AMMINISTRATORE DELEGATO DI H.G. EUROPE
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AMMINISTRATORE DELEGATO DI H.G. EUROPE
Pechino, 04 ott. - Il 29 settembre scorso è stato insignito del China National Friendship Award: di che si tratta?
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E' la maggiore onorificenza che viene concessa dalla Cina ad uno straniero. La consegna del premio è avvenuta nella Great Hall of People, alla presenza del premier Wen Jiabao; i premiati provenivano soprattutto da Stati Uniti, Francia e Germania. La cerimonia è stata emozionante, i cinesi ci tengono a sottolineare tanto gli aspetti del business, quelli dei risultati oggettivi conseguiti, quanto quelli dei rapporti umani; il premio, infatti, era intitolato non a caso all'amicizia, e vuole rappresentare una relazione personale tra chi lo riceve e la Cina.
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Come è arrivato al suo ruolo di amministratore delegato di Hengdian Europe? Ci traccia un profilo del gruppo?

Ho sempre lavorato per aziende asiatiche; dopo l'università ho avuto la fortuna di entrare nel gruppo giapponese Sumitomo , un grosso conglomerato, e questo mi ha permesso di conoscere la Cina, che i giapponesi hanno scoperto prima di noi europei. Nel '92, al mio primo viaggio in Cina, conobbi questa piccola azienda del settore farmaceutico: il gruppo puntava a espandersi, ma c'erano ancora poche realtà al suo interno, ed erano tutte orientate sul mercato cinese. Io mi occupavo proprio del settore farmaceutico, e il nostro compito consisteva nello stringere rapporti di partnership per i giapponesi. Visitai quest'azienda, allora ancora molto modesta, e a capo di questa piccola compagnia c'era un ragazzo più o meno della mia età: eravamo giovani, e nacque un rapporto professionale perché riuscimmo a stringere un accordo di successo, vendendo il prodotto a una grossa azienda farmaceutica. Poi, come spesso avviene in Cina, si trasformò in un rapporto di amicizia, le nostre famiglie si incontravano anche per ragioni di piacere, finché in anni più recenti, parlando delle strategie del gruppo, loro mi spiegarono che puntavano a maggiore visibilità in Europa e ad ottenere migliori relazioni coi clienti europei. Nel frattempo Hengdian si era allargata ad altri settori, ad esempio quello cinematografico, ed oggi è diventata un'azienda enorme tra i primi 10 gruppi privati cinesi, con un fatturato annuo che supera i 2 miliardi di euro e interessi in settori come l'elettronica, i motori elettrici, l'entertainment e il retail, oltre che nel chimico farmaceutico. Il figlio del presidente del gruppo, il signor Xu Yong'an è diventato il presidente ed è partita quest'espansione in Europa: in pratica volevano mutare il loro approccio rispetto a quello condiviso da molte aziende cinesi, che era ancora troppo basato sul prezzo. Volevano competere su elementi diversi dalla convenienza dei costi, come è successo a molte altre compagnie in Giappone e in Corea.

Vede un'analogia tra l'attuale fase di sviluppo in Cina e quella che hanno già attraversato compagnie giapponesi e coreane?

L'analogia è che sono tutti paesi che all'inizio hanno dovuto basarsi molto sulla competitività, ma poi sono arrivati alla qualità. Si tratta dello stesso percorso che stanno compiendo le aziende cinesi più strutturate; da un lato investono di più su ricerca e sviluppo, dall'altro investono maggiormente su settori come il servizio al cliente, la comunicazione, l'assistenza. Tutte cose che poi portano un valore aggiunto. C'è una forte tensione, non solo a livello aziendale ma anche pubblico, per fare apprezzare il proprio prodotto. Va anche detto che in Cina un certo approccio di marketing è ancora molto nuovo, la sensibilità è ancora limitata ed è normale che sia così. Quindi non è più solamente questione di come produrre, ma anche di come riuscire a vendere: secondo me uno dei modi per accelerare questo cambiamento è assumere manager stranieri, ed ecco che le aziende cinesi, a mio avviso, in questa fase sono un'ottima opportunità per laureati e giovani che hanno voglia di fare. Avere delle persone di fiducia in mercati importanti, è sempre più importante per le aziende cinesi che devono interfacciarsi con questi mercati. La Cina, oltre che a livello industriale, ormai è molto forte anche a livello economico e può permettersi di comprare quello che serve. I brand si possono comprare, e diverse aziende stanno pensando di comprare i marchi già avviati.

Che ruolo riveste HG Europe all'interno del gruppo?

HD Europe nasce nel 2007 ed è l'unica filiale europea del gruppo. Ha una posizione particolare, perché riporta direttamente alla holding, alla proprietà. Questo perché la mission dell'azienda è di sostenere attività di servizio,non tanto di supply chain o import,quindi di aiutare le aziende del gruppo più strategiche per l'Europa, nelle attività di marketing, in problematiche di consegne e logistica, o nel discutere di nuovi progetti. L'altro obiettivo, ancora più importante, consiste nell'effettuare un lavoro di scouting per gli investimenti diretti, per acquisizioni, anche minoritarie, o per le partnership.

In questo senso, che caratteristiche deve avere un'azienda italiana per attrarre l'attenzione di un gruppo cinese?

Uno degli elementi di maggiore attrazione secondo me è l'elemento umano; mi sembra che a volte il business fallisca per una cattiva alchimia tra le due parti. Porsi in modo molto serio, e allo stesso tempo umile, può fare premio su altre caratteristiche. E poi deve essere sinergica, anche se è molto difficile fare un discorso generale, e si rischia di cadere nella banalizzazione: sulla Cina si dicono molte cose inesatte. Perché un gruppo così ha deciso di aprire proprio in Italia? Sicuramente l'Italia è molto interessante ma, non voglio peccare di superbia, ritengo che se non ci fosse stato questo tipo di rapporto personale con Hengdian, l'azienda avrebbe aperto altrove. Per questo sono lieto di un'iniziativa in collaborazione con l'Università Cattolica del Sacro Cuore che presto mi permetterà di accompagnare degli studenti agli studios Hengdian, la "Hollywood cinese": facciamo sviluppare i rapporti tra studenti, poi il business verrà a cascata.

Continuando con il paragone con lo sviluppo giapponese, alla luce dei rischi connessi alle bolle speculative, ritiene che anche la Cina rischi di ritrovarsi a vivere un "decennio perduto"?

Sono almeno venti anni che ci si aspetta un crollo della Cina, ma invece i problemi invece li hanno avuti le aziende e i governi occidentali. Io sono ottimista sulla Cina: la differenza, il grosso vantaggio, è che la Cina prende delle decisioni. Magari sono decisioni sbagliate, ma qualcuno al timone c'è, e se c'è da fare una virata perché c'è poco vento, la Cina lo fa in tempi brevi.

di Antonio Talia
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