Milano, 11 feb. - "Sono contadini i veri protagonisti del miracolo economico cinese. Con le loro braccia, la loro dolorosa emigrazione e i loro risparmi hanno supportato e permesso il boom delle città". Chen Guidi e Wu Chuntao, autori nel 2004 della controversa Indagine sui contadini cinesi, inchiesta-denuncia sulla vita nelle campagne della Repubblica popolare, lo scrivono ripetutamente nei loro testi. Ma oggi le condizioni di vita dei contadini non sono migliorate e i tentativi di renderle più eque non hanno finora dato i frutti sperati. Tra i tanti problemi che affliggono le zone rurali alimentando il divario con le aree metropolitane, quello finanziario riveste un ruolo centrale. Lo spiega Li Yunzheng, commentatore specializzato in tematiche finanziarie, in un lungo editoriale pubblicato dal Xin Jing Bao (Beijing News) il 30 dicembre.
Da una parte, il mancato sviluppo di un sistema finanziario sano e vivace nelle province e nelle città dell'entroterra cinese è considerato il "collo di bottiglia" che frena la crescita delle campagne; dall'altra, l'arretratezza e la scarsa presenza di istituti bancari nelle aree rurali del Paese fa sì che i contadini, pur risparmiando in proporzione più dei cinesi urbani, difficilmente riescono ad accedere al credito quanto i residenti delle città. In questo modo i risparmi delle campagne finiscono col foraggiare i privati e le aziende urbane.
Ecco perché, alla fine del 2009, un rappresentante della Commissione nazionale per la regolamentazione delle banche dichiarava alla stampa: "Bisogna accelerare la creazione di un sistema finanziario rurale orientato all'equità, e bisogna fare in modo che una percentuale prestabilita dei depositi bancari rurali venga utilizzata in loco. La quota ottimale sarebbe intorno al 70 per cento. Inoltre, sono necessarie politiche a sostegno della finanza rurale, per esempio accelerare l'accesso al credito scontato, estendere a più soggetti gli incentivi e i sussidi mirati, allentando allo stesso tempo le restrizioni al momento in vigore sull'uso dei capitali finanziari nelle zone rurali".
Perché il sistema finanziario delle campagne si sviluppi in modo equilibrato, però, è necessario "proteggersi dalle sanguisughe". Così si intitolava l'editoriale di Li Yunzheng. "La finanza rurale – esordisce Li – è da sempre una spina nel fianco nella costruzione delle "nuove campagne cinesi"". Negli ultimi tempi qualcosa si è tentato di fare: "Sono già due anni che in tutto il paese si promuove l'accesso al mercato finanziario delle aree rurali. Secondo i dati diffusi dalla Commissione nazionale per la regolamentazione delle banche, dal giugno 2009 nelle campagne cinesi sono stati aperti 118 nuovi istituti bancari, di cui 100 banche di villaggio. Inoltre, all'interno del programma che per i prossimi tre anni prevede la creazione nelle aree rurali di 1294 nuovi istituti bancari, si punta ad aumentare il numero delle banche di villaggio portandolo a 1027".
La creazione di nuove banche, però, non basta a garantire la fine del processo che Li chiama "deruralizzazione della finanza rurale", vale a dire la tendenza a utilizzare i capitali delle banche di campagna per dare credito ad attività che si sviluppano invece nelle zone urbane. Né basta a invertire il fenomeno per cui i capitali delle banche rurali spesso finiscono con l'essere utilizzati per tutto fuorché per sostenere le attività dei contadini.
"Il fatto che alcune banche rurali siano diventate il bancomat a cui attingono i governi locali è un fenomeno sconvolgente, eppure molto frequente – scrive Li -. Prendete per esempio la storia ormai sensazionale del "caso Dongxiang": mentre la banca rurale della contea di Dongxiang (nella provincia del Jiangxi) faticava a ripianare i suoi debiti, si scopre che questi erano stati provocati dall'uso pubblico di prestiti forniti a privati. I funzionari di partito e di governo del luogo avevano usato il denaro ricevuto per pagare gli stipendi dei docenti: 2 milioni e 300mila yuan di cui oltre la metà non potrà mai essere recuperata, perché il reato è finito in prescrizione".
Episodi come questo, dice Li, non sono casi isolati. "Lo dimostra una indagine svolta dalla provincia del Jiangxi: nel 2005, i funzionari di partito, di governo e delle istituzioni giuridiche degli oltre 190mila villaggi e paesi della provincia hanno accumulato un debito, tra capitali e interessi, che ha superato i 460 milioni di yuan, a causa dell'abitudine a chiedere prestiti privati che però vengono utilizzati per spese pubbliche, senza mai venire ripagati".
Questa consuetudine, oltre a gravare gli istituti finanziari di crediti inesigibili, crea anche un terreno fertile per la corruzione. "Nel caso di Dongxiang, nel controllare alcuni prestiti privati utilizzati in enti o aziende, la procura ha scoperto che parte di quei fondi non aveva lasciato alcuna traccia sui conti bancari delle diverse società". Infatti erano finiti nelle tasche dei politici locali.
Si domanda Li: "Quanti casi come questi avvengono ogni anno in Cina? Quanti crediti inesigibili gravano sulle casse delle banche rurali cinesi? E se anche venissero scoperti, quanti di questi soldi si potranno recuperare?".
Una risposta precisa, al momento, non c'è. "Per ora è difficile che emergano dati statistici dettagliati su questo fenomeno, ma è innegabile che si tratta di cifre enormi. Costruire un nuovo sistema finanziario, però, è un passo cruciale per la modernizzazione delle campagne cinesi. Per farlo è necessario prima di tutto neutralizzare le sanguisughe attaccate alle vene del sistema finanziario rurale. Solo dopo questo difficile e doloroso processo – conclude Li - sarà possibile uno sviluppo sostenibile delle campagne, rendendole più moderne, competitive e dinamiche".
di Emma Lupano
Emma Lupano, sinologa e giornalista, cura per AgiChina24 una rassegna stampa bisettimanale volta a cogliere pareri autorevoli di opinionisti cinesi in merito a temi che si ritengono di particolare interesse per i nostri lettori.