Di Adolfo Tamburello
Napoli, 17 mag. - Pur con fronti di rivolte e guerriglia ai confini e di guerre in Asia centrale, la Cina godette in generale di uno stato di relativa pace durante gran parte del regno di Qianlong (1736-1796): proseguì quello che il padre Yongzheng (1722-1735) era riuscito a realizzare con gli equilibri dati a una stabilità delle condizioni di vita delle popolazioni Han e non Han. Si moltiplicava il numero di matrimoni misti e si intensificava l'assimilazione dei mancesi ai cinesi.
Inizialmente il vasto contadinato continuava a disporre di suoli più in possesso che in affitto ed era in grado di tollerare i gravami fiscali; godeva di prospettive di benessere anche per i figli con l'acquisto di terreni in vendita o in affitto dai grandi possidenti o avviandoli ad altri mestieri o professioni. Il concubinato, per chi poteva permetterselo aumentava la prole e tendeva a trasformare le famiglie in strutture lavorative artigianali a cominciare da quelle per la bachicoltura e la filatura della seta, la lavorazione del cotone ecc.
Le conversioni dal mondo contadino in quello di maestranze operaie specializzate operavano in parallelo con gli sbocchi dell'istruzione per sotto-impieghi aperti a chi sapesse leggere e scrivere. Le capillari scuole dei villaggi davano accesso alle istituzioni scolastiche superiori, le "accademie" (shuyuan), prima dei minori poi dei maggiori centri urbani fino a quelle di Pechino. Gli allievi migliori erano formati per lo più come uomini di lettere (poche ancora le donne) qualificati di grado dal superamento di esami di vario livello. Diplomi, o, forse meglio, attestati di benemerenza erano elargiti su privilegi ereditari o erano acquistati con donativi o in denaro. L'istituto della raccomandazione vigeva sia per l'attribuzione di titoli scolastici sia per l'occupazione di posti pubblici e aveva un limite, almeno in termini formali, nella responsabilità che il mallevadore si assumeva in solido.
L'idealizzazione dell'istruzione e della cultura e quella della valorizzazione del merito nella società cinese dell'epoca avevo risonanza e facevano invidia all'Europa ferma alle aristocrazie di sangue e al Giappone descritto pure chiuso nella sua immobilità sociale, con gli sforzi dei governanti rivolti a mantenere ereditari i mestieri e le professioni, e tanto più ereditaria e chiusa la nobiltà militare e civile.
Giuliano Bertuccioli se la prendeva a cuore nella sua Letteratura cinese di chiarire come stavano realmente le cose e scriveva che per un verso: "Mai si dimostrò più errato in Cina il detto che 'litterae non dant panem'. Era proprio la capacità di scrivere componimenti letterari, magari vuoti nella sostanza ma curati nella forma, che costituiva il principale fattore di successo. Mai burocrazia fu così potente come quella cinese! Dal grado iniziale si poteva salire a quello più elevato …", ma per un altro verso: "purtroppo, il sistema non funzionava così bene…", e ne dava un esempio col caso di Wu Jingzi (1701-1754), che pur di famiglia 'mandarinale', "fu per l'appunto respinto più volte agli esami statali, più per circostanze avverse che per impreparazione, e si vendicò dei suoi più fortunati colleghi scrivendo un romanzo [il Rulin waishi, Storia privata del mondo letterario] che tratta quasi esclusivamente di burocrati corrotti, di mandarini ignoranti, di candidati impreparati". Proponeva in lettura un famoso e bel brano di come si svolgeva un esame scritto, e invito anch'io il lettore a prenderne lettura.
Yongzheng aveva accresciuto le stipendialità per tutti gli insegnanti dei vari livelli, moltiplicandone i posti assunti come personale ausiliario in servizio parallelo a quello delle varie categorie impiegatizie a livello locale, tutte rigidamente distinte dalla burocrazia imperiale. I costi erano naturalmente alti e destinati a salire sotto Qianlong, tanto che finivano col contarsi oltre 7 mila "accademie", la maggior parte di esse assegnate a compiti di insegnamento e una quota minore a ricerche e studi. I diplomati di maggior grado delle grandi città erano poi quelli destinati a sostenere e in minor numero a superare gli esami imperiali alla capitale per entrare direttamente nei quadri delle carriere di vertice dello Stato o nell'Accademia Hanlin. Manifatture e opifici imperiali erano i centri addetti ai più alti studi su tecniche e arti e sperimentavano e realizzavano progetti scientifici e tecnici che a volte afferivano pure dalle accademie delle varie regioni.
La diffusione dell'istruzione sotto Qianlong raggiungeva alte vette, e la fioritura di studi che se ne aveva copriva pure la cultura e le scienze europee. Esse rimanevano però oscurate dallo stentato riconoscimento di un crisma d'ufficialità. In questo senso è vero quanto scriveva J.K. Fairbank nel secondo volume della ben nota Asia Orientale, edita dall'Einaudi: "… gli studiosi dell'Accademia Hanlin, che compilarono una enciclopedia imperiale nel 1747, definirono la descrizione dei cinque continenti fatta dal Ricci 'un racconto estremamente fantasioso', mentre la storia ufficiale dei Ming, portata a termine intorno al 1750, notava che l'Olanda era probabilmente vicina al Portogallo, a sua volta situato nei pressi di Malacca, aggiungendo però che Cheng Ho [Zheng He, 1371-1434] aveva fatto vela verso occidente cinque volte senza mai trovarla. In breve, le idee occidentali non giunsero a intaccare la concezione ortodossa cinese del mondo. Anche uno dei grandi studiosi del primo periodo Ch'ing, Ku Yen-wu (1613-82) scrisse che il Portogallo si trovava 'a sud di Giava… Esso ha inviato una ambasceria… allo scopo di comprare bambini da cucinare e mangiare'. A un esame superficiale, l'evangelismo cattolico romano, durante il suo secondo periodo in Cina, sembra non aver compiuto molti progressi rispetto al periodo medievale di Giovanni da Montecorvino".
L'opera di Fairbank risale agli anni '60 del secolo scorso e da allora gli studi hanno accresciuto le nostre conoscenze su quelle cinesi correnti all'epoca sull'Europa e il mondo. Possiamo comprendere che i riflessi avuti in Cina dall'infelice bolla papale Ex quo singulari del 1742 furono motivo di crescenti esternazioni di professata (voluta) ignoranza dell'Europa anche per ironia e scherno. Fairbank era bene informato delle conseguenze avutesi in Cina con la controversia dei riti e quella bolla conclusiva: "… i missionari che vivevano fuori della zona di Pechino patirono continue persecuzioni. Da alcune province furono cacciati e in taluni casi vennero crudelmente messi a morte, come accadde per esempio ai domenicani nel Fukien e ai gesuiti a Nanchino nel 1747. Se le persecuzioni consolidarono la fede, il numero dei fedeli andò però diminuendo e i circa trecentomila credenti, che secondo i calcoli esistevano al tempo di K'ang-hsi, si ridussero forse a centocinquantamila. I missionari furono costretti a vivere nascosti, ad agire clandestinamente e a tenersi lontani dalle città […]. A Pechino i missionari continuarono a prestare i loro servigi alla corte di Ch'ien-lung come astronomi, interpreti, cartografi, pittori, incisori, architetti e anche ingegneri […]. Ma alla corte dei Ch'ing questi elementi ebbero una funzione meramente ornamentale".
Pur non arrivando a tanto, è certo che la cultura e le scienze europee mantennero difficoltà a diffondersi e circolare, tanto più che a differenza del Giappone con la sua Nagasaki, centro di studi cinesi e "olandesi" (per dire questi ultimi europei), Canton (che, dopo Macao, accoglieva più stranieri), non sembra arrivasse a svolgere un ruolo corrispondente, sì in contatto con gli europei, ma non in altrettanto stretti rapporti culturali e chiusa in ogni caso ai cinesi estranei al giro delle "Cohong". Magari ne usufruivano i mercanti, e v'è necessità ancora d'approfondire quanto il ceto mercantile cinese almeno da Canton e Macao contribuisse in generale a promuovere l'immissione della cultura e delle scienze europee. Si sa che molti mercanti ascesero ad alti livelli intellettuali, letterari e artistici, ma sembra che rimanessero nel complesso numericamente pochi per far circolare la cultura europea con l'intensità con cui questa metteva radici in Giappone.
Jacques Gernet ricordava nel suo Il mondo cinese che fra i "mercanti molto ricchi, collezionisti di libri rari, di pitture e calligrafie, protettori dei letterati e degli eruditi" spiccavano specialmente i mercanti di sale di Yangzhou e, fra questi, proprio nel primo Qianlong, i fratelli Ma, "Ma Yueguan (1688-1755), poeta e bibliofilo, e suo fratello Ma Yuelu (1697-?), come pure il figlio di quest'ultimo, Ma Yu. Il poeta e filologo Han Shijun (1698-1733) e Quan Zuwang (1705-55), specialista in geografia storica, furono ospiti dei fratelli Ma a Yangzhou".
Quan Zuwang era salito ai massimi livelli entrando nell'Accademia Hanlin, ma si ritirò quasi subito da essa e preferì far parte e presiedere altre accademie provinciali, fra cui quella del Guangdong che specialmente per l'ambito della ricerca storica lo metteva più in contatto con gli studi e gli studiosi giapponesi.
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