Di Adolfo Tamburello
Napoli, 25 ago. - Sono occorsi ben 426 anni perché disponessimo di una traduzione italiana del testo latino sulla missione a Roma compiuta fra andata e ritorno negli anni 1582-90 da sette adolescenti e giovani cattolici giapponesi sotto l'egida della Compagnia di Gesù per iniziativa e su organizzazione di Alessandro Valignano, allora visitatore generale delle Indie Orientali. Sfumata all'epoca un'edizione almeno integrale in lingua giapponese e forse pure cinese, l'opera ha dovuto attendere il Novecento per avere le prime traduzioni complete in lingue moderne: in giapponese nel 1942, in portoghese nel 1997 e per seguire quella inglese del 2012. Sarebbe interessante conoscere l'eventuale eco avuta dal testo in Cina.
Ne pubblica ora l'edizione italiana l'Olschki di Firenze in un volume a cura di Marisa Di Russo e nell'attenta traduzione di Maria Assunta Airoldi, perspicace presentazione di Dacia Maraini. È un volume dall'apparato informativo e critico di grosso spessore, accompagnato di documenti e costellato di preziose note al testo sia per la parte giapponese e cinese che per quella dei paesi attraversati lungo l'oceano Indiano e l'Atlantico fino in Europa e le città qui visitate: si rivelerà molto utile a chi voglia approfondire le conoscenze sia sulla missione sia sul periodo storico e le relazioni correnti all'epoca fra l'Estremo Oriente e l'Europa. Selezionato e di accurata scelta il corredo illustrativo in bianco e nero nel testo e tavole a colori fuori testo con immagini rare e spesso di primo incontro; di puntuale orientamento è la dettagliata cronologia e la bibliografia molto aggiornata.
L'edizione originale dell'opera latina, stampata a Macao fra il 1589-90 al ritorno dal viaggio e nella lunga sosta prima del rimpatrio dei suoi membri, fu dovuta anch'essa a Valignano e alla sua previdenza di farsi portare dalla missione un'apparecchiatura tipografica completa di caratteri, la quale inaugurava in Cina e Giappone la stampa europea coi caratteri mobili. L'opera, assemblata preliminarmente in varie lingue coi diari e appunti dei giovani viaggiatori giapponesi e tanto materiale attinto a varie fonti, fu composta in latino in forma dialogica dal gesuita portoghese missionario residente in Cina e Macao Duarte De Sande sotto la supervisione dello stesso Valignano cui si ascrive la complessiva paternità del testo. Leggiamo nella presentazione di De Sande: "… piacque allo stesso Padre [Valignano] che avesse forma non di una narrazione cronologica che avrebbe potuto in qualche modo annoiare, ma di dialogo in cui fossero presentati i seguenti personaggi: gli ambasciatori Mancio e Michele, i loro compagni Martino e Giuliano e inoltre Leone e Lino […]. Leone e Lino, sebbene mai usciti dal Giappone e ignari fino a quel momento delle nostre cose, fanno molte domande agli altri che sono venuti a conoscerne tante e quelli rispondono esaurientemente".
Il lettore noterà che i nomi menzionati dei vari personaggi sono tutti quelli di battesimo; omessi sono quelli di Costantino, Agostino e Jorge de Loyola, i primi due aggregati al gruppo dei quattro legati in qualità di aiutanti o paggi, più che attivi e intellettualmente operosi nella missione e per l'opera; l'ultimo, partito appena ventenne in qualità di precettore, moriva a Macao prima del rientro del gruppo. Costantino, scrive Marisa Di Russo: "Esiliato a Macao con Martino nel 1614, fu ordinato sacerdote a Malacca nel 1616 e due anni dopo nominato superiore del seminario nel collegio di san Paolo a Macao dove morì il 3 luglio 1620"; Jorge de Loyola, a sua volta, "fu di grande aiuto a Valignano che aveva pensato di affidargli il compito di tradurre in giapponese il De Missione, ma la sua morte prematura, avvenuta il 16 agosto 1589, vanificò il progetto del Visitatore".
Frutto già maturo dell'apostolato gesuitico intrapreso da Francesco Saverio in Giappone dal 1548 a cinque anni dal fortuito approdo dei primi portoghesi nell'arcipelago, l'arrivo a Macao nel 1582 della missione in proseguimento per l'Europa e nella sua prolungata sosta nella città prima di prendere il mare per Malacca, aveva destato meraviglia e stupore nei macaensi civili e religiosi che avevano alle loro spalle e sotto gli occhi il confronto di una Cina ancora inospitale verso i religiosi europei. Era stato il cruccio di Valignano congedarsi nel 1579 da Macao per la sua prima visita del Giappone lasciando il Celeste Impero ancora risoluto nella sua chiusura alla cristianità e nella sola attesa che i nuovi confratelli da lui intanto chiamati dall'India riuscissero finalmente a schiudersi un varco presso le autorità cinesi. Nel 1582, riapprodando a Macao con la missione alla volta dell'Europa, constatava la miglior piega che prendeva la causa gesuitica sul continente: in quell'anno Michele Ruggieri e Francesco Pasio potevano prolungarvi per qualche mese la permanenza e preordinavano la prima missione cattolica dell'età moderna nell'entroterra cinese, mentre nello stesso anno anche Matteo Ricci raggiungeva Macao e si apprestava a entrare in Cina studiandone la lingua giorno e notte.
Valignano, impedito ad accompagnare la missione in Europa, attendeva in India il rientro della stessa e nel 1588 tornava a Macao riaccompagnandola con le nuove reclute di giovani gesuiti europei che vi si erano aggiunte. L'anno precedente il Giappone aveva assistito alle prime persecuzioni e proscrizioni della cristianità indette da Hideyoshi, e la protratta sosta forzata nella città portoghese era utilmente spesa anche nell'allestimento della tipografia e la stampa di una prima opera che precedeva quella del De Missione in fase di avanzata stesura e ultimazione.
Erano i primi anni della missione cinese di Ruggieri e Ricci e i promettenti successi che prospettava erano tali che Valignano già progettava l'invio di un'ambasceria pontificia a Pechino per perorare la quale disponeva il rientro di Ruggieri in Europa. Sarebbe stato comprensibilmente coinvolto nell'ambasceria Filippo II di Spagna e Portogallo con le sue flotte, ma la disfatta della sua Invincibile Armata intervenuta proprio quell'anno vanificava il progetto.
Si aggiungeva Hideyoshi negli immediati anni seguenti a oscurare il clima favorevole all'apostolato in Cina e Giappone, col richiedere sia il vassallaggio delle Filippine spagnole sia delle isole tributarie dell'impero Ming, e nel 1592 con le prime spedizioni in Corea nel disegno di una più larga conquista armata. Ne soffriva a breve tempo anche Macao e l'apostolato in Cina nel diffuso timore delle autorità Ming di connivenze e spionaggio di portoghesi e religiosi cattolici a favore del Giappone.
C'è da chiedersi se il De Missione avesse una parte sia pure in misura solo concorrente all'inasprimento di Hideyoshi tanto verso il cattolicesimo quanto nei riguardi delle potenze europee una volta venuto a conoscenza dell'opera. Valignano, rientrato a Nagasaki con l'intera delegazione nel 1590, era ricevuto con gran pompa da Hideyoshi a Kyoto l'anno dopo quando gli si presentava come ambasciatore del viceré delle Indie. Come prendeva il despota l'incondizionato panegirico di cui certo gli era venuta voce che i giovani connazionali reduci dal viaggio avevano fatto e venivano facendo degli Europei e di paesi come la Spagna e il Portogallo ora minacciosamente vicini e in procinto, a detta di molti, di voler conquistare la Cina? Possiamo solo immaginare le sue reazioni, per esempio, al negativo confronto che gli poteva essere letto sul "commercio degli europei tra loro e con altri popoli. Non se ne curano invece i nostri giapponesi…": "gli europei, mai sazi della ricchezza dei propri regni, per commerciare percorrono tutte le terre, solcano tutti i mari, cercano ogni mezzo per arricchire e rendere più bella la loro patria…". La stessa Cina era piena di ricchezze, come avevano constatato ed erano venuti scrivendo i giovani legati visitata la sola Macao. Non era il caso che il Giappone e lui in persona affermassero la propria egemonia anticipando la stessa Spagna nella conquista della Cina? Dato di fatto è che intraprendeva l'anno dopo l'invasione della Corea con le operazioni di guerra che si protraevano fino alla sua morte mentre rinnovava gli editti di persecuzione e proscrizione del cristianesimo dal paese nel 1597.
Da lì a qualche anno, le nuove informazioni raccolte sull'impero Ming di fonte prevalentemente ricciana e riversate nel De Missione ("Colloquio XXXIII sul Regno di Cina, le sue usanze e il governo") erano estrapolate da Richard Hakluyt per le Principall Navigations, la cui parte specifica pubblicava in inglese a Londra nel 1599. Fino ad allora l'Europa non era stata così bene informata sulle risorse della Cina, e per saperne di più avrebbe dovuto attendere il 1615 per leggere le memorie di Ricci pubblicate in quell'anno dal gesuita Nicolas Trigault ad Augusta nel De Christiana Expeditione apud Sinas.
25 AGOSTO 2016
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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