di Adolfo Tamburello*
Napoli, 15 lug.- Con la Repubblica Popolare gli scavi sono stati ripresi e proseguiti con campagne o interventi di soli archeologi nazionali o di nazionalità minoritarie (mongoli, uiguri ecc.), molti dei quali si addossavano l’eredità dell’archeologia straniera prebellica. Dolorose sospensioni e perdite di forze umane e di materiali preziosi sono state registrate con le note vicende politiche legate alle tristi e dilaganti incursioni delle Guardie Rosse.
Ritrovamenti occasionali durante sterri per lavori edili si sono accompagnati a nuove ricerche sistematiche intraprese anche sulla scorta di fonti letterarie antiche e moderne. Per l’epoca Han (206 a.C.-220 d,C,) molto lavoro è stato impegnato per rimettere in luce le coeve strutture della capitale Chang’an, della quale è stato accertato un perimetro di circa 25 km. La città era dotata di 12 porte, 16 ponti e 9 mercati. Ogni porta era formata di tre fornici larghi sei metri, dai quali partivano strade parallele in direzione del palazzo imperiale. La grandiosità e l'estensione di questa e altre città d’epoca, di cui tramandava notizia la letteratura, è stata comprovata dalle misure dei corpi di fabbrica desunte dai basamenti in terra battuta lunghi oltre un centinaio di metri. Impianti di edifici sacri e complessi residenziali sorgevano su vari chilometri con edifici disposti secondo rigorose simmetrie. Resti di seconde cinte murarie hanno documentato il progressivo ampliamento dei centri urbani con l'incremento delle manifatture e dei commerci all’interno e nel circondario degli abitati.
Il più cospicuo contributo di conoscenze l’ha continuato a dare l’archeologia funeraria con tombe scavate dalla Mongolia interna allo Shandong fino alle coste meridionali del Guangdong, con un’immane consistenza di reperti che ha capillarizzato il patrimonio museale in grandi e piccole raccolte sparse su tutto il paese. Di alto scalpore internazionale alcune scoperte come quelle di Mancheng e Mawangdui, che hanno restituito inaspettate vestigia, oggetto di mostre in tutto il mondo, Italia compresa, ove si è aperta a Roma, in Palazzo Venezia, agli inizi di luglio la mostra “Le leggendarie tombe di Mawangdui”.
In generale è stata accertata la desuetudine dei sacrifici umani d’accompagnamento, non quella di animali e soprattutto cavalli nelle sepolture di capi guerrieri o militari d’alto grado. Prosecuzioni di sacrifici umani sono state testimoniate in regioni periferiche come era allora il Guanxi Zhuang, oggi Regione autonoma, ove a Luobowan, una grande tomba a fossa di più vani che ospitava le salme di un alto funzionario Han e della sua consorte ha restituito i resti scheletrici di un adolescente di 13 anni e di 6 giovani donne di età compresa fra i 16 e i 26 anni, costituenti probabilmente un corpo di danzatrici e musiche al loro servizio, come si è potuto desumere dai corredi, costituiti da vesti, strumenti musicali, cosmetici.
Regolarmente sostitutivi dei sacrifici cruenti il vasto repertorio dei mingqi in terracotta o scolpiti in pietra e, specie nel Sud, intagliati in legno, composto di statuette umane e di animali, nonché di modellini di case ed edifici ausiliari, riproduzioni miniaturistiche di strumenti e oggetti d'uso. I mingqi in eredità da quelli del famoso “esercito di terracotta del Primo Imperatore” erano pure originariamente schierati in legioni formate da militi in assetto di guerra, ma all’atto dello scavo sono stati misurati di statura fra i 40-60 cm, e privi di braccia. Gli arti superiori erano applicati in legno all’atto della loro vestitura con corazze, scudi e armi, di cui sono rimasti solo frammenti. I reperti più famosi si sono avuti nelle tombe imperiali di Jindi (r, 157-125 a.C.) e della consorte Wang (m. 126 a.C.).
Le tombe più sontuose sono apparse costituite nella duplice tipologia di grandi multivani sia scavati in grotte naturali o artificiali sia sotterranei, questi ultimi ricoperti da alti tumuli, con sale cerimoniali al loro stesso interno per la celebrazione dei riti. Le inumazioni erano entro bare deposte in più sarcofagi uno dentro l’altro in genere lignei. Agli oggetti d’arredo delle sale che trasferivano nelle tombe il mobilio caro in vita ai defunti, si univano quelli di specifica destinazione funeraria, come tripodi e altro vasellame in terracotta in sostituzione di corrispondenti fogge in bronzo d’uso civile o religioso. Una serie di pregiati esemplari ne sono provenuti dalla necropoli di Longshouyuan presso Xi’an nello Shaanxi.
Nel 1952 all'interno di un tempio di Wangdu, nell'Hebei, lo scavo di una tomba, costruita in mattoni, ha documentato sia un impianto a camere multiple con archi e volte sia una decorazione murale svolta a figure di animali su una zoccolatura alta una quarantina di centimetri e sull'alto della parete figure di funzionari, di cui erano stati annotati mansioni e ranghi. Nel 1954 sono stati scoperti nella tomba di Yinan, nello Shandong, bassorilievi e incisioni su lastre di pietra raffiguranti scene simili a quelle di un complesso monumentale già molto noto, quello del Wu Liang-zi pure dello Shandong. I rilievi di questo tempio erano stati registrati e studiati fin dall'epoca Song. Hung Kua (1117-1184) ne aveva curato i primi calchi che, aggiuntisi ad altri dissotterrati nel Settecento, erano stati riuniti in un edificio da Huang Yi (1744-1801), ove erano stati successivamente conservati secondo un caso pionieristico di moderna museistica.
Tombe rimaste eccezionalmente integre hanno restituito preziosi broccati e altri tessuti, canestri, bambù, lacche, giade preziosamente lavorate. Reperti unici sono provenuti dalle tombe di Lin-i nello Shandong, di Mancheng nell'Hebei, di Wuwei nel Gansu, di Changsha.
A Ch’angsha le citate tombe di Mawangdui, dei membri della famiglia del ‘marchese’ di Da, Li Cang, hanno restituito dal 1973, oltre a ricchi corredi, il sarcofago intatto della consorte di Li Cang, tumulata in una bara lignea. La salma della donna, morta in media età, avvolta in vari strati di abiti, ha rivelato l'impiego di tecniche di trattamento del cadavere per pratiche di mummificazione andate poi desuete.
Importanti reperti tombali hanno illustrato le caratteristiche culturali delle compagini esterne agli stati “cinesi” dei Regni Combattenti e all’incontro con la civiltà cinese dopo la conquista Han. Citiamo, fra le altre, le necropoli dello Yunnan di Lijiashan e Yangfutou, che hanno restituito le vestigia della civiltà di Dian, fiorita in indipendenza ancora durante i tempi Han e in irradiazione continuativa fin nel Sud-Est Asiatico. A loro volta, le necropoli di Fenghuangshan e di Yutaishan, vicine all’antica capitale Jiangling del regno di Chu hanno documentato il contributo culturale dato da Chu alla stessa civiltà Han.
Di grande interesse storico i repertori figurativi delle tombe di Binglu nello Shaanxi. Per la storia dell'agricoltura si sono rivelate informative le scene di un'aratura effettuata da un uomo con l'aiuto di due buoi e di una seminagione praticata contemporaneamente su tre file da una rudimentale macchina a tre piedi tirata da un bue.
All'interno delle tombe sono stati recuperati manoscritti su seta e carta, iscrizioni su strisce di bambù, perfino mappe geografiche, le prime e le più antiche di cui si sia venuti in possesso. Particolare menzione meritano i manoscritti: copie e versioni di classici e opere tecniche e scientifiche, fra cui il più antico testo d'astronomia venuto in luce, di oltre 6 mila caratteri, e un testo di medicina che si riporta al mitico "erbario di Shennong", il “Divino Agricoltore”, e registra oltre 240 erbe per 280 terapie.
Sui livelli tecnici raggiunti all'epoca, istruttivi i reperti di macchine e attrezzi agricoli: una seminatrice di ferro trovata presso Liaoyang, nel Liaoning, macine e resti di mulini, macchine per la brillatura del riso. Nello Shandong, Henan e altre regioni sono stati localizzati pozzi minerari e fonderie con reperti di matrici di fusione e prodotti finiti. Da una fonderia impiantata a Qinghocheng, presso Pechino, sono provenuti settanta stampi per la fusione di un corrispondente numero di utensili; sono state recuperate monete in rame e un gran numero di armi, fra cui spade d'acciaio; sono stati trovati ingranaggi di ferro, attrezzi agricoli e da officina, aghi d'oro e d'argento per l'agopuntura, chiodi di ferro usati anche nella carpenteria navale.
Nel settore della manifattura della carta, inventata all’epoca in Cina, il ritrovamento dei resti di un foglio in fibra di canapa avvenuto nel 1957 in una tomba presso Xian, nello Shaanxi, ha datato l'impiego di fibre vegetali nella sua fabbricazione già al II sec. a.C. Nel Xinjiang, ove sono state fra l'altro portate allo scoperto le rovine dell'antica città di Gaochang, fondata nel I sec. a.C. a Sud-est dell'attuale Turfan, le condizioni climatiche e lo stato del terreno hanno permesso di conservare molti materiali deperibili compresi carta e tessuti. Fra i principali documenti sono stati trovati certificati di nomina di funzionari, lasciapassare con relative vidimazioni, nonché manoscritti di testi storici e letterari. Fra i reperti di tessuti figurano ricami di seta con fili d'oro. Un tessuto di cotone con disegno stampato a batik, trovato presso Mingfeng, avrebbe accertato la conoscenza del cotone nella regione almeno dal III sec. d.C.
Reperti relativi a prime infiltrazioni di elementi buddhisti si sono avuti con le raffigurazioni di Buddha (ispirati a modelli gandharici) miste a quelli di divinità e spiriti immortali taoisti coi cosiddetti “alberi dei soldi”, ricorrenti in tombe di varie località.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
15 luglio 2014
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