di Adolfo Tamburello*
Napoli, 2 mar.- Densa di conseguenze per i Song (960-1279) fu dalla fine del secolo X la defezione degli Xi Xia, un voltafaccia doloroso e sofferto che pose fine a ogni progetto di far conto su un forte alleato per un recupero del settentrione in mano ai kitan e riaccedere ai mercati sulle carovaniere centroasiatiche. Fu per i Song la spinta ulteriore ad accelerare la sinizzazione dell’estremo sud e intensificare la politica marittima in direzione dell’oceano Indiano.
Gli Xia (tanguti o minyak, cin. dangxiang), menzionati nelle fonti Song come Xi Xia, “Xia occidentali” per i loro ultimi insediamenti a occidente del Fiume Giallo, erano un’etnia mista, allora a maggioranza forse tibetana, di antica discendenza xianbei e tanguta, di lunga frequentazione della Cina prima e dopo il periodo dei Wei settentrionali (386-535). Sotto i Tang (618-907) avevano adottato il nome dinastico di Li e con i Song il nuovo nome di Zhao, ma già nel 982 Li Jiqian si levava contro i Song e nel 997, reduce da una sconfitta, l’intero ramo della sua famiglia si sottometteva ai Liao. Fra il 135-36 Zhao Li Yuanhao (1003-1048), rinnegando entrambi i suoi nomi, assumeva quello di Weiming e armava un esercito di 500 mila uomini coi quali allargava i propri domini a spese sia dei Song sia dei Liao e disperdeva soprattutto tibetani e uighuri, occupandone vasti insediamenti nel Gansu. Nel 1038 si proclamava fondatore della nuova dinastia Da Xia, dei “Grandi Xia”, col nome di Jingzong e stabiliva la capitale a Xingzhou nell’odierno Ningxia, area di colonizzazione cinese dai secoli a cavallo dell’era cristiana e di insediamento tanguta dall’epoca Tang. Nel 1040 portava un’offensiva ai Song e nel 1044 pattuiva con loro un trattato di pace su un pesante tributo annuo di argento, sete e tè che i Song furono tenuti a corrispondergli.
Li Yuanhao è descritto dalle fonti di alta statura, prestanza fisica e alte capacità intellettuali, doti che ne facevano un capo carismatico e un eletto uomo di guerra e di pace. Come militare, era lodato per il coraggio, il maneggio delle armi e l’abilità strategica, nonché per la pratica assidua delle arti marziali, la familiarità coi più moderni armamenti, le tecniche balistiche e le sperimentazione dei mezzi anfibi. Formatosi sui classici cinesi dell’arte della guerra, era versato negli studi umanistici e religiosi cinesi e tibetani. Col concorso di un alto ufficiale e funzionario del suo seguito, Yeli Renrong, dotava la lingua tanguta di una scrittura d’uso ufficiale con complessi caratteri elaborati su quelli cinesi e patrocinava traduzioni dal cinese e dal tibetano che rimanevano alla base di una letteratura tanguta sviluppata poi anche su linee nazionali. Testi in cinese e tanguto per i documenti diplomatici sono stati nel corso del Novecento una chiave per la piena decifrazione della scrittura xixia cui si sono impegnati studiosi di tutto il mondo e specialmente sovietici.
Morto quarantaquattrenne per le conseguenze di ferite provocategli da uno dei figli, Yuanhao lasciava un vasto impero che mancava solo del riconoscimento formale dei Liao e dei Song. Questi ultimi lo annoverarono solo “re degli Xia” a onta della posizione tributaria cui erano stati umiliati.
I successori di Yuanhao, che riprendevano il cognome di Li e superavano regimi di corruzione o di imperatrici vedove e madri, portavano i domini a un’estensione di 800 mila kmq dalle attuali province del Ningxia e Gansu fino al sud della Mongolia Esterna. Nel 1054, subìte alcune sconfitte dai Kitan, rinnovavano loro un atto di vassallaggio con forniture annue di cavalli e cammelli. Attaccati nuovamente dai Song negli anni ’80, restavano parzialmente indeboliti dai successivi scontri coi Jin, cui si sottomettevano nel 1124. In ripresa ancora per un secolo, il loro impero cadeva nel 1227 dopo più di un decennio di resistenza ai Mongoli.
Ricco dei fiorenti traffici con le “vie della seta”, per le cui merci d’esportazione lo riforniva la Cina Song coi suoi tributi di sete e tè (di argento per tesaurizzazioni e valore di moneta), l’impero godeva di un’economia volta all’esportazione col sale delle miniere, il bestiame equino, bovino e camelide, le derrate agrarie del folto contadinato cinese di antico e nuovo insediamento. Mercanti, imprenditori, funzionari e tecnici cinesi si concentravano nelle città che sorgevano numerose regolarmente cinte di mura con sontuosi palazzi e templi buddhisti dalle tipiche pagode di pianta poligonale. Su tutte brillava la capitale, sede di scuole e di una prestigiosa accademia di studi confuciani, fondata su modello cinese dal sovrano Chongzong (1086-1139), e divenuto rinomato centro di studi buddhisti di scuola prevalentemente tibetana. L’intensa attività editoriale in xilografia provvide un canone buddhista e serie di classici cinesi. Andata distrutta dall’invasione mongola, fu ripetutamente ricostruita fino all’odierna Yinchuan, capoluogo della regione autonoma del Ningxia Hui, nelle cui vicinanze sorgono i grandi mausolei imperiali degli Xi Xia di stile cinese che gli archeologi della Repubblica Popolare hanno messo in luce e aperto al pubblico dagli anni Settanta del Novecento.
2 marzo 2015
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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