DETECTIVE DEE E IL MISTERO DELLA FIAMMA FANTASMA

DETECTIVE DEE E IL MISTERO DELLA FIAMMA FANTASMA

Milano, 30 set. - Una "fantasmagorica riflessione sul potere e sulle cose che bisogna fare per mantenerlo". E poi: "una favola da guardare a occhi aperti", che offre "sufficienti emozioni e suspense per tenere alta l'attenzione", ma che appare anche come un tentativo di "allegoria politica che lascia allo spettatore qualcosa su cui riflettere".

 

Alla critica, italiana e internazionale, "Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma", il film di Tsui Hark tratto da un romanzo di Lin Qianyu, in concorso a Venezia nel 2010, ma giunto nelle sale di tutto il mondo dalla fine di questa estate, è piaciuto. Piaciuto per i voli di fantasia, per il ritmo delle acrobazie, per l'utilizzo delle arti marziali in un film dalla trama poliziesca.

 

Da noi, sul Corriere della Sera, Paolo Mereghetti ha parlato addirittura della possibilità di trarne "una riflessione sul dopo 11 settembre", sul "tentativo di distruggere più persone possibili facendo crollare una gigantesca statua di Buddha". Oltreoceano, sul New York Times, lo hanno apprezzato per essere "arguto ma non di maniera, grandioso senza essere  troppo cupo, un miscuglio folle, quasi coerente, di intrigo, colore e movimento, affidato al carisma del cast".

 

I commentatori occidentali, entusiasti per le scene pirotecniche e gli slow motion marziali, non si sono soffermati sui simboli e i rimandi culturali contenuti nel film. Sottintesi facilmente comprensibili per il pubblico cinese, ma forse non troppo evidenti per quello occidentale. Che, mentre si gode le acrobazie aree di Andy Lau o ammira il fascino marziale di Li Bingbing, rischia di non cogliere il significato di specifici fatti e personaggi, oltre che di assorbire, inconsapevole, una buona dose di weltanschauung cinese.

 

La timoniera saggia

 

Prima e unica donna ad aver mai preso in mano il timone dell'impero in Cina e personaggio centrale nel film di Tsui Hark, l'imperatrice Wu Zetian è stata spesso criticata per la sua crudeltà e per il suo uso dispotico del potere, e non ha mai rappresentato un esempio edificante nella tradizione cinese. Nella pellicola, l'incoronanda (la cerimonia di nomina imperiale è il momento clou del film) viene in effetti dipinta come una regnante cinica, che non si preoccupa delle sofferenze del suo popolo e non esita a sacrificare le persone amate pur di realizzare le proprie ambizioni. Verso il finale, però, Wu assume via, via i tratti del governante giusto, che, pur avendo sbagliato, sa riconoscere i propri errori e sceglie di affidarsi alla guida di consiglieri saggi e sinceri.

 

Nella metamorfosi dell'imperatrice si trova un invito ai regnanti di oggi a rivedere il proprio atteggiamento - la classica rivisitazione del passato, tanto cara alla cultura cinese, come modello a cui ispirarsi. Ma si trova anche un elemento di novità: la figura (positiva) di una donna al comando non suona molto familiare al pubblico cinese. La scelta di Tsui Hark sarà forse in linea con le donne drago del mondo imprenditoriale cinese, sempre più ricche, autonome e potenti?

 

L'intellettuale tradizionale

 

Nel film, l'evoluzione umana dell'imperatrice Wu è tutta merito dell'eroe indiscusso della pellicola, il detective Dee (in cinese Di Renjie). Personaggio storico realmente esistito, Di Renjie è un celebre magistrato di epoca Tang finito in prigione per aver tramato contro la futura imperatrice. Nonostante questo, grazie alle sue ineguagliabili doti investigative, Di viene scarcerato proprio da Wu affinché trovi la soluzione di un enigma che sta guastando la vigilia della sua nomina imperiale: il caso della "fiamma fantasma", in cui una serie di funzionari muore per autocombustione senza che via sia, in apparenza, una spiegazione naturale.

 

Collocato nella Cina di oggi, Di Renjie (che ovviamente riuscirà a sbrogliare la matassa e a risolvere il caso) non sarebbe altro che un dissidente ravveduto. La sua collaborazione con Wu Zetian, prima riluttante e ambigua, poi sempre più leale, lo porta fino a mettere a repentaglio la propria vita pur di salvare quel potere che in passato aveva cercato di abbattere. Di più: il magistrato, prima di ritirarsi modestamente lontano dal mondo, rifiutando la ribalta del potere, offre preziosi consigli all'imperatrice, dando fondo alla propria saggezza nel nome del benessere del popolo. Un atteggiamento che, ancora oggi, si ritrova nei molti intellettuali cinesi che scelgono di collaborare con il potere perché convinti che, se consigliati saggiamente, i governanti saranno più equi e tutto il paese ne beneficerà.

 

Il dissidente recidivo

 

Al contrario di Di Renjie, la figura del diabolico Zhong, esperto di ingegneria, di tartarughe volanti e di esplosioni, incarna quella del dissidente recidivo, quello che di ostina a lottare contro chi governa, perdendo la possibilità di influire su di esso con i propri consigli. Non è forse solo un caso, né solo un richiamo all'hollywoodiana divisione tra il Bene e il Male, se il dissidente recidivo è poi quello che farà la fine peggiore. Un'allusione a tutti i Liu Xiaobo cinesi?

 

L'ammirazione del Romano

 

 

E infine un rimando che ci riguarda direttamente, tra i tanti contenuti nel film. Che ci fa un console romano in visita in Cina nel 690 d.C., anno di ambientazione del film? L'infelice collocazione storica (nel 690 d.C. l'Impero romano era crollato da un paio di secoli) non deve ingannare sul senso della scelta. Quando si tratta di misurare i "muscoli" del proprio passato con quelli altrui, Pechino guarda all'antica Roma - e a ben pochi altri. L'Impero romano, per i cinesi, rappresenta infatti un emblema di potenza militare, politica e culturale senza eguali (esclusa la Cina). Non è un caso allora se viene dall'Antica Roma - e parla un divertente latino - il laowai (straniero) che introduce lo spettatore nel cantiere della statua del Buddha delle meraviglie. Le parole di sorpresa, ammirazione e stupore per la superiorità ingegneristica cinese, se pronunciate da un romano, valgono di più.

 

di Emma Lupano

 

Emma Lupano, giornalista professionista e dottore di ricerca sui media cinesi, cura per AgiChina24 una rassegna stampa bisettimanale volta a cogliere pareri autorevoli di opinionisti cinesi in merito a temi che si ritengono di particolare interesse per i nostri lettori

 

 

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