Il bamboccione italiano? Non sa cucinare nemmeno un piatto di pasta. E il bamboccione cinese? Va in crisi per due uova strapazzate al pomodoro. Paese che vai, cliché che trovi, ma mai si era parlato così tanto di questa pietanza (fanqiechaodan) in rete da quando, all’inizio di novembre, sulla TV cinese è arrivato uno spot che è diventato rapidamente popolarissimo, “incendiando” (huo), come si dice nel gergo internautico cinese, il web al di là del Grande firewall.
La pubblicità – lo si capisce soltanto alla fine del filmato - è dedicata a una carta di credito, ma non c’è alcun riferimento al prodotto nel racconto che, nella sua versione integrale, dura oltre quattro minuti. Il video mostra un giovane studente che, negli USA da otto giorni, deve raggiungere un gruppo di amici internazionali portando con sé una pietanza tipica. Scelta facile, le uova strapazzate al pomodoro: pochi ingredienti, poche manovre. L’intrepido studente, però, mentre gli amici continuano a mandargli messaggi sollecitandolo a raggiungerli, si ritrova in cucina a non sapere che pesci pigliare. Sono le 4 di pomeriggio, negli States: le 4 di mattina in Cina.
Lui, senza pensare al fuso orario, scrive alla mamma, che prontamente gli manda istruzioni tramite messaggio vocale. Primo ostacolo superato: i pomodori sono lavati e tagliati, le uova sbattute. Ma non basta: lui ancora non sa se prima vadano messe in padella le uova o i pomodori. “Non ti sento bene, così non va”, si spazientisce via messaggio. Pochi minuti dopo, gli arriva un video: la madre, novella masterchef, ha cucinato in tempo reale la pietanza, spiegando passo passo come procedere. Naturalmente, è un trionfo: lui arriva dagli amici con il piatto fumante, loro si sperticano in complimenti. Tutto bene insomma, fino a quando un compagno non gli chiede quale sia la differenza di fuso orario con la Cina: “Dodici ore”, risponde. E, nel dirlo, si rende finalmente conto che sua madre che si è alzata, vestita e pettinata nel cuore della notte soltanto per girare il video per lui.
Lo storytelling ha chiaramente colpito al cuore molti giovani cinesi, che in poche ore hanno reso il video virale. Non sono però mancate le voci critiche, come quella apparsa sul quotidiano Xin Jing Bao il 3 novembre, che si concentra sul fatto che, sebbene “questa pubblicità promuova un’idea di tenerezza”, in realtà, “a una visione più attenta, trasmette tre concetti sbagliati”.
Il commentatore, Xie Ping, afferma che “il primo concetto erroneo veicolato dallo spot è che il sentimento di affetto e tenerezza” che raggiunge il pubblico, “veicolato dal piatto di uova strapazzate, si basa sul fallimento dell’educazione familiare”. Come altro giudicare, altrimenti, la situazione di “uno studente che è stato in grado di imparare l’inglese, di decidere il proprio corso di studi, di fare il visto per gli Stati Uniti e di lasciare la Cina, che ora vive una vita indipendente all’estero, [ma che] non è in grado nemmeno di cucinare un piatto di uova strapazzate al pomodoro e [che] deve appoggiarsi ai propri genitori nel cuore della notte”? Per Xie, “non c’è proprio niente da elogiare di una vita indipendente di questo tipo”. Il protagonista dello spot, infatti, non prova nemmeno a cercare una ricetta in rete, a chiedere a connazionali espatriati come lui, o a inventarsi un’altra soluzione: l’unica idea che concepisce per risolvere il suo problema è chiamare la mamma.
Il secondo punto evidenziato da Xie è che “nelle famiglie forse i giovani sono così incapaci di assumersi responsabilità e di darsi da fare che il fatto che non sappiano cucinare un piatto di uova strapazzate non viene percepito come un grave difetto. Ad aggravare la situazione è il fatto che lo studente della pubblicità, appena incontra una ‘difficoltà’, chiama in causa i genitori ignorando il fuso, e dimostrando così la propria totale mancanza di considerazione per gli altri”.
Il terzo errore dello spot, secondo il commentatore, è che “il regista non solo non si è reso conto di quello che metteva in scena, cioè il fallimento della famiglia, ma ha presentato il comportamento del ragazzo come se fosse assolutamente normale”. Il resto dell’articolo è un attacco ai bamboccioni (juying), termine (letteralmente significa “bambino grande”) entrato nel discorso mediatico cinese con la pubblicazione del libro “Il paese dei bamboccioni” (Juying guo), scritto dallo psicologo Wu Zhihong e pubblicato alla fine del 2016.
“L’amore di una madre è infinito, ma viziare ciecamente i figli porta solo a crescere prodigiosi cocchi di mamma – scrive Xie - A rendere indigesta la celebrazione dell’affetto materno e della tenerezza all’interno della famiglia di questa pubblicità” è il fatto che, tolti “l’uso sapiente delle luci”, della musica e dei “dolci sorrisi” dei protagonisti, “il succo della vicenda è che un bamboccione cerca la mamma oltreoceano comportandosi da bambino viziato, per poi commuoversi di fronte alla sua tenerezza. Con le uova al pomodoro, il regista ha cucinato anche tre idee sbagliate”.
Per Xie rimane la domanda del perché sia stata realizzata una pubblicità che promuove valori negativi e perché sia stata apprezzata dal pubblico, suscitando commozione. La sua ipotesi: “Forse perché, per le persone di un certo livello sociale, la vita si fonda su questo: viziare i figli, dare loro tutto quello che vogliono, amarli incondizionatamente e far sentire loro il calore del grembo materno anche attraverso gli oceani. In questa tenerezza vischiosa, molti si sono però dimenticati che ‘i figli dei poveri diventano adulti presto’”.