Dal 7 aprile è disponibile in libreria L'Islam in Cina. Dalle origini alla Repubblica Popolare, di Francesca Rosati, L'Asino d'oro edizioni. Per gentile concessione dell'editore, AgiChina pubblica un estratto del libro.
Scheda
Questa è una storia tutta da raccontare, l'Islam penetrò in Cina già due secoli dopo la morte di Maometto, attraverso i percorsi terrestri e marittimi della Via della Seta, articolandosi in una pluralità di tradizioni locali. Il contributo scientifico e intellettuale dei musulmani trovò il plauso degli imperatori, divenendo parte del patrimonio culturale cinese, a testimonianza della compiuta trasformazione dei devoti di Allah da "ospiti stranieri" a "cinesi musulmani'"– Hui. Nel Celeste Impero, il dialogo tra Islam e confucianesimo raggiunse sublimi livelli di sintesi filosofica nell'opera dei letterati dello Han Kitāb; mentre il misticismo musulmano della tradizione arabo-persiana predilesse il linguaggio simbolico del taoismo e del buddismo. Se al tramonto dell'impero il confronto tra musulmani e governo fu spesso violento, nei primi anni della Repubblica, il fervore patriottico degli Hui animò il dibattito sulla costruzione della nazione, gettando le basi teoriche della suddivisione della 'ummah cinese in 'minoranze etniche', affermatasi con Mao Zedong. Oggi, il rapporto tra le comunità islamiche e il regime comunista è percepito in Occidente nei termini di un confronto violento. Tuttavia, la vicenda dell'Islam nella Cina contemporanea è soprattutto il frutto di delicati processi di negoziazione, nello sforzo di conciliare la fede nel messaggio coranico con quella nel socialismo cinese.Questa è una storia tutta da raccontare, l'Islam penetrò in Cina già due secoli dopo la morte di Maometto, attraverso i percorsi terrestri e marittimi della Via della Seta, articolandosi in una pluralità di tradizioni locali. Il contributo scientifico e intellettuale dei musulmani trovò il plauso degli imperatori, divenendo parte del patrimonio culturale cinese, a testimonianza della compiuta trasformazione dei devoti di Allah da 'ospiti stranieri' a 'cinesi musulmani' – Hui. Nel Celeste Impero, il dialogo tra Islam e confucianesimo raggiunse sublimi livelli di sintesi filosofica nell'opera dei letterati dello Han Kitāb; mentre il misticismo musulmano della tradizione arabo-persiana predilesse il linguaggio simbolico del taoismo e del buddismo. Se al tramonto dell'impero il confronto tra musulmani e governo fu spesso violento, nei primi anni della Repubblica, il fervore patriottico degli Hui animò il dibattito sulla costruzione della nazione, gettando le basi teoriche della suddivisione della 'ummah cinese in 'minoranze etniche', affermatasi con Mao Zedong. Oggi, il rapporto tra le comunità islamiche e il regime comunista è percepito in Occidente nei termini di un confronto violento. Tuttavia, la vicenda dell'Islam nella Cina contemporanea è soprattutto il frutto di delicati processi di negoziazione, nello sforzo di conciliare la fede nel messaggio coranico con quella nel socialismo cinese.
Premessa
di Federico Masini
La storiografia di ogni paese, in particolare in Occidente, ha sempre teso a considerare gli eventi storici all'interno dei propri confini nazionali, relegando le popolazioni straniere o 'barbare' nel ruolo di disturbo al proprio processo di sviluppo e di crescita. Troppo spesso abbiamo pensato di vivere in paesi chiusi all'interno di proprie logiche culturali, politiche e
soprattutto religiose. Più di recente si è fatto ricorso al concetto di globalizzazione per descrivere fenomeni – ritenuti nuovi – di interdipendenza tra fatti che avvenivano in diverse parti del globo. Grazie alla globalizzazione ci siamo accorti che eventi, scelte politiche ed economiche prese in India possono influenzare dinamiche sociali in Australia,oppure quello
che accade in Cina determina lo sviluppo di isolate regioni italiane. Ci si è resi conto – spesso a forza – che il mondo è uno solo e che gli scambi e i commerci in questi ultimi decenni non seguono logiche regionaliste, ma ci costringono a pensare anche a quanto avviene in altre parti del mondo.
In realtà tutto questo non è una novità, è sempre stato così: è solo che adesso sembriamo accorgercene davvero. Duemila anni fa, a Roma, Plinio rampognava le donne romane perché spendevano troppi sesterzi per la seta proveniente dalla Cina; mille anni dopo il papa inviava missionari e mercanti (fra cui Marco Polo) in Cina per cercare alleanza con i Mongoli contro la crescente minaccia islamica, e pochi secoli dopo il cristianesimo cercava di svilupparsi in Asia e in Cina per sostenere la crescita economica delle proprie compagnie commerciali prima portoghesi e spagnole e poi, nell'Ottocento, inglesi e americane; in Europa si diffondeva il sistema degli esami di ispirazione cinese, il tè diveniva la bevanda caratteristica dell'Inghilterra e in Cina iniziavano a correre i primi treni di fabbricazione europea. Il mondo è sempre stato globalizzato, sin dalla più remota antichità, solo la velocità di tali processi è aumentata di pari passo con lo sviluppo delle comunicazioni e dei trasporti.
Quell'unico, grande continente che tendiamo a dividere in due parti, Europa e Asia, è sempre stato unito; su di esso hanno viaggio persone, idee e cose fin dall'antichità. La seta cinese arrivava a Roma e i cavalli romani giungevano in Cina; le religioni venivano dall'Oriente e si diffondevano in Occidente, come il cristianesimo, o andavano dall'Occidente all'Oriente, come avvenne per l'Islam. Nata nella penisola araba, la fede islamica si è diffusa a est e a ovest raggiungendo a oriente l'Indonesia, oggi il più grande paese musulmano al mondo, e la Cina. In questo continuo movimento di merci e persone, le idee e i credi religiosi si sono dovuti adattare alle diverse condizioni delle realtà nelle quali arrivavano e più erano capaci di adattamento e maggiori erano le loro possibilità di diffusione. Esemplare fu il caso del cristianesimo e dell'Islam in Cina. Mentre il primo, per la sua rigidità dottrinale, ha sempre faticato a trovare uno spazio nella complessa realtà culturale e filosofica cinese, l'Islam è riuscito a crearsi un ruolo specifico in quella società, diventandone parte integrante, in un'eterna lotta fra assimilazione culturale e conservazione di una propria identità religiosa, separata dall'ambiente cinese.
Il libro di Francesca Rosati è la prima completa trattazione della storia dell'Islam in Cina stampata in Italia. Il libro ripercorre con attenzione le tappe della diffusione della religione islamica dalla dinastia Tang (618- 960) fino ai nostri giorni, illustrando come tale religione, grazie alla vicinanza della Cina con l'Asia centrale, abbia progressivamente occupato un ruolo specifico nel contesto culturale e sociale cinese, ben attenta a non provocare, se non raramente, reazioni espulsive da parte dello Stato, che difficilmente ha percepito l'Islam come una minaccia alla stabilità e unità, prima imperiale e ora statale. Trasformatosi in una componente culturale delle cosiddette etnie musulmane in epoca comunista, ma accomunate sotto la denominazione di Hui durante l'impero, la fede islamica è diventata anzi uno strumento per avvicinare la Cina ai paesi musulmani, ravvivando quegli scambi sulla Via della Seta che avevano fatto grande, appunto, la dinastia Tang e tutte quelle che a essa si erano ispirate nello spirito eclettico di apertura culturale.
La storia cinese, come quella dei nostri paesi, ancora una volta dimostra come solo la disponibilità alla conoscenza e agli scambi è garanzia di sviluppo culturale e sociale, mentre la chiusura ideologica e l'indisponibilità all'interazione possono provocare solo danni. Ci auguriamo che questo libro possa quindi fornire un contributo alla conoscenza di quel mondo, musulmano o cinese, che vive intorno a noi e del quale, sappiamo ancora poco.
AUTORE
Francesca Rosati si laurea nel 2002 presso la Facolta di Studi Orientali de La Sapienza di Roma, discutendo una tesi sulla storia e l'architettura islamiche della Cina imperiale. Nel 2009 completa un Master in etnologia presso l'Università Cheng-chi di Taiwan, con uno studio sulle scuole Coraniche femminili della città di Linxia (Gansu meridionale), dove conduce ricerche sul campo da più di dieci anni. Attualmente è impegnata in un dottorato presso il Centro di Ricerca sulla Cina Moderna e Contemporanea dello EHESS e l'Istituto di Studi di Area per l'Asia ed il Medioriente dell'Università di Leiden, che porta avanti viaggiando tra Roma, Parigi, Linxia e Leiden.
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