IL BUSINESS DELLA GREEN ECONOMY
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IL BUSINESS DELLA GREEN ECONOMY
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E di nuovo, come in tanti altri settori, i players sono le due maggiori economie: USA e Cina. Gli investimenti cinesi per la riduzione delle emissioni e per lo sviluppo di energie rinnovabili sono stati massicci, sia in base al piano quinquennale in scadenza alla fine di quest'anno sia in base a quello, a lungo termine (2007-2020), dedicato alle energie rinnovabili, della National Development and Reform Commission (NDRC, l'organo cinese di direzione macroeconomica).
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E' vero anche che le banche cinesi – sostenute dallo Stato - sono più disponibili ed offrono migliori condizioni per i finanziamenti a progetti della green economy, rispetto a quanto ad esempio avviene negli USA, dove molti dei progetti sono finanziati, evidentemente con costi di molto maggiori, da venture capital e fondi di private equity. Della green economy "proletaria" cinese potremmo forse beneficiare tutti: ricerca e tecnologie a più basso prezzo perché finanziate massicciamente dallo stato, con produzione di beni eco-compatibili a minor costo, consentirebbero un più largo accesso a beni di basso impatto ambientale. Ben venga quindi anche l'impegno del governo cinese a garantire lo stesso tipo di supporto anche agli investitori stranieri. Negli ultimi dieci anni, il sistema cinese ha cercato il più possibile di avvicinare le imprese domestiche a quelle con investimento straniero, unificando anche i due regimi che erano stati progettati e mantenuti distinti fin dal 1978: diritto del lavoro e diritto tributario. Gli investimenti stranieri sono incoraggiati in numerosi settori della green economy: agricolo, inclusa la silvicoltura per prevenire la desertificazione, minerario, per il recupero ecologico delle miniere in disuso, prodotti di fibre naturali, inchiostri ecologici, speciali materiali da costruzione, attrezzature per il risparmio energetico, strumenti di misurazione e di monitoraggio dell'inquinamento e dell'ambiente (incluso quello oceanico), gestione e trattamento delle acque, ecc. Per tali progetti sono previste agevolazioni fiscali – inclusa la riduzione o l'esenzione dalla Enterprise Income Tax (25%) – e speciali deducibilità. Dopo la Renewable Energy Law (2009), la Cina sta predisponendo un piano di sviluppo per le nuove energie, nel quale dovrebbero anche essere previste specifiche politiche per l'attrazione di investimenti esteri nei settori delle energie pulite, rinnovabili ed alternative. Come sempre accade, parte del piano sarà dedicato alle industrie statali ritenute strategiche, e dovrebbe andare a integrarsi con il nuovo piano quinquennale (2011-2015) la cui approvazione è prevista all'Assemblea Nazionale del Popolo di marzo 2011. Il prossimo piano dovrebbe anche prevedere nuove regole per il monitoraggio dell'inquinamento, che al momento è svolto in modo parziale e discontinuo. Le conseguenze di verifiche più severe potrebbero avere risultati molto consistenti, se si considera che la Cina è sede di più di ventimila industrie petrolchimiche, e che è leader mondiale nella produzione di più di cento tipi di prodotti chimici. Intanto, modifiche regolamentari recenti non consentono più di ottenere le approvazioni per progetti di costruzione in assenza della valutazione di impatto ambientale (che in precedenza poteva essere fornita successivamente all'avvio del progetto), ed alle società quotate è richiesto di fornire informazioni su incidenti che possano avere impatto ambientale entro un giorno dall'evento. Oggi in Cina si dibatte circa la necessità di una assicurazione obbligatoria per il danno ambientale e di una tassa per l'ambiente, ed il Consiglio di Stato nel mese di aprile ha emesso una Circolare nella quale sono stabiliti incentivi per l'utilizzo e lo sviluppo del cosiddetto CEM (contractual energy management), in cui gli introiti vengono ricevuti in base alla ottenuta riduzione del consumo di energia. Dopo le indicazioni di riposizionamento dell'investimento straniero da parte del Consiglio di Stato, e le conferme, negli ultimi mesi, dalle agenzie governative cinesi che le gare per i progetti della green economy sono aperte anche alle imprese straniere, attendiamo di vedere come le nuove direttive saranno messe in opera dalle amministrazioni governative, senza dimenticarci delle politiche che, per le gare pubbliche, indicano ai funzionari statali di preferire prodotti sviluppati con tecnologia domestica, ed anche del fatto che il piano per le energie rinnovabili prevede che entro il 2020 tutta la produzione verrà effettuata con impianti e tecnologie 'domestiche'.  
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