LE "LETTERE" DI MATTEO RICCI
di Andrea Marcelloni*
Lettere
Matteo Ricci
Curatela: Francesco D'Arelli
Quodlibet, 2001
€ 46,48
Roma, 11 apr. - Europa e Asia, Italia e Cina, nell'antichità sono sempre state lontane geograficamente e distanti culturalmente. Poco meno di duemila anni fa sulla terra esistevano due grandi imperi, quello romano e quello cinese, ma non essendoci i mezzi di comunicazione che conosciamo oggi non era possibile stabilire un contatto ed un legame diretto (anche se le merci viaggiavano da una parte all'altra e viceversa, attraverso lunghissimi scambi commerciali). Ad esclusione di qualche singolo ed isolato contatto, l'incontro vero e proprio tra le due “culture” - quella europea cristiana e quella cinese confuciana – lo si deve ai gesuiti, ordine fondato a Parigi da Ignazio di Loyola nel 1534 con lo scopo di portare la parola del Papa in Terra Santa e, successivamente, in altre aree esterne all'Europa. Tra queste, ovviamente, India, Giappone e Cina.
Non voglio dilungarmi qui in discorsi storici sulle missioni dei gesuiti in Asia e sui vari tentativi – spesso falliti – di penetrazione in Cina. Devo ricordare però che nel 1578 il gesuita Alessandro Valignano elaborò una nuova strategia per entrare nel regno di mezzo: bisognava studiarne la lingua e la cultura, rispettandone i valori culturali e spirituali. Inviò così due gesuiti nella colonia portoghese di Macao: Michele Ruggeri (considerato il primo sinologo europeo, fondatore della “Casa di San Martino”, la prima scuola di lingua cinese per stranieri) e Matteo Ricci, gesuita, scienziato, matematico e linguista.
Qui comincia l'avventura cinese di Matteo Ricci, maceratese di nascita (1552), studioso di astronomia, matematica, geografia e cosmologia e membro della Compagnia di Gesù.
Arrivato nel 1583 nel sud della Cina dalle Indie Occidentali (dove era stato inviato nel 1573), Ricci trascorse 18 anni prima di riuscire ad arrivare a stabilirsi nella capitale Pechino, dove vi rimase fino alla sua morte (1610). Grazie alla sua formazione ed allo studio della lingua e della cultura cinese egli riuscì a farsi aprire le porte della Cina riuscendo – per primo - a vincere non tanto la contrarietà dei cinesi ad una nuova religione, quanto la loro indifferenza ad essa e la loro fortissima chiusura verso gli stranieri. Così adottò il nome cinese di Li Madou, si vestì con abiti da letterato confuciano, parlò direttamente in cinese con i suoi interlocutori e presentò un cristianesimo “depurato”, in cui veniva mantenuto solamente il messaggio salvifico di Cristo, unico elemento ritenuto compatibile con la cultura della classe dominante. Per maggiori informazioni sull'attività evangelizzatrice di Matteo Ricci e sulla conoscenza che l'occidente ebbe dell'Impero cinese nel XVII e XVIII secolo vi rimando ad un altro testo, sempre edito da Quodlibet: “Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina”.
Le "Lettere” di Matteo Ricci invece, il libro che vi presento questa settimana, è una di raccolta di testi – 54 lettere ufficiali e familiari scritte tra il 1580 ed il 1609 – in cui l'autore si racconta e descrive, utilizzando spesso anche un linguaggio semplice e diretto, le proprie impressioni, opinioni e considerazioni. Tra queste, ciò che emerge maggiormente è la paura dei cinesi nei confronti dei “diavoli stranieri”, paura che il gesuita riesce – come abbiamo visto – a vincere: “Ricci rinuncia ai segni esteriori della propria identità di europeo (lingua, cibo, costumi, forme di relazione sociale) e non esita a metter da parte persino molti segni e simboli, che non ritiene essenziali, della propria fede religiosa.”
Ma le “Lettere” ci raccontano anche il Matteo Ricci uomo e non solo gesuita o missionario. Un uomo che spesso si trova ad affrontare in assoluta solitudine le insidie di un luogo in gran parte ignoto (dagli assalti dei predoni, alle malattie di ogni tipo, agli umori minacciosi dei funzionari imperiali). Un vero pioniere diremmo oggi, un uomo che diventò cinese tra i cinesi.
Molto interessanti anche l'introduzione ad opera di Filippo Mignini ed il saggio di Sergio Bozzola.
Vi aspetto in libreria.
Matteo Ricci (Macerata 1552, Pechino 1610). Originario di una nobile famiglia, iniziò gli studi nel 1561 presso il Collegio dei Gesuiti della città natale ed entrò nella Compagnia di Gesù nel 1571. Si dedicò poi a studi scientifici ed in particolare ad astronomia, matematica, geografia e cosmologia. Nel 1573 venne nominato “visitatore” delle missioni nelle Indie Occidentali, dove vi giunse nel 1578. Nel 1582 lasciò l'India per recarsi in Cina. Dapprima soggiornò nel sud, dove operò vestito da bonzo, poi, una volta assunti gli abiti da “mandarino”, nel 1601 arrivò a Pechino dove vi rimase fino al 1610, anno della sua morte.
Di Matteo Ricci, oltre alle “Lettere” oggi è possibile trovare in libreria, tutti editi da Quodlibet: “Descrizione della Cina” (2011), “Dell'Amicizia” (2010), “Dieci capitoli di un uomo strano” (2010), “Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina” (2010).
Su Matteo Ricci, invece, l'elenco è molto lungo. Ricordo qui: “Un gesuita nella città proibita. Matteo Ricci, 1552-1610” di Po-Chia Hsia (il Mulino, 2012), “Matteo Ricci. La strada dei sogni”, di Simona Bogagni, (Polistampa, 2010), “Matteo Ricci. Il chiosco delle fenici”, di Filippo Mignini (Il Lavoro Editoriale, 2009), “Matteo Ricci. Un gesuita alla corte dei Ming”, di Michela Fontana (Mondadori, 2008), “Oriente e Occidente negli scritti di Matteo Ricci”, di Gaetano Ricciardolo (Chirico, 2007).
*Andrea Marcelloni, sinologo, è il proprietario di Orientalia, la libreria di Roma specializzata in orientalistica. Si trova in via Cairoli, 63, nel cuore dell'Esquilino. Ogni settimana Andrea Marcelloni offrirà ai nostri lettori spunti di lettura.
11 aprile 2014
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