Ma i cinesi sono molto diversi da quello che spesso si crede
"Ci narriamo". Un contest per superare gli stereotipi

L'immagine più frequente che si ha in Italia della comunità cinese è quella di lavoratori infaticabili nei loro negozi e ristoranti, un po' chiusi nelle loro interazioni con il resto della società, che parlano con un italiano approssimativo, con le L al posto delle R. Come tanti stereotipi questo contiene una parte di verità, ma è un po' riduttivo sia perché non è vero per tante persone, sia perché si applica a una realtà in costante cambiamento.
È interessante inoltre notare che le comunità cinesi di altri paesi hanno degli stereotipi sui cinesi che sono diversi da quelli italiani. Per esempio, negli USA, accanto ai cinesi che sono, come in Italia, proprietari di ristoranti e altri esercizi commerciali, ce ne sono molti altri hanno scelto destini diversi. È il caso degli studenti di origine cinese che affollano le più prestigiose università, tanto che lo stereotipo del cinese è quello di uno studente un po' secchione portato verso le materie scientifiche.
Non mancano esempi illustri di sino-americani che ricoprono ruoli di prestigio anche in altri settori, rappresentati per esempio dalla figura di Steven Chu, premio Nobel per la fisica e Segretario per l'Energia nella passata amministrazione Obama.

Situazioni molto diverse da quella italiana esistono anche in paesi europei. Per esempio nella vicina Francia Gao Xingjian, scrittore, regista, pittore emigrato dalla Cina in Francia nel 1987 scrive in francese pur essendo madre lingua cinese e nel 2000 viene insignito del premio Nobel per la Letteratura.
Sempre in Francia lo scrittore e poeta François Cheng che arrivò in Francia nel 1949 senza sapere una parola di francese fa parte adesso dell'Accademia Francese, una delle più alte istituzioni culturali del paese d'oltralpe.
Questi due grandi scrittori, insieme ad altri come, Shan Sa e Dai Sijie, emigrati dalla Cina con borse di studio e adesso autori di libri di grande successo, fanno sì che si possa parlare di un vero movimento letterario francese ma con una influenza che viene dalle origini degli autori che arricchisce la letteratura del loro paese di adozione e quella mondiale.
In Italia la scrittrice sino-italiana di maggior successo è stata Bamboo Hirst a cavallo degli anni '80 e '90, quando era spesso invitata nei salotti televisivi e i suoi libri venivano pubblicati dalle maggiori case editrici italiane.
Figlia di un diplomatico italiano in missione in Cina, cresciuta in un ambiente più internazionale che cinese, l'immagine della Cina da lei proposta era quella di un paese lontano, raccontata ad un pubblico affascinato da un esotismo quasi da cartolina.
Se i suoi lavori avevano il merito di creare interesse verso un paese di cui si sapeva poco o niente, rischiavano però di trasmettere una immagine della Cina molto diversa da quella in impetuoso cambiamento di quel periodo.
Più recentemente l'attore Shi Yang Shi, che già aveva raccontato nel suo spettacolo teatrale Tong Men la difficoltà, ma anche la bellezza, di essere a cavallo tra due culture, ci offre il suo primo romanzo "Cuore di Seta".

Queste voci sono testimonianze di tante altre storie sono lì, pronte per essere raccontate e questa considerazione porta Associna, l'associazione che rappresenta la realtà delle seconde generazioni cinesi in Italia, insieme alla casa editrice Orientalia, a fare qualcosa per spingere i giovani sino-italiani a cogliere la sfida di raccontarsi in una lingua diversa da quella dei propri genitori.
È nato così il concorso letterario "Ci narriamo" che, ci auguriamo, rappresenterà uno stimolo a raccontare degli spaccati di realtà molto spesso sconosciute e quindi far emergere delle novità interessanti da leggere. La lingua italiana è il principale veicolo di integrazione e di apertura e, creando degli esempi virtuosi, contribuiremo a rompere una delle tante barriere invisibili che ci rinchiudono nelle etichette del pregiudizio.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it