Quest'anno compio 54 anni e faccio parte dei tanti italiani di origine straniera che hanno dovuto richiedere il permesso per soggiornare nel proprio paese di nascita. Ricordo bene il giorno in cui, più di trentacinque anni fa, mi misi in fila per quel documento che caratterizza la vita degli stranieri in Italia.
La fila in questura era lunghissima e la lunga attesa obbligava a una riflessione interiore, sul senso di quello che ero obbligato a fare: richiedere un permesso per soggiornare nel mio paese natale.
Quel pensiero mi ha accompagnato per tutta la mia vita e mi sono ripromesso, da allora, che avrei fatto qualcosa per evitare che altri dovessero vivere quel senso di umiliazione.
I lustri sono passati e, se la mia situazione, a quei tempi, non era così comune, adesso sono centinaia di migliaia di giovani che vivono la situazione di italiani col permesso di soggiorno. Mi sento vicino a loro quando, nei blog e nei social network, descrivono la loro incredulità nello scoprire che non sono uguali ai loro compagni di scuola con cui sono cresciuti insieme, con cui hanno giocato e studiato, perché scoprono di essere stranieri nel loro paese.
Ed è una miopia lasciare che questo stato di cose si protragga ulteriormente, lasciare che tanti italiani de facto non lo siano anche de iure.
Ambasciatori naturali dell'Italia nel mondo
Le istituzioni del nostro paese devono avere la forza di concludere l'iter di riforma, non solo per un senso di elementare giustizia ma anche per una considerazione utilitaristica. Quelle seconde generazioni che hanno identità multiple sono dei naturali ambasciatori dell'Italia nel mondo, costruttori di ponti che uniscono culture diverse e si contrappongono ai muri, simboli delle nostre paure.
La proposta di legge, dopo l'approvazione alla Camera, deve passare al vaglio del Senato. Per dare una ulteriore spinta a questo passaggio ho fatto parte di una delegazione di rappresentanti di varie associazioni e alcuni parlamentari in visita dal Presidente del Senato Grasso per perorare questa riforma che è già frutto di vari compromessi.
La legge attuale e il concetto di "etnia italiana"
La legge attuale infatti è basata sul principio dello ius sanguinis che introduce il concetto di una etnia italiana, in quanto sono italiani i figli o discendenti di italiani. Esistevano varie proposte di riforma che suggerivano invece lo ius soli, principio secondo il quale sono italiani coloro che nascono in Italia.
Con senso di realismo le associazioni e organizzazioni che supportano la riforma hanno accettato una revisione delle proposte con uno ius soli temperato, ovvero legando la cittadinanza alla nascita nel suolo italiano, ma da genitori stranieri con documenti per soggiorno di lungo periodo, e uno ius culturae, cioè legando anche allo svolgimento di un ciclo di studi in Italia. La seconda carica dello Stato, dopo averci espresso il suo supporto, ci ha fatto dono di una copia della Costituzione italiana.
Regalo particolarmente gradito perché è anche il documento su cui giurano i cittadini che acquisiscono la cittadinanza italiana e speriamo che questo pensiero sia anche beneaugurante.
Nel corso degli incontri di questi giorni ho anche avuto modo di illustrare le specificità che riguardano le seconde generazioni cinesi. La Cina infatti non permette la doppia cittadinanza e quindi i cittadini di origine cinese, se vogliono acquisire quella italiana, devono rinunciare a quella cinese.
Non è una scelta facile e testimonia una forte convizione e un senso di appartenza indiscutibile in coloro che portano avanti questa decisione.
Una cosa importante per le relazioni Italia Cina
Ho precedentemente accennato al ruolo delle seconde generazioni come ambasciatori dell'Italia nel mondo, tenuto conto dell'importanza delle relazioni economiche tra l'Italia e la Cina molte seconde generazioni cinesi già giocano dei ruoli importanti nel portare questi due paesi più vicini.
Una legge più allineata con l'attuale realtà della società italiana aiuterà il nostro paese anche da questo punto di vista, per tali motivi questo non è più possibile rinviare ulteriormente l'approvazione della legge sulla cittadinanza.