Di Adolfo Tamburello
Napoli, 06 ago. - È una curiosa coincidenza: ci stiamo occupando di Kangxi e di Jonathan B. Spence, autore di un' "autobiografia" del sovrano mancese, che Academia.edu mette online un recentissimo saggio di Han Qi che tratta della tesi di Kangxi sullo scibile cinese all'origine di quello europeo. Han Qi, specialista dell'opera scientifica di Kangxi, lo ha pubblicato sull'organo ufficiale dell'Istituto di Storia delle Scienze naturali di Pechino (35/1, 2016), presentando contestualmente il "Trattato imperiale sulla derivazione dei triangoli" datato al 1703.
Spence non entrava nello specifico della geometria cinese ed europea e le loro eventuali correlazioni agli occhi di Kangxi. Non lo faceva "un pensatore profondo" da un punto di vista filosofico: "Piuttosto il suo tratto distintivo era una curiosità esuberante […]. In epoche diverse della sua vita si occupò di geometria, di meccanica, di astronomia, di cartografia, di ottica, di medicina, di musica e di algebra; patrocinò un numero straordinario di progetti culturali ed enciclopedici in questi e in altri campi". Faceva dire al sovrano nel suo libro del 1974, che, sebbene "alcuni dei metodi occidentali siano diversi dai nostri, e possano anche costituire un passo avanti, in sé non hanno molto di nuovo. I princìpi della matematica discendono tutti dal Libro dei Mutamenti, e i metodi occidentali hanno un'origine cinese: questa algebra - 'A-erh-chu-pa-ehr' - deriva da una parola orientale. E benché gli Occidentali ci abbiano dimostrato una cosa che i nostri antichi specialisti di calendari non sapevano - cioè come calcolare gli angoli del polo nord -, questo non fa che avvalorare la conclusione a cui giunse Chu Hsi con le sue indagini: la terra è come il tuorlo nell'uovo. Gli Occidentali sembrano avere princìpi tratti dal Libro dei Mutamenti, che ricordano quel libro coi quattro assi e i quattro punti; e hanno quadrati magici come quelli dell'Ho-t'u lo-shu…".
Kangxi era guidato in questa sua diagnosi da Joachim Bouvet (1656-1730), uno dei gesuiti "matematici" inviati da Luigi XIV ai Qing, il quale si era imbattuto nell'Yijing ed era rimasto molto preso con altri suoi confratelli dall'aritmetica "mistica" dell'antico testo. Scorgeva nei suoi trigrammi ed esagrammi eloquenti equivalenze con la filosofia pitagorica e ancor più con la cabala degli antichi Ebrei. A proposito di Kangxi e Bouvet, Spence attribuiva al sovrano: "nessuno degli Occidentali ha una vera competenza in letteratura cinese - tranne forse il gesuita Bouvet, che ha fatto molte letture e ha maturato la capacità di affrontare seriamente lo studio del Libro dei Mutamenti".
Alla ricerca com'era allora l'Europa di un comune progenitore della schiatta umana, alcuni gesuiti, non solo Bouvet, finivano con l'identificare il mitico Fuxi cinese, tramandato appunto dall'Yijing come l'inventore dei trigrammi ed esagrammi magici, ora con Noè ora col patriarca Enoch, annoverato quest'ultimo come l'inventore della cabala. Secondo Bouvet, l'ultima identificazione era tanto più sicura perché Fuxi aveva inventato, non solo i diagrammi, ma anche la scrittura cinese, coi suoi oltre trentamila "geroglifici", e che Enoch, alias Hermes Trismegisto, alias Mercurio, uno dei Prisci Theologi, ne aveva inventati precisamente 36.525! In questo con tutta probabilità Kangxi non lo seguiva…
È noto che Bouvet intratteneva una lunga corrispondenza con Leibniz e. quando questi formulava l'aritmetica binaria, gliene comunicava notizia. Stando alle parole dell'Etiemble in Conosciamo la Cina?: "padre Bouvet, ne rimase letteralmente folgorato, come si può dedurre dalle lettere memorabili che scrive su questo tema a Leibniz e a padre Le Gobien. Secondo padre Bouvet, i 64 esagrammi del Libro delle Mutazioni, lo I-ching, rappresentano semplicemente l'aritmetica binaria: 'Vi confesserò che la conformità della vostra invenzione con questo antico sistema, che è ciò che stimo di più al mondo in fatto di scienza, ha accresciuto in me l'alta stima che nutrivo nei vostri confronti'".
Joseph Needham affermava nel secondo Novecento: "...gli sviluppi recenti hanno dimostrato che l'aritmetica binaria o diadica di Leibniz è ben lontana dal costituire una mera curiosità storica. Si è trovato che essa costituisce, come pone in evidenza Wiener nel suo importante libro sulla 'cibernetica' (lo studio dei sistemi autoregolatori, sia animali che meccanici), il sistema più adatto alle grandi macchine calcolatrici del giorno d'oggi. Così non è una coincidenza che Leibniz, oltre a sviluppare l'aritmetica binaria, sia stato anche il fondatore della moderna logica matematica e un pioniere nella costruzione di macchine calcolatrici. L'influsso cinese fu responsabile, almeno in parte, della sua concezione di un linguaggio algebrico o matematico, proprio come il sistema d'ordine del Libro dei Mutamenti prefigurava l'aritmetica binaria".
Ora capiamo perché Francesco Gemelli Careri, visitata la Cina a fine Seicento, scriveva nel suo Giro del mondo che il Celeste Impero era da anteporre persino all'Egitto perché era stato esso a inventare la scrittura coi suoi "geroglifici"! Incontratosi coi gesuiti di Pechino, era stato evidentemente bene informato sui discorsi che si venivano facendo intorno al trono imperiale in merito alle origini cinesi del sapere umano e all'inventività della Cina antica (rimandiamo ad AgiChina "La Cina nelle memorie di Carletti e Gemelli Careri").
L'attuale saggio di Han Qi meriterebbe insomma una traduzione da parte di qualche nostro sinologo storico matematico!
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
08 AGOSTO 2016
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