Milano, 28 dic. 09 - Una recessione senza precedenti negli ultimi 70 anni e una delle più serie crisi finanziarie che si ricordino, non poteva non riflettersi sul mercato delle fusioni e delle acquisizioni. A livello mondiale, il volume complessivo di M&A nei primi nove mesi dell'anno è risultato in calo di oltre il 70% rispetto allo stesso periodo del 2008. Qualche evidente segnale di ripresa si avverte in quest'ultimo trimestre dell'anno, ma siamo solo agli inizi di un processo ancora da definirsi.
Anche le imprese cinesi, protagoniste negli ultimi anni di alcune eclatanti operazioni oltre frontiera, nell'anno in corso hanno tirato i remi in barca. Le operazioni di investimento diretto dalla Cina verso l'estero faranno segnare quest'anno una caduta superiore al 50%. Il fatto che le imprese cinesi siano guardinghe non può meravigliare. Si tratta di un fenomeno del tutto in linea con quanto avviene nel resto del mondo e che si spiega da un lato con la pesante recessione e dall'altro con l'atteggiamento estremamente prudente delle banche in materia di acquisition financing.
La notizia sta piuttosto nella resilience degli investitori esteri in Cina. I flussi di investimento diretto in Cina quest'anno si avviano a chiudere con un calo di "appena" il 20%. Si tratta di un dato davvero sorprendente, anche perché da molte parti si riteneva che l'appetito degli operatori internazionali per acquisizioni od operazioni greenfield in Cina cominciasse a indebolirsi.
Oggi abbiamo un'ondata di investimenti realizzati da operatori di dimensione più ridotta rispetto ai grandi che hanno investito in Cina a partire dai primi anni '90. E tra questi molte aziende italiane.
Chi investe in Cina, probabilmente, lo fa nonostante la crisi perché percepisce che si tratta di una mossa non rinviabile e che anzi rappresenta una misura di protezione dal rischio, consentendo l'esposizione ad un mercato che ha ancora ampi margini di sviluppo. Ed anzi la crisi la si affronta anche così, andando ad aprire basi nel mercato più importante del mondo, almeno per chi vende prodotti destinati alle industrie, si tratti di beni di investimento o di componenti. Un segnale importante per capire come sarà il mondo dopo la crisi.
Lorenzo Stanca
Lorenzo Stanca, salernitano, 47 anni, tra i founding partners di Mandarin Capital Partner, il fondo di private italo-cinese che ha cominciato ad operare a fine 2007, Lorenzo Stanca vanta una carriera venticinquennale in istituzioni fianziarie di alto profilo.Precedentemente all'esperienza di Mandarin, Stanca era stato responsabile delle Strategie Operative al Sanpaolo Imi. Al Sanpaolo era arrivato nel settembre del 2005 proveniente dal gruppo UniCredito dove era stato Capo dell'ufficio studi e poi capo dell'area mercati in UniCredit Banca Mobiliare, la banca di investimento del gruppo, di cui era stato uno dei fondatori.E' presidente dal 2006 del Gruppo Economisti di impresa, l'associazione italiana degli economisti che lavorano in azienda sia negli uffici studi che in altre posizioni.Lorenzo Stanca è autore di numerosi paper su riviste accademiche e co-autore di libri di economia e finanza (di recente è stato tra gli autori di "Cina: la conoscenza è un fattore di successo" e "L'elefante sul trampolino" pubblicati dall'Arel), oltre a pubblicare frequentemente articoli su riviste e giornali economici.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternerano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Lorenzo Stanca cura per AgiChina24 la rubrica di economia e finanza.