di Emma Lupano
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Pechino, 16 lug.- Nuove norme sulla pratica giornalistica, nuove regole sulla libertà degli avvocati di esprimersi in rete, Google e Gmail diventati praticamente inaccessibili senza una connessione protetta. Sono solo alcuni esempi, da aggiungere ai troppi arresti e intimidazioni nei confronti di attivisti “scomodi” portati avanti dalle autorità cinesi negli ultimi mesi. La speranza che si trattasse solo di una stretta temporanea, in vista del venticinquesimo anniversario dei fatti di piazza Tian’anmen, comincia a sgretolarsi: passato il 4 giugno, il clima non è cambiato.
La leadership guidata da Xi Jinping sta agendo tanto online quanto offline e il messaggio sembra chiaro: la “quinta generazione” a capo del partito non sarà più tenera dei suoi predecessori nei confronti dei contestatori. Ecco allora le diverse norme pensate per prevenire l’aggregarsi dell’opinione pubblica in rete attorno a casi o a persone specifiche, ma anche l’azione a gamba tesa nei confronti di personaggi particolarmente popolari su blog e social media.
L’ultima vittima illustre è Li Chengpeng, ex commentatore di calcio diventato un opinionista molto seguito in rete, bersaglio della sinistra conservatrice. Il suo account weibo è stato chiuso il 7 luglio. Se ne sono accorti i netizen ovviamente, ma a mettere una tempestiva parola ferma sulla questione è stato lo Huanqiu Shibao, testata acchiappa-lettori del gruppo del Quotidiano del popolo. L’8 luglio il giornale, che dipende dal partito, ha pubblicato un editoriale a firma Shan Renping che condanna l’attività di Li e di tutti quelli che definisce “estremisti della destra liberale”.
Così comincia Shan: “La sera del 7 luglio l'account weibo di Li Chengpeng è stato cancellato. Tra i casi di chiusura di account di weibo, quello di Li è il più tipico. Li Chengpeng viene spesso chiamato ‘Grande occhio Li’ ed è un esponente dei ‘grandi V’”, vale a dire gli opinionisti più influenti sul web cinese. Secondo l’editoriale, Li “ha un linguaggio tagliente, caustico, vicino all’insulto nei confronti del governo. Oltre a questo, è tra i sostenitori di Xia Junfeng”, il venditore ambulante giustiziato nel 2013 per aver ucciso due chengguan (gli agenti urbani che vigilano sul commercio abusivo e altri reati).
Secondo Shan, “l’ombra di Li si staglia su molti casi pubblici avvenuti negli ultimi anni”, e sebbene “più volte in passato il suo account di weibo sia stato bloccato”, questa sarebbe la prima volta in cui viene “cancellato completamente”. Un errore non averlo fatto prima, sembra suggerire l’editoriale, perché “in passato l'account era stato rimesso in funzione dopo il blocco temporaneo, che è un’esperienza che viene spesso usata dagli esponenti della destra liberale per farsi belli con il pubblico”.
Ora, scrive Shan, “non è chiaro quale sarà il destino del suo account. Tuttavia, il ‘modello Li Chengpeng’ non può continuare senza limiti, ed è chiaro – almeno per l’editorialista - che finalmente questo tentativo di portare disordine sta per essere fermato. Alcuni intellettuali della destra liberale non capiscono le ragioni di questa chiusura, oppure le capiscono e non le approvano. Se vogliono giocare allo scontro, però, si tratta di una loro scelta individuale”.
Tornando a Li, il redattore spiega che “all'inizio era un commentatore sportivo, però poi si è messo a giocare con la politica, entrando in un campo totalmente diverso. Offendere il governo gli ha dato un’identità nella società virtuale di internet, e questo lo ha reso influente anche nella società reale. Per questi attivisti di destra è come una droga”.
Ma a cosa punterebbero le persone come Li? “Tra alcuni esponenti della destra liberale radicale c'è una idea irrealistica: che il sistema cinese crollerà. Credono che l'antagonismo nei confronti del governo sia una carriera promettente e che il potere dell'occidente trionferà a livello universale”. Nonostante queste convinzioni, è proprio perché la Cina è diventata più aperta che, secondo Shan, questi personaggi possono esistere. “Con la costruzione dello stato di diritto e con la crescente apertura mentale della Cina, i rischi per i dissidenti sono molto diminuiti. La commercializzazione e la pluralizzazione della società hanno inoltre offerto possibilità di sopravvivenza a tutti, e così molti estremisti della destra liberale possono vivere bene, basta che non violino la legge - alcuni hanno anche parecchi soldi. È un grande risultato della nostra società il fatto che il sistema cinese e la maggior parte della società riescano a convivere con questi radicali”.
E se, ammette il commentatore, “obiettivamente la destra ha contribuito al paese anche in modo positivo, visto che anche loro stanno favorendo l’accelerazione delle riforme”, il problema di questi personaggi è però non avere capito che “in un paese grande e complicato come la Cina essere consapevoli dei confini e saperli misurare è estremamente importante. Tutti, indipendentemente dalle proprie convinzioni, devono rispettare la legge”.
Invece gli estremisti di destra, “nel ricercare la cosiddetta libertà di espressione, contestano apertamente il sistema di governo nazionale. Ma quello che devono capire è che discussioni aperte che violano pesantemente la Costituzione non possono non avere conseguenze. Che piaccia o no, la Cina non è il luogo dove si possano propagandare a proprio piacimento i sistemi di valore occidentali. Desiderare la democrazia non è un talismano che difende dalle violazioni di leggi e regolamenti. Una volta ottenuto il diritto di parlare, i radicali non possono abusare di questo potere, altrimenti dovranno fare i conti con conseguenze nefaste”.
Del resto il governo cinese, secondo Shan, non è mai stato così comprensivo nei confronti di chi lo critica: “Il nostro paese ha mostrato pazienza nel gestire i radicali di destra. Se alcuni ancora cercano lo scontro e l'antagonismo, è una loro scelta politica e di vita e devono accettarne le conseguenze. Prima di loro, altri che speravano che la Cina crollasse hanno perso tutto. I radicali di oggi – tuona Shan in conclusione - faranno meglio a non replicare le tragedie vissute da quelle persone”.
Gli altri giornali cinesi non sembrano aver voluto o potuto ribattere. Ma mentre anche una testata nota per il piglio investigativo come Caijing ha ripubblicato integralmente l’editoriale dello Huanqiu Shibao sul proprio sito, la sua diretta concorrente, la rivista Caixin, ha invece parlato di libertà di espressione in un articolo completamente slegato dalla vicenda di Li Chengpeng pubblicato il 9 luglio.
Nella lunga intervista all’economista Mao Yushi si legge un riferimento alla necessità di proteggere la libertà di pensiero e di espressione come elemento fondamentale per promuovere la creatività.
“Non è che la Cina manchi di talenti – afferma Mao Yushi -, ma per farli maturare completamente bisogna incoraggiare la libertà di pensiero. Deng Xiaoping e Hu Yaobang hanno promosso le politiche di riforma e apertura, affermando che ‘la pratica è l'unico criterio per trovare la verità’. La loro idea era che la vita non si può racchiudere in uno slogan e che se non si mangia abbastanza il paese rischia il collasso. Solo con le riforme era allora possibile trovare una via d’uscita a quella situazione e così si è deciso di liberare il pensiero. La prossima sfida nel processo di liberazione del pensiero - dice Mao Yushi - è quella di promuovere la creatività e l'innovazione, proteggendo il diritto civile, sancito dalla Costituzione, alla libertà di espressione”.
16 luglio 2014
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