Di Emma Lupano
Milano, 17 giu. - La crescita delle città cinesi, iniziata nei tardi anni Ottanta, sta per fermarsi. «Quando anche l'ultima ondata di migrazioni sarà conclusa, nel giro di pochi anni, un miliardo di cinesi vivrà nelle aree urbane. Ci siamo quasi. A qual punto non ci sarà ulteriore crescita, ma solo spostamenti di residenti urbani da una città all'altra». La previsione di Jonathan Woetzel, statunitense ma residente a Shanghai al 1985, non è certo improvvisata, visto che Woetzel, esperto di energia, sostenibilità e pianificazione economica, è non solo il direttore di McKinsey China, ma anche di fondatore di Urban China Initiative, think tank con la missione di promuovere e sostenere ricerche di qualità sui problemi dell'urbanizzazione in Cina che unisce la stessa McKinsey, il Global Centre for East Asia della Columbia University e la School of Public policy and management dell'Università Qinghua di Pechino. Docente alla scuola di business della Jiaotong University di Shanghai, Woeztel è stato ospite di Meet the media guru a Milano, dove ha parlato delle sfide che le città cinesi devono affrontare.
Durante la presentazione, ha detto che quella dell'urbanizzazione cinese è una storia di lungo periodo. In che senso?
Per migliaia di anni la Cina e l'India sono state il centro dell'economia mondiale: se volevi vedere gli eserciti più potenti, le creazioni più innovative, gli eventi culturali più importanti, dovevi andare in Cina o in India. Le cose hanno cominciato ad andare male dal 1700 con un lungo declino, ma adesso la Cina sta tornando. Così la pensano i cinesi, e stanno facendo investimenti per arrivare a questo risultato. Sappiamo oggi che tutti i paesi ricchi sono urbanizzati. Quando gli europei passarono da una società prevalentemente rurale a una società sempre più urbanizzata, diventarono più produttivi e più industrializzati, e quindi più ricchi, mentre Cina e India sono rimaste indietro. È questa la "magia" dell'urbanizzazione, che non è una magia, ma è scienza. Adesso l'urbanizzazione sta investendo anche la Cina, anzi a dire il vero l'urbanizzazione è una storia globale, non solo cinese, è la storia di come lo sviluppo segue l'urbanizzazione, e già vediamo e sempre più vedremo la crescita di città anche nel continente africano e nell'America latina.
Perché questo avviene?
Le città sono "superlineari". Quando raddoppi la popolazione di una città, non raddoppi tutto il resto, generi due volte e mezzo in più di tutto il resto. Vale per tutto: l'economia, la società, il crimine, le invenzioni, il traffico: tutto aumenta di due volte e mezza, se la popolazione aumenta di due volte. Questo perché le città sono condivisione, si condivide tutto e questo permette di fare di più. Le città, a differenza degli esseri viventi, quando diventano più grandi diventano anche più veloci. Non a caso, quando ci troviamo in una città grande camminiamo più veloci, perché abbiamo più cose da fare, più persone da vedere. Se si va più veloce, si crea più attività. Tuttavia, la crescita delle città non è costante: vanno su e giù, su e giù, questo è il modello di crescita urbano. Poiché le città crescono in fretta, serve tempo per rispondere a tutte le istanze che la crescita genera, e non è detto che si riesca a rispondere altrettanto rapidamente. Tutto è connesso, infatti: se cresce il reddito, cresce il crimine, crescono i problemi ambientali. La città può continuare a crescere solo se prende in considerazione tutti questi aspetti. Le città sono la cosa più complicata che gli umani fanno.
Qual è stato il ritmo di crescita delle città cinesi, e quando finirà questa crescita?
Le città cinesi sono cresciute con l'economia cinese. Circa 150 milioni di persone vivevano in città negli anni 1970 e 1980, appena 50 milioni in più rispetto al numero di residenti urbani degli anni Cinquanta. Ci fu questo lungo periodo di crescita molto lenta e poi di colpo, nei tardi anni 80 e primi anni 90, ci fu una crescita esponenziale delle persone che vivevano in città. Le città anno cominciato a crescere fisicamente, raddoppiando, triplicando, quadruplicato il loro territorio. Le persone che la sera erano residenti rurali, andavano a dormire e al risveglio erano diventate residenti urbani. Questa fu la prima grande ondata, che portò 150 milioni di persone in più a fare parte delle città. Poi ci fu la crescita organica dovuta alle nuove nascite, e poi arrivano 200 milioni di migranti. Nel 2010, la popolazione urbana era così salita a 600 milioni di persone, e ora l'ultima ondata porterà il totale a un miliardo di residenti urbani. Anche in questo caso, si tratterà soprattutto di migranti provenienti da aree rurali: non saranno più le città ad allargarsi, visto che non hanno più spazio per farlo, ma saranno le persone a spostarsi. Le persone dovranno stare un po' più vicine, ci sarà maggiore densità.
A quel punto non ci saranno più migrazioni?
Le persone smetteranno di muoversi dalle campagne alle città e si muoveranno da città a città, come vediamo in ogni paese sviluppato. La maggior parte della crescita delle città, nei paesi sviluppati, dipende dalle migrazioni dei residenti urbani. Ci si sposta per andare in università, per cambiare lavoro, per andare in pensione. Oggi i cinesi hanno molte più opportunità di cambiare la propria vita, di scegliere cosa fare.
Che impatto sta avendo e avrà l'urbanizzazione cinese sul resto del mondo?
Presto la Cina sarà l'economia più grande del mondo, perciò chiaramente l'andamento della sua urbanizzazione rappresenta oggi un fattore immenso e importante non solo per la Cina, ma per tutti. Sappiamo più o meno come la Cina sarà in futuro. La Cina si sta riempiendo, perciò non vedremo emergere altre città enormi. Il Paese sarà invece composto probabilmente da una ventina di regioni urbane, ognuna grande quanto un paese europeo. La municipalità di Shanghai sarà la Francia, il territorio di Wuhan sarà la Polonia, la regione di Pechino e Tianjin sarà la Germania, e così via.
Uno dei problemi più pressanti delle città cinesi oggi è quello dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. Finora non sembra ci siano stati molti tentativi di integrazione, è così?
Il governo cittadino di Shanghai ha fatto sforzi per creare scuole che accolgano i bambini dei migranti. Integrare centinaia di milioni di persone che migrano dalle campagne alle città è una sfida enorme. La Cina è un fantastica storia di cambiamento, e ti chiedi come facciano a tenere tutto insieme. A volte ci riescono, a volte no. A Pechino, per esempio, la maggior parte delle scuole elementari si trova all'interno del quinto anello, mentre in realtà la richiesta di scuole sta crescendo al di fuori del quinto anello, dove vivono i bambini dei migranti. Oggi la Cina sta facendo i conti con il problema di dover fornire dei servizi a queste persone che sono virtualmente fuori dal sistema.
E poi ci sono l'inquinamento, l'inadeguatezza del sistema di assistenza sanitaria, la povertà, per citare solo alcuni dei problemi che le città cinesi devono affrontare.
Dal punto di vista dei dati, la Cina è molto più vicina all'Italia che all'India, allora perché la chiamiamo un paese in via di sviluppo?La Cina è sia un paese in via di sviluppo che un paese sviluppato. Circa 400 milioni di cinesi vivono in un Paese sviluppato; 800 milioni vivono in un Paese non sviluppato. La Cina deve trovare un nuovo equilibrio, e un nuovo modello economico. Dal punto di vista dei problemi urbani, sta cercando di fare qualcosa. Gli obiettivi sono ambiziosi. Per esempio c'è quello di garantire che, in futuro, il 90 per cento della popolazione sia coperta da un'assicurazione sanitaria. E poi ci sono i grandi progetti, la costruzione di sistemi di trasporto efficienti e a basse emissioni, il programma di energia eolica più grande al mondo, gli investimenti massicci nell'energia solare, gli sforzi per cominciare a promuovere una cultura del riciclo. Sui cinesi ho sentito di tutto: che non si curano dell'inquinamento, che non sono interessati ai diritti umani. Non è vero: i cinesi dicono che vogliono un lavoro sicuro, un ambiente pulito e poter mandare i figli a scuola senza temere che gli edifici crollino.
Questo sta cambiando il modo delle persone di partecipare alla cosa pubblica in Cina?
Ogni notte 300 milioni di persone sono collegate a QQ. Questa è la "democrazia" cinese: una conversazione che si svolge in tutto il paese costantemente. Quello che succede da una parte della Cina ha oggi eco dall'altra parte del Paese. A queste conversazioni, ormai, è necessario fornire delle risposte. C'è così tanto dinamismo dal basso che la dirigenza non può più far finta di niente e ignorare. Non a caso, ora i censori cinesi dicono che devono gestire i media, influenzarli: prima semplicemente dettavano ai giornalisti cosa dire oppure li bloccavano e basta. Oggi è tutto molto più complicato di prima. Ovviamente, il mio non è il punto di vista di un politologo. Ma guardando ai cambiamenti che stanno avvenendo in Cina e alla implicazioni che essi hanno nei confronti dell'amministrazione del Paese, io credo sia impensabile che il governo rimanga lo stesso per lungo tempo. Oggi vediamo sindaci che rispondono ai cittadini a telefono e in show televisivi, politici che cambiano progetti già approvati perché i cittadini dicono che non vogliono una fabbrica inquinante vicino a casa. Che poi questo si traduca o meno in democrazia e in "una testa un voto" è un'altra questione. Ma in 10-20 anni ci saranno cambiamenti, il governo non potrà rimanere uguale.
Nel frattempo, sta crescendo l'attivismo dei privati e delle organizzazioni non governative cinesi.
A differenza di quanto si crede, il modo in cui funziona la Cina è molto bottom up. Negli ultimi anni stiamo vedendo un incoraggiamento a fare di più rivolto dal governo al settore privato e alla società civile cinesi. Certo, il governo ha un atteggiamento ambivalente rispetto alle ONG, da una parte dice che la società civile e il settore privato devono fare di più, dall'altra che bisogna controllare quello che il settore privato fa. È evidente che non si possono avere entrambe le cose. Allo stesso modo, è evidente che il governo da solo non può gestire tutti i problemi che la Cina urbana ha. Cito solo il caso del terremoto del Sichuan nel 2008: metà degli aiuti giunsero da persone che semplicemente decisero di andare in Sichuan a dare una mano. Così, quello che sta succedendo è che stanno succedendo molte cose che non sono ufficialmente regolamentate.
Può citare uno dei tanti progetti realizzati in questi anni da Urban China Initiative?
Lo studio sulla domanda di scuole elementari a Pechino è parte di un progetto di ricerca interuniversitario finanziato da UCI. Ora, anche sulla base dei nostri risultati, la creazione di nuove scuole fuori dal quinto anello è entrata a far parte del XIII piano quinquennale del governo di Pechino.
17 GIUGNO 2016
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