E ci fa riflettere su quanta strada ci sia ancora da fare negli altri territori, sia artistici che politici. Spesso si nota solo il carattere rivendicativo, che è importante, ma oggi vedo molto la enorme ricchezza che abbiamo, e la fortuna che abbiamo, di vivere in questa epoca in cui queste cose, per la prima volta, si possono raccontare.
24 settembre 2014
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