di Adolfo Tamburello*
Napoli, 9 dic.- Che la prima e più importante religione straniera a segnalarsi storicamente in Cina e ad attecchirvi sia stato il buddhismo è più che noto, come è noto che lo è rimasto, straniero, agli occhi di tanti non buddhisti ancora a due millenni dal suo accasamento in Cina e molto estraneo, in particolare, il buddhismo indiano dei Tantra, che annoverò Amoghavajra (705-774, in cinese Bukong), uno degli ultimi illustri traduttori in cinese e monaco, fra i tanti, di grande successo alla corte di Chang'an. A dispetto, tuttavia, di chi continua a vedere forestiero tutto il buddhismo in Cina, si argomenta di un "buddhismo cinese" per non confonderlo con altri "buddhismi" di stanza nella stessa Cina e, specialmente, col "buddhismo tibetano", detto pure lamaismo.
Meno noto comunque è che la Cina ospitò altre religioni non cinesi e che l'epoca Tang (618-907), se vide il culmine di una diffusione e rielaborazione del buddhismo, visse l'apice di un panasiatismo culturale e religioso e in quest'ultimo campo assistette, diciamo meglio, coltivò la piena fioritura di altre religioni che le arrivavano dall'Asia e ora specificamente dall'Iran, la nostra Persia, che coi Sasanidi (224-651) mantenne strettissimi contatti e relazioni coi Tang.
Nel 635 giungeva a Chang'an, dalla Persia appunto, il sacerdote nestoriano Aluoben (o Oluoben) con altri missionari predicandovi il nestorianesimo, cioè la dottrina cristiana d'Iran, duofisita e di rito siriaco. Tre anni dopo era costruita nella capitale la prima chiesa cristiana. Dediti coi loro discepoli a un'intensa attività di proselitismo specialmente fra gli stranieri residenti, i sacerdoti nestoriani si sparpagliavano nelle province diffondendo le loro scritture in traduzioni o adattamenti in cinese. Era conosciuto come Bosi jingjiao, "religione dei testi sacri della Persia" o Da Qin jiao, "religione dei Grandi Qin", come era al tempo ancora conosciuto dai cinesi l'impero romano. Per due secoli il nestorianesimo fioriva all'ombra della protezione imperiale e il monumento più insigne della cristianità d'allora rimaneva la famosa stele bilingue siriaco-cinese eretta a Xian nel 781, riscoperta nel 1625 e fatta conoscere in Europa dai gesuiti in Cina. Della sua lunga e preziosa epigrafe cinese di 1773 caratteri una trascrizione fu dovuta nel primo Settecento al missionario Matteo Ripa di Eboli, fondatore del Collegio dei Cinesi di Napoli nel 1732.
Il nestorianesimo era per i cattolici un'eresia messa da secoli alle spalle. Nestorio e i suoi seguaci, ultimi interpreti di una concezione cristologica elaborata dalla scuola di Antiochia di Siria, erano stati severamente condannati fra i secoli V e VI da una serie di Concili. Duramente repressi, erano stati costretti al silenzio in Europa; in Asia si erano sparsi dal mondo arabo-persiano all'India, all'Asia centrale, infine alla Cina. Echi del nestorianesimo arrivavano sino in Giappone.
Se nelle epoche successive il cristianesimo nestoriano non conosceva in Cina grandi fortune, tra la seconda metà del Duecento e la prima metà del Trecento si moltiplicavano gli incontri di religiosi nestoriani coi primi Europei in arrivo nell'Asia mongola e in Cina, e molti di loro si convertivano al cattolicesimo. Nel 1275 due nestoriani, messisi in viaggio dalla Cina alla volta della Persia e Bisanzio, proseguivano per l'Europa, arrivando a Napoli nel 1287. Visitavano le corti reali e incontravano a Parigi il re di Francia, Filippo IV il Bello; a Bordeaux, Edoardo I d'Inghilterra; a Roma, papa Niccolò IV. Uno dei due, Rabban Sauma, nativo di Pechino, esponeva il credo nestoriano ai cardinali romani e officiava la messa al cospetto del papa celebrandovi l'eucarestia secondo il proprio rito. Si vuole che sul nestorianesimo si fondasse la leggenda europea del "prete Gianni".
Con la moltitudine di stranieri che visitavano o vivevano stabilmente in Cina nell'epoca Tang altre religioni persiane vi mettevano piede. Primo a entrarvi, e com'è probabile anteriormente agli stessi Tang, era il caso del mazdeismo, una religione che, pur coltivando la credenza in un dio creatore, Ahuramazdah (da cui il suo nome), non era monoteistica e annoverava molte altre divinità. Con Mitra, divinità solare, e Anahita, dea delle acque, della fertilità e della procreazione, giungeva a formare una trinità, mentre sulle altre divinità primeggiava il dio del fuoco, Atar, come principio di purificazione e conseguita purezza. Non a caso fu chiamata xianjiao (religione del dio del fuoco). Riformatore del mazdeismo era il profeta Zarathustra o Zoroastro, vissuto nel secolo VII a.C., che poneva l'accento sull'alterna lotta fra Ahuramazdah come dio del bene e Ahriman, l'incarnazione del male. Con Zarathustra nasceva lo zoroastrismo che pure ebbe qualche diffusione in Cina per le sue consonanze col pensiero cinese nel suo ideale di giustizia umana nell'attesa finale del trionfo del bene sul male.
Con le sue continuative radici nel mazdeismo e nello zoroastrismo, infine, il profeta babilonese Mani o Manete (216-277), viaggiatore in India e in Persia, predicò un avventismo della luce su influenze sia giudaico-cristiane sia buddhiste, proponendo un messaggio religioso che dal suo nome fu chiamato manicheismo (cin. monjiao). In esso elaborò la concezione di un divino che avrebbe visto un giorno vincente la luce sull'oscurità e il trionfo del bene sul male.
Nota in Cina anche come la religione dei "due principi" (erzong), la chiesa manichea fu autorizzata ufficialmente nel 694 dall'imperatrice Wu e vide raccogliere e crescere una folta comunità specialmente a Luoyang, ma non ebbe tanto vasta diffusione nel Celeste Impero quanta successivamente in Mongolia fra gli Uighuri. Gli Uiguri sembra l'avvicinassero per la prima volta a Luoyang nel 756, quando furono chiamati in soccorso dei Tang contro il rivoltoso An Lungshan. Convertiti al manicheismo, riportarono nel 762 quattro sacerdoti in Mongolia, affidando loro il compito di convertire la popolazione uighura.
Il giudizio degli storici rimane severo sul manicheismo presso gli Uighuri: col suo messaggio di pace temperò la bellicosità degli Uighuri, mentre i cinesi, dal canto loro, ne estraniavano il popolo dai suoi regimi nomadi. Nel 768 gli Uighuri ordinarono la costruzione di una prima città, Baibaliq a maestranze e architetti sogdiani e cinesi. Nell'840 il loro regno fu distrutto dai Kirghisi calati dal Nord. Gli Uighuri superstiti riparavano parte nel Gansu e altre regioni cinesi, ove erano assorbiti; parte nel Turkestan orientale e più a occidente, stabilendosi in vari centri urbani (Khocho, Karashahr, Bisbaliq, Turfan ecc.). Vi promuovevano una cultura composita e adattavano alla propria lingua un alfabeto sogdiano di derivazione aramaica. Entrati in contatto con nuove religioni, erano convertiti al nestorianesino, allo zoroastrismo, al buddhismo.
Poco si sa del giudaismo e dell'islam presenti in Cina in epoca Tang, a eccezione dei massacri della comunità ebraica e di quella musulmana a Canton perpetrati nell'879 dalle truppe di Huang Chao (m. 884). All'epoca poteva essere di qualche secolo la diaspora ebraica in Cina. In Giappone si sono voluti identificare come ebrei gli heburai delle antiche fonti letterarie addetti alla cura dei cimiteri. Vera l'ipotesi, avrebbero potuto raggiungere l'arcipelago dalla Corea, entrandovi dalla Cina, dopo avere seguito la Via della Seta o per vie marittime dall'Oceano Indiano lungo le rotte meridionali della seta e delle spezie. Lo stesso vale per gli ebrei in Cina e per le comunità arabo-persiane di recente conversione all'islam, le quali non dovettero raggiungere il Celeste Impero solo per vie continentali. Ma è una storia ancora da scrivere.
9 dicembre 2014
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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