LA CINA VEDE MEGLIO DELL'OCCIDENTE

LA CINA VEDE MEGLIO DELL'OCCIDENTE

Milano, 09 set. - Henry Kissinger nel suo ultimo libro On China (peraltro una grande lezione di geopolitica e di cultura cinese) dice che le relazioni tra stati sovrani sono basate solo sulla convergenza (o divergenza) di interessi nazionali veri e non su motivazioni ideali o ideologiche.

 

Mostra, con dovizia di particolari, come l'avvicinamento epocale tra Cina e Stati Uniti voluto da Mao e da Nixon (con Kissinger prima Advisor del Presidente e poi Segretario di Stato) fu proprio basato sul comune interesse a contenere l'imperialismo sovietico nonostante le divergenze ideologiche fortissime (Cina comunista vs Stati Uniti capitalisti e liberisti).

 

Questa convergenza di interessi, contro l'Unione Sovietica, derivava da un fatto oggettivo (l'imperialismo russo), ma anche dalla capacità di visione strategica a lungo termine dei due leader.

 

Capacità di visione strategica significa capacità di vedere dove "sta andando il mondo" e come gli altri "attori" con cui ci si misura si stanno muovendo. I grandi leader però non sono solo degli "scrutatori del futuro", ma hanno anche una forte capacità di progettare una direzione di marcia per la propria parte (stato, azienda, organizzazione, ecc.) con un obiettivo di lungo termine (visione strategica obiettivo).

 

Dai racconti di Kissinger emerge che Mao (forse più di Nixon) aveva sicuramente chiaro dove voleva portare la Cina nel lungo termine (un paese indipendente e laboratorio di una rifondazione sociale). Nixon pensava comunque a mantenere il ruolo di grande potenza degli Stati Uniti.

 

La dirigenza che ha sostituito Mao ha saputo poi, visto l'esito catastrofico della rotta scelta dal Grande Timoniere, sostituire progressivamente alla visione maoista una nuova visione di lungo termine che, a parte le connotazioni "ideologiche" (socialismo di mercato et similia), vuole fare della Cina "il membro disciplinato della comunità internazionale più responsabile, più civilizzato e più rispettoso della legge". Questo lo dice Dai Bingguo, membro dello State Council e funzionario di più alto grado con incarico di supervisione della politica estera (cito dal libro di Kissinger).

 

La Cina ha quindi una visione obiettivo di lungo termine che intende realizzare. Questa visione è sicuramente "condivisa " dalla leadership, ma anche forse (sia pure in modo approssimato) da una parte maggioritaria dei cittadini. Questo obiettivo comune "di ordine superiore" permette di assegnare priorità e risolvere conflitti sulle scelte "ordinarie" del governo del Paese.

 

Se questo è ciò che sta facendo la potenza emergente, con gli Stati Uniti che continuano ad avere una visione obiettivo di continuare ad essere una superpotenza, mi faccio alcune domande.

 

Dove sta andando l'Europa nel lungo termine (diciamo trent'anni)?

 

Al di là di generiche affermazioni di voler diventare la società leader della conoscenza, non vedo né una chiara visione, né una chiara strategia di lungo termine per l'Europa. Il dibattito in corso (a volte molto acceso) è vicino alle beghe di condominio (chi decide che cosa, chi conta nelle decisioni, chi paga per che cosa, ecc.) più che alle sane e inevitabili divergenze sulla visione di lungo termine.

 

Dove stanno andando gli altri Paesi del mondo?

 

Dalla Cina agli altri BRICS, tutti i Paesi emergenti hanno visioni ed obiettivi chiari: crescere, arricchirsi, affermare il proprio posto nella comunità mondiale. Più o meno gli obiettivi che aveva l'Italia nel dopoguerra.

 

Sono obiettivi, più che una vera visione strategica di lungo termine, quasi sempre condivisi dalla stragrande maggioranza della popolazione. Sono obiettivi che motivano e scatenano energie. Sono obiettivi che permettono di dare priorità all'azione di Governo e anche di risolvere più facilmente i conflitti interni nel nome di un chiaro e facilmente distinguibile interesse superiore del Paese. È ovvio che sono obiettivi "facili" perchè di grande interesse immediato per la maggioranza della popolazione.

 

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, come ho già detto prima, hanno ancora forte la volontà di essere una superpotenza ed inoltre è ancora forte la visione del "sogno americano", peraltro sempre alimentato dai continui arrivi di immigrati.

 

Quali sono gli interessi strategici dell'Europa? Quelli dei suoi "concorrenti": Cina, Stati Uniti, India, ecc.?

 

L'Europa, se non vuole essere marginalizzata e rassegnarsi a un lungo declino più o meno dorato, deve prendere atto che in un mondo globale deve agire unita e sopratutto deve avere una sua visione strategica di lungo periodo da affermare. Essendo il Paese che è probabilmente il più avanzato in termini di formulazione di ideali sociali e di missione della società, il compito di formulare una visione strategica forte, ampiamente condivisibile dai cittadini europei, che dia una tensione morale forte per costruire un mondo migliore e che eviti di ricondurre il tutto all'essere appendice della Borsa, non è certo un compito facile. Proprio per questo è tempo di iniziare. Peraltro pensare di uscire dalla crisi attuale - credendo che sia ciclica e non strutturale e anche probabilmente epocale - solo con manovre economiche o di governance, è veramente illusorio.

 

Inoltre va considerato che gli interessi strategici dei "concorrenti", in un gioco geopolitico che è sempre a somma zero, sono di conquistare i propri spazi a spese dei "deboli". E l'Europa oggi è debole!

 

In questo contesto geopolitico, quale dovrebbe essere la visione strategica dell'Europa sopratutto vis à vis la Cina? E l'Italia?

 

L'Europa, con l'epoca dei Lumi, ha dato al mondo alcuni dei più grandi ideali moderni. Sono ancora validi oggi? O non è forse tempo di ritenere che oramai siano patrimonio di tutti (più o meno realizzati) e che sia tempo non solo di "difenderli", ma anche di pensare a che cosa vogliamo fare con la società dei post (post-industriale, post-moderna, post-globalizzazione, post-recessione, ecc.)?

 

Non possiamo però solo pensare alle regole di convivenza. Questo però è quello che fanno più meno tutti i governi europei e la Commissione Europea stessa: le beghe di condominio di cui sopra. Dobbiamo cominciare a discutere della visione!

 

Se solo vogliamo rispolverare la visione di Lisbona, Europa leader della società della conoscenza, dobbiamo cominciare a dibattere a livello teorico che cosa voglia dire conoscenza (per tutti?) e perchè sia interessante per tutti. Quando i rivoluzionari francesi chiedevano liberté, egalité et fraternité, il contadino francese capiva al volo che era qualcosa di buono anche per lui. L'impiegato di banca di oggi (mi scuso con gli impiegati di banca) perché deve credere che costruire una società della conoscenza sia una cosa buona anche per lui e non solo per le società di informatica che gli scodellano sistemi informativi che lo torturano giorno dopo giorno?

 

Forse bisognerebbe teorizzare che conoscenza è un importante passo verso la felicità e che nell'evoluzione dei nostri bisogni - secondo la scala di Maslow - gli ideali della rivoluzione francese stanno solo nei gradini intermedi. I bisogni "alti" che ci attendono sono quelli della piena realizzione di noi stessi. E la conoscenza ne è un passaggio essenziale.

 

Dopo l'elaborazione e la discussione occorre poi mettere a punto programmi di realizzazione nei quali si comprenderà anche che costruire una società della conoscenza comporta una finalizzazione e una forte rivitalizzaziome di tutti i settori economici dell'Europa.

 

Questo è solo un esempio. Altre possono essere le visioni strategiche per l'Europa.

 

Anche l'Italia può contribuire alla costruzione di questa visione  europea costruendone una propria.

 

Ad esempio l'Italia è maestra riconosciuta di saper vivere dai tempi di Petronio, Orazio (carpe diem, ricordate?), Lucullo e senza soluzione di continuità attraverso lo splendore dei Comuni, il Rinascimento, il Barocco papale, il Settecento veneziano. E se volessimo essere la società leader al mondo in saper vivere?

 

Saper vivere significa innanzitutto libertà, uguaglianza e fraternità.

 

Significa anche tolleranza e convivenza.

 

Significa diritto dei più deboli.

 

Significa però anche conoscenza in tutti i campi: dalla scienza all'umanesimo.

 

Significa sfide cognitive avanzate in tutti i campi di ricerca.

 

Significa conoscenza e maturità psicologica individuale e collettiva.

 

Significa coltivare le tradizioni e l'ambiente.

 

Significa cultura del passato e del futuro.

 

Significa tecnologia avanzatissima per poter vivere meglio (salute, robot, intelligenza artificiale, ecc.)

 

Tutto per vivere meglio!

 

Se veramente raggiungessimo l'eccellenza in tutti i campi e le scienze precedenti e quindi saremmo veramente migliori nel saper vivere, quanto sarebbe florida anche la nostra economia? Quanti turisti, scienziati, studenti vorrebbero venire a vivere da noi? Quanto saremmo veramente competitivi? Anche nei confronti della Cina!

 

di Paolo Borzatta

 

The European House-Ambrosetti

 

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