di Adolfo Tamburello*
Napoli, 11 mar. - Wanyan Aguda (1068-1123), fondatore della potenza dei jurchen, era stato in gioventù collaboratore ed erede del padre e di un fratello di sangue nell’impresa di riunificare i gruppi tribali tungusi della Manciuria, alcuni dei quali discendenti dalle lontane aristocrazie dei regni di Koguryo e Parhae (cin. Bohai). Nel 1115 si ribellava ai Kitan dei Liao che li avevano sottomessi da un quarto di secolo e fondava col nome di Taizu l’impero dei Da Jin, i “Grandi Auri”, dal nome del fiume eponimo Anchuhu, così chiamato per le sue sabbie aurifere.
Nel 1120 assediava Shangjing, la capitale settentrionale dei Liao, e il suo successore Taizong (Wanyan Sheng, r. 1123-1135) debellava i Liao nel 1125 in un’alleanza coi Song che si protraeva dal 1121 ma che rescindeva a vittoria ottenuta mettendosi in guerra contro di loro. Nel 1127 i Song erano costretti a lasciare la distrutta Kaifeng e ripiegare a meridione alla ricerca di una capitale per il loro secondo impero.
Intanto i Jin avevano sottomesso nel 1124 anche gli Xi Xia, vassalli dei Liao, e la loro potenza si era ulteriormente estesa al Nord-Ovest su una congerie di popolazioni tunguse, mongole, turche, tanguse, tibetane e una schiacciante maggioranza di cinesi, in alto numero schiavi e servi. I regimi andavano da quelli nomadi a quelli pienamente sedentari a economie ben diversificate: semplificando, dalla caccia, pesca e raccolta delle aree costiere, fluviali e lacustri a quelle dei cacciatori e allevatori di cavalli delle foreste, dei pastori delle steppe e degli allevatori di bestiame delle zone pedemontane e delle pianure. Su queste il contadinato della tradizione agricola cinese rimaneva minacciato dalle terre in conversione a pascoli.
I Jin, tuttavia, valutavano positivamente il ruolo dell’agricoltura e delimitarono le aree agricole intraprendendovi bonifiche, dighe, canalizzazioni. Decisi a mantenere il loro impero sì come una potenza militare ma di uno Stato preminentemente sedentario, ne demarcarono i confini con nuovi tratti della Grande Muraglia per una lunghezza di circa 2000 km. L’organizzazione ereditata dai Liao (e già di eredità cinese) fu articolata attraverso cinque capitali murate, preposte ad altrettanti territori distinti per etnie di vertice, ma su sistema prefettizio cinese.
Kitan e cinesi collaborarono necessariamente all’amministrazione dello Stato, benché la maggioranza delle aristocrazie jurchen tenesse alle proprie posizioni di privilegio e conservasse distinta l’identità nazionale, pur favorendo le unioni miste delle masse specie coi cinesi, tanto che nel giro di vent’anni un milione e mezzo di jurchen immigrati erano in via di sinizzazione, con un altro milione e mezzo di etnie minoritarie non tunguse che pure entravano in Cina e adottavano usi e costumi cinesi.
Il processo di sinizzazione fu però rapido anche presso la nobiltà e poco valse che l’imperatore Xizong, lui letterato confuciano e poeta, fosse rigido conservatore della nazionalità dei nobili: dedito all’alcol, si addossò molte esecuzioni di jurchen ai suoi occhi troppo sinizzati e fu ucciso da una congiura di nobili e parenti che elessero nel 1150 suo successore Wanyan Liang più che malato di Cina.
Questi, passato alla storia come Hailing wang (“re” o “principe” Hailing), per primo atto di governo fece trucidare 155 principi sterminando varie famiglie jurchen. Fautore di una piena sinizzazione, lasciò nel 1153 la capitale Huining in Manciuria, che fece poi distruggere nei suoi palazzi e nelle dimore jurchen, per trasferirsi a Yanjing (odierna Pechino), rifacendo Kaifeng come sua capitale meridionale. Intanto revocava il divieto emanato da Xizong di indossare abiti di foggia cinese, istituiva gli esami concorsuali per l’accesso alle cariche pubbliche, fondava un’Accademia “Hanlin” e imponeva il cerimoniale cinese fino alle liturgie degli altari del Cielo e della Terra.
Nel 1961, titolatosi a un trono unificato del Celeste Impero, mentre due rivolte erano scoppiate in Manciuria, l’una kitan e l’altra di nobili jurchen capeggiata da Wanyan Yong, cugino di Hailing, - per sedare le quali parte dell’esercito era risalito al nord -, Hai Ling volle attaccare i Song, restandone sconfitto nelle epiche battaglie navali di Tangdao e Caishi sul Fiume Azzurro. Trovò la morte alla fine dello stesso anno in una congiura ordita dai suoi generali, e di cui rimase vittima nella capitale anche il figlio nominato erede al trono.
Il suo successore, il vincente Wanyan Yong, che assumeva il trono col nome di Shizong (r. 1161-1189), preso atto della situazione venutasi a creare con la rotta di Hailing e la rivolta dei Kitan domata solo nel 1164, aderì al trattato di Longxing che restituiva ai Song la sovranità che era stata loro strappata nel 1142. Seguiva un periodo di relativa pace e prosperità per l’impero, e Shizong passava alla storia come un restauratore dei regni leggendari di Yao e Shun.
Equanime ed equilibrato nei confronti della civiltà cinese, amante in generale della cultura, Shizong fece tradurre e stampare molti testi cinesi in lingua jurchen, ricostituì l’Accademia e stabilì in lingua jurchen il sistema dei nuovi esami.
I Jurchen non avevano conosciuto una propria scrittura; quella kitan era stata introdotta col vassallaggio ai Liao e quella cinese era stata poco coltivata dalle elite di costumi ancora tribali. Nel 1119-20 un consigliere di Aguda. Wanyan Xiyin, aveva elaborato un primo lessico di circa 720 “grandi caratteri”, costruiti su quelli kitan, ma che non avevano ancora formato una scrittura “ufficiale”; quest’ultima era stata promulgata sotto Xizong nel 1138 e, tramandata di sua personale invenzione, era stata ufficializzata coi suoi “piccoli caratteri” dal 1145 ed entrata largamente in uso dal 1164, quando sotto il regno appunto di Shizong (r. 1161-1189) fu intrapreso il programma di traduzioni dal cinese di classici sia confuciani sia taoisti e di libri di testo per i nuovi esami.
Sotto il successore Zhangzong (r. 1189-1208) che sposò una donna cinese, fu promulgato nel 1201 il codice noto come Taihe ancora ispirato alla legislazione Tang (618-907). Questo regno si chiudeva con quella che sarebbe stata l’ultima delle guerre vincenti dei Jin contro i Song, che, nel 1206-07, tentavano un’azione di riconquista, ma recedevano di fronte alle cariche delle cavallerie Jurchen, piegandosi a nuove ed esose tributarietà.
Intanto incombeva su Jin e Xi Xia la minaccia dell’espansione dei Mongoli in rapida rimonta sui dominanti Jurchen dalla fine del secolo XII. Dal 1205, con Gengis Khan (1167-1227), i Mongoli si riversavano contro gli Xi Xia che addivenivano a patti nel 1209, ma per un’effimera tregua. Nel 1215 i Mongoli, in guerra aperta coi Jin, espugnavano la capitale Yanjing che radevano al suolo e i Jin ripiegavano su Kaifeng, contando di far lega comune coi Song, ma costoro dal 1221 si alleavano coi Mongoli, mentre questi occupavano il Gansu e riprendevano la lotta contro gli Xi Xia ad aggiramento dei Jin. La capitale Ningxia cadeva nel 1227 pochi giorni dopo la morte di Gengis Khan e, per la circostanza, diventava terra bruciata con l’olocausto della sua popolazione. I Jin erano definitivamente annientati nel 1234 con l’intervento dal Sud dei Song Meridionali che speravano ottimisticamente di recuperare Kaifeng.
11 marzo 2015
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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