La Cina dà, la Cina toglie. Con un sguardo agli ultimi avvenimenti di fine anno e con in mano alcuni dati e fatti sicuri, come prevedere le mosse della Cina nel 2018, da macro a micro, attraverso alcune frasi chiave.
Stretta governativa
Alla fine dell’ultimo meeting dei leader del Partito Comunista e dell’Economic Work Conference, tenutisi entrambi a dicembre dopo il grande reshuffle delle più alte cariche dello stato (che poi alla fine, tanto cambiato non è), possiamo cercare di delineare il piano che sia a breve sia a lungo termine influenzerà le azioni politiche in Cina a partire dal 2018. Pechino decide di serrare il proprio pugno sul mercato economico domestico e internazionale intervenendo su fattori chiave come la crescita progressiva e positiva del Pil, il taglio del debito, la lotta agli investimenti outbound che non si adeguano al nuovo codice di condotta emanato dal governo centrale.
- Pil & Debito: in un Paese grande come la Cina, seconda potenza economica mondiale, una crescita del Pil “obbligata” si accoppia spesso e volentieri a un altrettanto veloce scalata del debito. Gli analisti del governo, tuttavia, ribadiscono per il 2018 un Pil superiore al 6,5% che si concentrerà su una crescita sana, di qualità ed efficiente. L’altra campana, invece, quella del FMI e delle altre istituzioni internazionali, pensa che questo risky business non pagherà più del 6,4% durante l’anno, aumentando le crepe del debito.
- 36 Regole di Condotta: una “Società Moderatamente Prospera” si forma anche e soprattutto sul al controllo dei flussi degli investimenti in uscita dal paese, specialmente se quest’ultimi vengono fatti da ricche aziende private alla ricerca di sollievi fiscali. Questo il pensiero di Pechino, che dall’alto delle sue nuove commissioni anti corruzione e controllo investimenti, insieme a NDRC, MOFCOM e Bank of China, ha stabilito 36 regole di condotta per tutti gli overseas investments. Nello specifico, alle aziende cinesi è stato esplicitamente richiesto di concludere affari che rientrino all’interno dei loro core business e delle loro capacità, consegnando prima al governo piani di investimento (soggetti quindi a possibile diniego) e di evitare azioni “fraudolente” riguardanti evasione, riciclaggio e trasferimento di asset all’estero.
- Giappone ed USA discontinui: rimanendo in tema di investimenti all’estero, le grandi differenze e gli scontri geopolitici che si sono susseguiti nel 2017 tra Cina, USA e Giappone, hanno dato vita a grandi discontinuità in termini di commercio e investimenti tra i Paesi coinvolti. Elementi che si prevede influenzeranno ondate di capitali e iniziative programmate dal governo cinese nei due Paesi, a tutto vantaggio di altre zone d’influenza come Europa (Gran Bretagna, Scandinavia, Germania, Italia, Grecia per citarne alcune) e Africa (Kenya).
- Una licenza per controllarli tutti: freschi freschi dall’ultima WIC ( World Internet Conference ) di Wuzhen, si sono celebrati i successi della tecnologia e dell’innovazione cinese dal quantum computer all’Intelligenza Artificiale fino ai nuovi sistemi di pagamento digitale (Alipay, WeChat ) trasformando la Cina in una 无现金社会(società senza contanti) dando vita a nuovi e avveniristici, quanto discutibili, modelli di controllo finanziario e rating dell’individuo; si è anche ribadito il concetto di Sovranità dell’Internet ( legittimando quindi le attività di controllo e censura ). In quest’ottica Pechino sferza i nuovi Internet Players introducendo una licenza, di diverse tipologie, per chiunque volesse sviluppare/introdurre sul mercato nuovi sistemi di credito digitale, wealth management, assicurazioni, servizi finanziari online.
OBOR, Made in China 2025 e intelligenza artificiale
One Belt One Road, la pantagruelica iniziativa e programma economico-diplomatico che punta a cambiare le regole del commercio tra la Cina e l’Occidente, rimane il pilastro fondamentale della strategia d’espansione di Pechino: il connubio, lungo la Nuova Via della Seta, tra infrastrutture, porti, autostrade e soft power initiatives, come centri di cultura per l’insegnamento della lingua cinese nelle università delle maggiori città.
Lo stesso rimane valido per il trend di investimenti identificato e dichiarato negli ultimi anni e rafforzato nel 2017 con focus ad ampio spettro sui settori del Made in China 2025 (MiC2025, il piano di innovazione manifatturiera) e sullo sviluppo di innovazioni guidate da AI e IoT nel settore dei servizi: gaming, turismo, sanità, educazione. Molte infatti le grandi aziende cinesi rimaste nei confini della Cina mainland ma con la capacità di scalare in fretta in ecosistemi esteri.
Le startup come linfa
Nel nugolo di informazioni che riceviamo dalla Cina sicuramente sarà sicuramente sfuggito a molti come il flusso costante, privato e governativo, di investimenti (45 miliardi di dollari nel 2017) dedicato alle imprese innovative cinesi abbia dato vita a decine di validi ecosistemi startup all’interno del paese (dalla Z-Innoway di Beijing alla Greater Bay Area che connette Hong Kong, Macau, Guangzhou, Shenzhen e diverse altre città nel sud est) con business model, tecnologie e servizi validi per scalare in Cina e all’estero. La “Innovazione ed Imprenditoria di Massa” è il concetto che fa da padrone nella vibrante scena startup in Cina che si riflette poi immediatamente su larga scala e nelle grandi corporations come Tencent, Alibaba e Baidu. Il collante necessario che unisce le vecchie alle nuove industrie, traina l'economia digitale da tre milioni, crea innovazione dal basso ma anche nuovi posti di lavoro, talenti specializzati e valore aggiunto per le corporazioni.
- Automotive
Il settore automobilistico, in particolare quello delle e-cars, automobili elettriche o semi, ha subito un impennata nel 2017 in termini di sviluppo e vendita e continuerà a crescere nell’anno entrante e in quelli a venire, coinvolgendo nella corsa tutta la filiera, dalla ricera e sviluppo di nuove fonti di energia, all’OEM e grandi case come Volkswagen, che investirà 10 miliardi di dollari nel 2018 per lo sviluppo di veicoli elettrici. Fino a intere città come quella di Shenzhen che ha già sostituito tutti i propri mezzi pubblici con prossima tappa i taxi. Lo stesso piano governativo prevede di elargire altri 50 miliardi di dollari in sussidi entro il 2020.
- Pharma & Biotech
L’ammodernamento delle regolamentazioni della China Food and Drug Administration ha portato a una facilitazione del processo di approvazione di medicinali con circa 40 nuovi lanci (rispetto ai soli 4 nel 2016). In previsione per il 2018, quindi, un aumento dell’approval rate così come degli investimenti dedicati al settore. Nel biotech, invece, la Cina ha in serbo lo sviluppo di più di 1000 molecole da esportare con investimenti milionari in acquisizioni di aziende, talenti e strutture internazionali, non solo per il biopharma ma anche startup e servizi medtech e healthcare (come non citare ad esempio in questi giorni, l’acquisto dell’italiana Esaote da parte della Shanghai Yunfeng Xinchuang ). Il governo e gli ospedali sono al lavoro con le big nel settore della finanza ( B.A.T. ma anche Ping An ) per la creazione di database digitali e innovazioni basate su big data e AI per lo sviluppo di migliori programmi di diagnosi per i pazienti.
- Più sport, quelli digitali però
Meno calcio sul campo, più gioco online. In sintesi, è questo il payoff che si può cogliere dalle ultime analisi di un mercato dello sport ormai interdetto agli investimenti dopo un anno di fragore e clamore che passa dalla Cina, all’Italia, a Francia e Inghilterra. D’altro canto il ruolo degli e-sport players diventa sempre meno di nicchia e sempre più un nuovo lavoro con tanto di associazioni di categoria, tornei internazionali, live stream, sponsorship e decine di milioni di giocatori. Con più di 1000 giocatori professionisti, molti dei quali riescono a guadagnare circa 1 milione di dollari all’anno, e considerando la rapidità con cui si sviluppa insieme agli investimenti milionari ricevuti, il mercato degli e-sports è tutti gli effetti un trend da considerare nel 2018.
Green is Gold
Dal problema alla soluzione, dall’inquinamento tangibile e socialmente parte della vita quotidiana a una rivoluzione culturale che scardina i processi che hanno reso famosa la Cina come fabbrica del mondo e li ripulisce con forza progressiva per un Cina più sostenibile. Procede con forza lo smantellamento delle industrie a inquinamento pesante, alcune chiuse per sempre mentre altre finanziate dal governo stesso per fare un upgrade dei propri sistemi. Segue una normativa importante che regola le emissioni di gas inquinanti tanto quanto condanna chi non si adegua ai nuovi standard. Un 2018 all’insegna della conversione delle aziende pesanti che lasciano spazio, meno competitor e più ordine in un mercato alla costante ricerca di tecnologie per l’ambiente, che vale più di 70 miliardi di dollari.
Sistema chiuso?
Durante il meeting WTO di Dicembre, UE e USA hanno congiuntamente criticato il ruolo di “mercato chiuso” che la Cina mantiene nei confronti del commercio estero, legittimando in chiave di protezione del proprio ecosistema interno l’utilizzo di barriere e ostacoli per le aziende straniere. Un esempio recente, che ha dato il "La" agli eventi di cui sopra, è stato il rifiuto da parte della Cina di permettere alle aziende automobilistiche straniere di mappare le strade cinesi per permettere alle tecnologie che guidano le nuove self-driving cars di funzionare. In eventi meno recenti, l’obbligo per le imprese straniere di archiviare in Cina dati personali e aziendali raccolti attraverso attività nella RPC ha scatenato simili critiche. Sulla falsariga ma con uno sguardo rivolto a un orizzonte completamente divers, le critiche al protezionismo in commercio non tengono conto delle profonde trasformazioni culturali e economiche che sono accadute in Cina dal 1970 ad oggi. Allargando il nostro spettro di analisi e concentrandolo sull’attrazione di investimenti diretti esteri, la Cina diventa di colpo il più grande recipiente di investimenti diretti esteri (IDE) in Asia già dal 1983, quando l’inflow era di circa 1 miliardo di dollari, ai 803 miliardi di oggi, con una crescita annua del 9.8%, quarta nel mondo dopo Australia, Canada e Brasile.
Alle critiche sul protezionismo nei confronti delle aziende domestiche la Cina risponde con estensivi programmi di attrazione e finanziamento talenti ed aziende estere strategiche in diversi settori d’innovazione.
E Italia?
Molte sono le strade che si sono aperte per le imprese ad alto contenuto tecnologico nei settori strategici identificati sopra e diversi altri prioritari per il governo cinese. Specialmente per l’Italia, che ha tanto da condividere in termini di contributo e di know-how tecnologico di cui la Cina non è ancora pienamente a conoscenza.
L’Italia non è solo pizza, come scritto in un recente articolo da Rebecca Arcesati, ma un pool qualitativo di piccole e medie imprese (PMI) ad alto contenuto tecnologico e adattabilità che la Cina sta imparando a conoscere e apprezzare soprattutto nei settori med e biotech. L’impegno istituzionale è la chiave della promozione del sistema paese all’estero, cosi come quello delle aziende private che, come Tech Silu, lavorano in Cina già da diversi anni per unire concretamente e qualitativamente talenti, tecnologie ed imprese di entrambi paesi.