Milano, 21 gen. - Il viaggio di Hu Jintao negli Stati Uniti è un importante momento di svolta nell'evoluzione del quadro politico mondiale. Questi giorni di incontri e colloqui del Presidente cinese in terra americana ci lasciano innanzitutto con una impressione: non c'è dubbio e non c'è alternativa, le relazioni tra Cina e Stati Uniti sono destinate a farsi nei prossimi anni sempre più complesse, e i terreni di disaccordo e di scontro sono destinati ad aumentare negli anni a venire. Troppo significativa è la dimensione dell'economia cinese e troppo rapido è il suo progredire (anche se si avvereranno le previsioni di deciso rallentamento del tassi di crescita che si vanno diffondendo per l'anno in corso) perché non si creino ondate che vanno a creare problemi all'altro gigante. Al di là di tutte le dichiarazioni di intenti di questi giorni, è evidente che per gli USA, la marcia della Cina rappresenti una minaccia per il mantenimento della leadership politica mondiale. Si badi bene che il tema è, appunto, squisitamente politico. Perché dal punto di vista strettamente economico, resta vero che la crescita della Cina resta una buona notizia per tutti, Usa in testa. Una Cina più ricca, aumenta il potenziale di crescita dell'intera economia mondiale.
Noi italiani, peraltro, dovremmo ormai averlo imparato: sotto la pressione della concorrenza cinese abbiamo perso pezzi anche importanti della nostra industria (ma comunque quelli meno competitivi e in ogni caso esposti alla concorrenza non solo cinese), ma questo ci ha costretto a riposizionare le nostre imprese rendendole molto più forti di prima. Ma soprattutto abbiamo cominciato a beneficiare dell'emergere di di un formidabile mercato, che negli anni a venire rappresenterà la fortuna di molti operatori di casa nostra.
Il nervosismo Usa, si diceva, ha radici squisitamente politiche. Da questo punto di vista, la Cina è una minaccia per gli americani per due ragioni. Primo, perché, ovviamente, rischia seriamente di spodestare gli Stati Uniti dal ruolo di leader mondiale (e l'attacco al ruolo del dollaro è evidentemente un colpo ben mirato in quella direzione). Secondo, perché la Cina propone un modello di successo alternativo a quello propugnato dagli, Usa basato sui valori occidentali di democrazia rappresentativa e mercato. Fino a ieri questi valori venivano proposti dagli americani, e da ogni parte accettati, come l'inevitabile sbocco storico del progresso di ogni nazione.
L'esplosione del fenomeno Cina ha spazzato via questa certezza. E' oggi evidente che esiste un modello alternativo che può coniugare ampia liberta di mercato con un regime a partito unico, in cui la selezione delle elite si realizza con meccanismi diversi da quelli della democrazia liberale, ma che paiono funzionare molto bene (e anzi, in alcuni frangenti, anche meglio). Si tratta di un modello che fa riferimento ad un sistema di valori lontano da quello fino ad oggi proposto dal mondo occidentale, dove per esempio il tema dei dritti dell'uomo ha tutt'altra declinazione. Ed è chiaro che questo Modello Cina non è esportabile, in quanto è intimamente legato alla specifica natura del la società e della cultura cinesi (questo articolo)
Ma anche se l'esperienza cinese non è esportabile, la visita di Hu Jintao a Washington non può non spaventare gli americani, perché ha sancito in maniera definitiva la credibilità e la forza della proposta cinese, ed ha quindi spezzato l'idea che il progresso socio economico sia in ogni paese destinato a sfociare in una forma di democrazia all'occidentale. Peraltro, le storie che ci giungono da paesi come Thailandia e Indonesia paiono confermare l'idea nascente che il modello americano/occidentale non sia l'unico proponibile e che in Asia, e non solo, sia forse preferibile battere strade diverse. E se questo è vero, è chiaro che il ruolo di leader degli Stati Uniti viene messo in crisi.
E a vedere le immagini di Hu in questi giorni a Washington, si coglieva tutta la sicurezza di sé del nuovo arrivato sulla vetta del mondo, mentre nei suoi interlocutori Usa si coglieva un evidente nervosismo. Hu è presentabile, colto, intelligente, in una certa misura aperto al confronto. Più che mai lo si è percepito come distante anni luce dall'imperscrutabile leader comunista del tempo che fu.
Chi scrive ritiene che i valori occidentali rappresentino ancora e continueranno a rappresentare un riferimento imprescindibile per il progresso sociale ed economico di ogni paese, in particolare per quello che concerne i diritti della persona. Ma oggi sappiamo definitivamente che spiegare perché nel resto del mondo non sarà più tanto facile.
di Lorenzo Stanca
Lorenzo Stanca, salernitano, 47 anni, tra i founding partners di Mandarin Capital Partner, il fondo di private italo-cinese che ha cominciato ad operare a fine 2007, Lorenzo Stanca vanta una carriera venticinquennale in istituzioni fianziarie di alto profilo.Precedentemente all'esperienza di Mandarin, Stanca era stato responsabile delle Strategie Operative al Sanpaolo Imi. Al Sanpaolo era arrivato nel settembre del 2005 proveniente dal gruppo UniCredito dove era stato Capo dell'ufficio studi e poi capo dell'area mercati in UniCredit Banca Mobiliare, la banca di investimento del gruppo, di cui era stato uno dei fondatori.
E' presidente dal 2006 del Gruppo Economisti di impresa, l'associazione italiana degli economisti che lavorano in azienda sia negli uffici studi che in altre posizioni. Lorenzo Stanca è autore di numerosi paper su riviste accademiche e co-autore di libri di economia e finanza (di recente è stato tra gli autori di "Cina: la conoscenza è un fattore di successo" e "L'elefante sul trampolino" pubblicati dall'Arel), oltre a pubblicare frequentemente articoli su riviste e giornali economici.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Lorenzo Stanca cura per AgiChina24 la rubrica di economia e finanza.
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