Il futuro del calcio cinese è islamico. E questo spaventa Pechino
L'obiettivo di Xi è qualificarsi per la coppa del Mondo, ospitarla e vincerla. Ma per riuscirci ha bisogno dei campioni uiguri

I cinesi a Milano non hanno solo il cognome più diffuso, hanno anche comprato la Pirelli, l'Inter, e proprio ieri il Milan. La Cina però non sta solo acquisendo i colossi nostrani, sta anche investendo nell'importare i nostri talenti.
I tre sogni calcistici di Pechino
Il ct campione del mondo Marcello Lippi ha prima allenato l'imbattuta Guangzhou Evergrande e poi la nazionale cinese, portandola a una vittoria storica con la Corea del Sud e scatenando manifestazioni nazionaliste. Altri come Pellè, abbandonano i grandi club europei per stipendi da capogiro. Tutto ciò rientra nel nuovo sogno cinese del presidente Xi, o meglio nei suoi tre sogni sulla coppa del mondo: qualificarsi, ospitarla entro il 2030 e vincerla entro il 2050.
Xi conosce l'effetto dello sport sul suo popolo
L'ambizione nasce dagli enormi effetti politici che lo sport ha sulla società. Lo ha fatto Mandela con la nazionale di rugby sud africana, raccontata magistralmente da Clint Eastwood in Invictus. Lo ha fatto l'Italia con il calcio, sia nel 1910 eleggendo il colore “azzurro” della casata Savoia come simbolo della nazionale, e sia durante il Fascismo, vincendo i mondiali del '34 e del '38. Lo sport ha contribuito notevolmente a formare l'identità nazionale di numerosi paesi, divenendo tratto distintivo della cultura.
Il piano di Xi non mira quindi solo a rendere la Cina una potenza calcistica globale. Mira più che altro al suo effetto collaterale, cioè al soft-power globale e al consolidamento di un'identità nazionale capace di scoraggiare separatismi e rafforzare la legittimazione del partito in patria. Il problema è che questo sogno potrebbe facilmente trasformarsi in un incubo.
Come un sogno può trrasformarsi in un incubo
Dalla fondazione della Chinese Super League (CSL) nel 2004 il calcio mandarino è sempre più popolare. Questo però è dovuto principalmente ai grossi investimenti in formazione e importazione di competenze dall'estero, e non ad un effettivo incremento delle prestazioni cinesi. Nonostante la vittoria contro la Corea del Sud, infatti, la Cina si ritrova ancora penultima nel suo girone di qualificazione per Russia 2018, e ha perso contro Iran, Siria e Uzbekistan.
E' indiscutibile che la qualità della CSL sia cresciuta, il punto è che quasi tutti i suoi club provengono dalla East Coast, l'area di maggior sviluppo della Cina. Mentre entrando a occidente si nota subito l'enorme gap dovuto a una tra le diseguaglianze socio-economiche più ampie al mondo. Diseguaglianze che non fanno altro che accrescere i consensi indipendentisti di regioni come Tibet e Xinjiang.
I talenti vengono dall'area più turbolenta
Lo Xinjiang confina con il Pakistan a ovest, il Tibet a sud e la Russia a nord. Qui la gran parte della popolazione è sino-islamica, non comunica in mandarino ed è appartenente alle minoranze Uigure e Hui. Con lo scoppio del terrorismo islamico anche qui si è strumentalizzata la questione. Sono state implementate misure repressive nei confronti dei musulmani e promosse politiche di assimilazione nel gruppo maggioritario degli Han, considerati i “veri cinesi”. Migliaia di loro sono stati delocalizzati nella regione, arrivando qualche giorno fa persino a vietare barbe lunghe e veli. Eppure è proprio dallo Xinjiang che provengono i maggiori talenti del calcio giovanile.
Se da una parte infatti il Guangzhou è campione indiscusso della CSL da 6 anni, dall'altra i membri under13 dell'Urumqi's No.5 Primary School dello Xinjiang, sono i detentori del titolo nazionale già da 4 anni e hanno ripetutamente sconfitto i coetanei provenienti da Giappone e Sud Corea, con risultati come 7-0. Solo un giocatore della squadra è di origine Han.
Spostamenti di squadre, come con le figurine
La stessa tecnica di assimilazione delle minoranze sembra avvenire anche nel calcio. Quando nel 2006 fu fondato il Xinjiang Ticai Football Team, la partecipazione del pubblico regionale era elevata e la gran parte dei giocatori erano uiguri. Tuttavia, nel 2009 il Ticai venne sciolto e nel 2011 fu fondato l'Hubei Huakaier, squadra dello Hubei poi emigrata nello Xinjiang con il nome di Xinjinag Tianshan Leopard. Il team più forte dello Xinjiang non è quindi legato a quest'ultimo, ne i suoi membri sono uiguri. Ovviamente la partecipazione è molto scarsa.
Lo sviluppo e i successi dei club locali della Cina interna potrebbero dunque generare l'effetto opposto alla coesione nazionale, mettendo città contro città, regione contro regione, e fomentando i separatismi. Lo stesso accadde nei Balcani dopo il crollo dell'Urss, con casi anche recenti come gli scontri e la sospensione di Serbia-Albania per una bandiera pro-Kosovo. Oppure pensiamo alla Spagna, dove gli indipendentisti catalani manifestano con la maglia rossoblu del Barcellona.
Il punto debole del calcio cinese è nella sua forza
Il punto debole dello sviluppo del calcio cinese risiede nella sua stessa forza, ovvero nella centralità delle politiche pubbliche. Non solo a livello sociale con le minoranze, ma anche a livello economico con i club. Si utilizza la stessa mentalità del Capitalismo di Stato che scoraggia lo sviluppo dei privati. Si investe in grandi club della East Coast per creare campioni nazionali, così come si investe in grandi imprese pubbliche. Non conta il fatto assodato che i movimenti privati creino molta più innovazione e siano più responsabili finanziariamente. E' il governo a decidere chi si svilupperà, a prescindere dalle prestazioni.
La salvezza del sogno calcistico di Xi proviene paradossalmente dalla regione con il quale il partito ha attualmente più problemi. Una regione che se sviluppa il proprio potenziale sportivo, potrebbe essere in grado di rivalutare l'identità delle minoranze e avvalorare le proprie istanze separatiste su di un piano non più solo nazionale, ma persino internazionale.