Roma, 13 set. – Quali sono le nuove frontiere dell'arte cinese? Com'è si evoluto il mercato degli ultimi anni e quali sono le qualità necessarie per costruire un solido "ponte" artistico e culturale tra l'Italia e la Cina? AgiChina24 lo ha chiesto ai fondatori e direttori artistici di offiCina Beijing, Rosario Scarpato e Monica Piccioni.
offiCina (www.officinaltd.com) è una art project agency con spazio espositivo situato nella Factory 798 di Pechino, attiva dal 2002, fondato e gestito da Rosario Scarpato e Monica Piccioni per la promozione e la diffusione dell'arte contemporanea cinese e internazionale.
Vorremmo che ci raccontaste com'è cominciata la vostra avventura e dirci se e quale tipo di appoggio avete ricevuto dalle istituzioni italiane e cinesi, come si articola il vostro progetto e chi ne fa parte. Infine, a 8 anni dalla fondazione, potete dirci che tipo di obiettivi e quali riconoscimenti avete raggiunto?
Rosario: A partire dal nuovo millennio la scena artistica cinese è andata cambiando progressivamente, anche per i minori ostacoli frapposti dal governo. Tale nuova situazione – dopo un decennio di frequentazioni e scoperte della scena underground – ha coinciso con la nostra voglia di organizzare eventi di arte tra l'Italia, in particolare, e la Cina. Ed è da un concorso di idee tra Monica e me che offiCina è nata ed ha preso forma grazie al contributo di validi collaboratori esterni. In questi anni i nostri progetti sono stati realizzati con contributi di istituzioni italiane e straniere (ma anche di artisti) o tramite auto-finanziamento. Oltre Monica e il sottoscritto, due assistenti e collaboratori part time, il team offiCina comprende anche un designer italiano e una società di grafica cinese, assieme ad una serie di collaboratori esterni che attiviamo a seconda della difficoltà e della durata delle varie iniziative. Circa cinquanta eventi in Cina ed Europa, collaborazioni internazionali con artisti, curatori, musei ed istituzioni pubbliche e società private, collezionisti, amanti dell'arte e una buona visibilità mediatica ci lasciano alquanto soddisfatti del lavoro di questi anni. Anche se ci collochiamo all'esterno del sistema delle gallerie commerciali, gli artisti (anche i più affermati) sono sempre disponibili a prestarci le opere e a collaborare attivamente. Tale attenzione, oltre a funzionare da propulsore per progetti come il nostro, dimostra che c'è ancora spazio per forme artistiche alternative alla logica diffusa di monopolio del mercato.
Fino a qualche tempo fa Pechino era la città in cui si concentravano gli artisti. Factory 798 era una sorta di fucina creativa dove pittori, scultori e artisti d'ogni genere trovavano rifugio e ispirazione tanto da attrarre l'attenzione di molti stranieri. Forse proprio per questo attualmente lo spazio è divenuto essenzialmente una vetrina commerciale, cosa che ha spinto molti artisti a trasferirsi altrove. Potete illustrarci come si è evoluta la situazione e dove si è spostata la produzione artistica?
Rosario: Fondamentalmente il management del 798 (ex impiegati e operai della factory che non si erano mai occupati di cultura), persino dove aveva fallito il palazzinaro di turno colluso con il potere locale, è riuscito a 'distruggere' il presente ma soprattutto il futuro del distretto artistico riducendolo ad una congerie di attività commerciali cheap e di scarsa qualità (tranne rare eccezioni): si va dai gadget ai dischi, dall'abbigliamento all'arredamento, dai libri usati a ristoranti/bar poco professionali. Il management è riuscito ad imporre ogni genere di tasse e balzelli con utenze elevate, vendita di qualsiasi spazio per pubblicità, con un aumento esponenziale dei fitti e una politica di prezzi differenziati a seconda delle conoscenze, di accordi sottobanco, ecc. Tranne pochi superstiti, quindi, la maggior parte degli artisti – che assieme a poche realtà culturali erano arrivati nei primi anni del millennio (tipo il performer Huang Rui, lo scultore Sui Jianguo o offiCina Beijing appunto) – hanno spostato altrove i loro spazi e chiuso i battenti. Spesso sono personaggi dal portafoglio gonfio ad aprire gallerie e attività varie con dubbia esperienza e passato indecifrabile. Talvolta modificano gli spazi originari della Fabbrica stile Bauhaus con interventi strutturali che non rispettano il bel linguaggio architettonico originario. Per noi lo spirito iniziale del 798 ha conosciuto momenti di sviluppo e gloria fino al 2007 ma quella fase è tramontata con le Olimpiadi del 2008! Troppi controlli, troppo Stato! Crediamo che a breve rimarranno o arriveranno soltanto poche grosse organizzazioni straniere e locali le quali hanno la capacità finanziaria per continuare ad investire e tener testa alle richieste della cricca amministrativa. Nel frattempo si sono consolidate altre realtà aggreganti (alcune pre-esistenti al 798) con gallerie, artisti e attività culturali quali il villaggio di Songzhuang, Caochangdi, Liquor Factory, zona del Today Art Museum, ecc.
Di recente si è tenuta ART HK, la Fiera Internazionale dell'Arte di Hong Kong, che ha visto la partecipazione di 155 gallerie di massimo livello provenienti da ogni parte del mondo e l'esposizione di opere d'arte quotate tra i 1000 e i 10 milioni di dollari. Colpisce il fatto che una galleria statunitense come Sperone Westwater, intervistata dall'agenzia Xinhua, abbia deciso di esporre 13 dipinti di Liu Ye, artista cinese contemporaneo, giustificando la propria scelta col fatto che può essere difficile ottenere risonanza per opere prodotte da artisti di culture differenti e che è quindi molto più facile "piazzare" nomi già conosciuti. Si ha come l'impressione che, nonostante i numerosi passi avanti, ci sia ancora molta ignoranza dall'una e dall'altra parte e che il collezionista italiano preferisca opere cinesi "vicine" al gusto occidentale e viceversa. Da addetti ai lavori confermate quest'impressione? Potete darci il quadro della situazione attuale?
Rosario: Alcuni esempi di opere vendute all'Hong Kong International Art Fair: "The inescapable truth" (2005) di Damien Hirst (1,75 milioni di sterline ad un compratore asiatico); "Andy Warhol's 32 Large Campbell Soup Cans"( 1964) (ad un acquirente hongkonghino per 550.000 dollari americani); di Zhang Xiaogang, un milione di dollari americani per "Green Wall – Husband and Wife" (2010) testimoniano la maggiore facilità nel vendere i lavori degli artisti più famosi e confermano che gli acquisti di opere in questa zona del mondo sono soprattutto legati alla voglia di investimento. Si comprano gli autori noti perché rappresentano un investimento più sicuro e mancano gli strumenti per poter apprezzare autonomamente altri artisti di qualità. Analogamente proporre artisti cinesi affermati può essere un biglietto da visita per rendere riconoscibile il proprio lavoro in un Paese che in questo settore è ancora autoreferenziale e consente di legare a se' gli artisti locali già consolidati. Di conseguenza, ad Hong Kong e in Cina si piazzano tranquillamente opere di artisti stranieri e cinesi già famosi; invece occorre ancora molto tempo, investimenti ed energie a medio termine, ed è necessario rischiare puntando sugli emergenti. Considerando la recente crisi finanziaria, ART HK 3 sta comunque crescendo in giro d'affari e in numero di visitatori. I 46.000 di quest'anno rispetto ai 27.000 della precedente edizione hanno potuto visitare anche stand di gallerie junior con quotazioni inferiori. Per attirare i neofiti, l'organizzazione ha scommesso su un'offerta diversificata ed articolata in seminari, talk e visite guidate in più lingue, perfomance, installazioni, lavori digitali oltre ai tradizionali dipinti, illustrazioni e sculture. Contemporaneamente, tanti artisti erano presenti negli stand a disposizione delle domande dei curiosi. La facilità nell'acquisto e il pagamento in valute diverse (a differenza della Cina continentale) rende Hong Kong attraente anche per il pubblico più raffinato e internazionale.
Sembra invece che il collezionista italiano, pur visitando kermesse internazionali, spesso si limiti alle proposte presenti sul mercato del nostro Paese che quasi sempre non contemplano autori meritevoli di attenzioni. Forse che la sperimentazione o i meno noti richiedono maggiore sforzo e lungimiranza, rischi e comprensione? In futuro occorreranno più idee e progetti, investimenti e spirito conoscitivo, persone competenti e "China-experienced".
Avete dichiarato in passato che la censura è ancora presente nell'arte cinese, in particolar modo facendo riferimento alla serie fotografica di Chen Lingyang "Dodici fiori", ma ci sembra che, in linea generale, il governo sia molto più tollerante nei confronti degli artisti. Avete anche operato una netta distinzione tra opere d'arte "tradizionali" da una parte, e film, documentari e video dall'altra, dove invece la censura si fa sentire ancora pesantemente. Allo stato attuale, che cosa è ancora "politicamente scorretto" nell'arte cinese contemporanea?
Rosario: Ogni tanto sentiamo di eventi chiusi subito dopo l'apertura (o anche prima): i miei ricordi vanno agli anni '90, quando accadeva la stessa cosa. Un must è non toccare argomenti 'sensibili' quali il presidente Mao, il Tibet, il malcontento nel Xinjiang e in altre zone remote del paese, la corruzione degli apparati governativi locali, le cause e la reale situazione del terremoto di Wenchuan del 2008, la ricorrenza di particolari eventi storici, la richiesta di maggiore libertà di espressione e manifestazione, la difesa dei diritti degli individui, e via di questo passo.
Da tanti anni vi adoperate per far conoscere l'arte italiana contemporanea in Cina e "esportate" artisti emergenti in Italia. Ci piacerebbe sapere quali sono gli italiani maggiormente apprezzati nel Regno di Mezzo e i cinesi più conosciuti nel nostro Paese.
Rosario: Tra gli addetti ai lavori in Cina si conoscono davvero pochi autori italiani moderni e contemporanei come Balla, Morandi, Fontana, Burri, Pistoletto, Kounellis ecc. Possiamo dire di aver contribuito a far conoscere ad un pubblico locale interessato a nuove idee e sperimentazione e di aver promosso sulla stampa cinese alcuni nostri validi artisti emergenti e non, come Paolo Gioli, Zimmerfrei, Bianco-Valente, Studio Azzurro, Debora Vrizzi, Paolo Di Capua, Andrea Gotti, Girolamo Marri, ecc. Invece non necessariamente gli artisti noti in Italia corrispondono a quelli che noi seguiamo da vicino, meritevoli di attenzione o di essere collezionati. Tra questi ve ne sono di promettenti ma anche quelli già affermati: Dai Guangyu, Yin Xiuzhen, Hai Bo, He Yunchang, Zhao Liang, Sun Xun, Wu Wenguang, Wang Jianwei, Song Dong, Zhang Dali, Ai Weiwei.
Si è concluso nel Padiglione italiano dell'Expo di Shanghai, il progetto "Sensitive City" curato da voi e realizzato da Studio Azzurro. Potete raccontarci di cosa si tratta?
Monica: Promossa dal Commissariato Generale del Governo dell'Expo, Sensitive City è un'opera interattiva dedicata ad una città ideale e contro-utopica, disegnata dalle relazioni, dalle memorie, dai sogni ma anche dalle paure dei suoi abitanti. Nel Padiglione Italiano gli artisti hanno realizzato un ambiente sensibile formato da grandi schermi lungo le pareti in cui delle persone camminano a grandezza naturale. Sono portatori di storie con cui il pubblico può interagire con un semplice gesto della mano, fermandone uno e restando ad ascoltare il suo racconto. Sullo sfondo, dietro ogni figura, si va disegnando una mappa che accompagna al luogo geografico dal quale il racconto proviene. Le immagini ed i racconti, raccolti in sei diversi centri e borghi di medie dimensioni italiani meno conosciuti al grande pubblico, compongono lo scenario di una città in continuo divenire, esplosa nello spazio, che i visitatori esplorano relazionandosi con le sensibilità di coloro che la abitano. Sensitive City è una città che non può essere disegnata a tavolino, sovrapporsi indifferente al territorio o nascere dall'idea di un'unica mente, ma si compone e scompone ogni volta che viene raccontata, non si esaurisce nel visibile, ma è profonda, stratificata, colma di sedimenti nascosti di memoria e di emozioni. E' una città policentrica, che prende forma dallo sguardo e dai racconti di persone diverse che donano al visitatore le mappe dei loro percorsi personali, i ricordi dei loro luoghi di affezione, le visioni dei loro territori immaginati. L'unico modo per percorrerla è fermare un abitante del luogo che sta passando e seguire le sue indicazioni fino al luogo della narrazione. La relazione nata da questo gesto modifica e modella lo scenario della città. Sensitive City nasce e si trasforma seguendo la trama di relazioni che hanno origine nell'ambiente in cui è disposta l'opera, ma che a loro volta derivano da quelle che gli abitanti delle città hanno con i propri territori. Gesto dopo gesto la città appare come un luogo di luce e ombra (Siracusa), di acqua e terra (Chioggia), di vuoti e pieni (Matera), di silenzio e ascolto (Lucca), di centro e territorio (Spoleto), di vento e confini (Trieste). Studio Azzurro conferma con questo lavoro il connubio tra innovazione tecnologica e attenzione per l'elemento umano caratteristico della sua ricerca traducendo in un'opera di forte impatto emotivo il senso profondo del tema del padiglione italiano intitolato La Città dell'Uomo.
Quali i progetti di offiCina per l'immediato futuro?
Rosario: Per offiCina Beijing è giunta l'ora di cambiare pelle per andare avanti: avvertiamo un urgente intimo bisogno di voltare pagina. Contiamo di concentrarci su progetti di ampia portata che veicolino l'impegno curatoriale-organizzativo verso eventi trasversali a varie forme di arte e cultura. Attualmente sono previsti o in discussione progetti di design/architettura italiana in autunno nello spazio di offiCina al 798, oltre a iniziative in Italia quali una inconsueta collaterale cinese alla biennale di venezia del 2011 in collaborazione con un curatore cinese indipendente; uno spettacolo di videodanza o di teatro multimediale al Maxxi e/o al Napoliteatrofestiva; un video sperimentale a Cinecittà.
Per concludere, a beneficio dei lettori di AgiChina24, potete suggerirci dove guardare e, eventualmente investire, nel mare magnum della produzione artistica cinese del momento?
Rosario: Rivolgetevi senza alcuna remora a noi di offiCina e vi indicheremo o vi condurremo negli atelier a conoscere gli artisti che reputiamo essere più interessanti. Dopo il boom degli ultimi 10 anni e con la porta perennemente aperta, gli artisti non amano più l'andirivieni di acquirenti in cerca dell'affare. Le quotazioni di alcuni artisti si sono sgonfiate insieme alla bolla speculativa ed anche in Cina lo stato dell'arte si va man mano normalizzando. Occorre osservare quelli che a prescindere dal mercato conservano una propria coerenza e individualità.
di Miriam Castorina