Tutto ha inizio con Nice Nailantei Leng’ete, una giovane donna della popolazione Maasai, nata in una tribù di pastori e cresciuta in un villaggio rurale ai piedi del monte Kilimangiaro. Nice da bambina è fuggita, ha detto no con coraggio alla zia che voleva sottoporla alla mutilazione genitale, come è da tradizione nel popolo Maasai. Da quel giorno, quando aveva poco più di otto anni, ha cominciato la sua battaglia. Nice è stata una bambina coraggiosa. Ha il volto gentile, e il sorriso sempre pronto, ma la fierezza del suo popolo traspare dalla fermezza con cui porta avanti la sua lotta, perché tutte le bambine e le ragazze africane, possano diventare donne, senza inutili sofferenze e privazioni.
Grace è una giovane donna maasai. Oggi vuole diventare la prima donna presidente del Kenya. Nata nel cuore della Rift Valley, dove ha avuto origine la storia dell’uomo, Grace aveva otto anni quando è stata mutilata nei sui genitali. In queste terre, molte giovani, giovanissime, vengono chiamate a diventare madri da bambine. Dopo la mutilazione le bambine sono pronte per essere date in sposa.
Nice lotta perché tutte le bambine e le giovani donne del Kenya possono essere preservate nella loro intimità. Perché non vengano date in sposa in giovane età. Per questo ha lottato, lotta tutti i giorni tra la sua gente. E la sua lotta non è stata vana. Il rito della mutilazione segna il passaggio dalla pubertà all’età adulta. Nice l’ho incontrata la prima volta mentre era in mezzo a molte bambine e ragazze che si apprestavano a diventare donne, attraverso quel rito alternativo, che Nice è riuscita a introdurre nella sua comunità, che non prevede più la mutilazione. Un rito accettato dagli anziani e dai Moran, i giovani guerrieri Maasai. Un rito che ha salvato, ad oggi, più di 12 mila bambine.
Ivy è una ragazza di 15 anni. Non è stata mutilata. Il suo passaggio all’età adulta è avvento con il tiro alternativo. “Mia mamma – racconta – si è sposata giovane, poi ha smesso di andare a scuola”. Ivy, a modo suo è coraggiosa. “Non voglio essere mutilata, perché so che porta molte malattie”. Ma la tradizione è dura a morire, ma lei non ha difficoltà ad abbandonarla. “Certo, continuo a studiare e il mio sogno è diventare dottore e andare a Nairobi”. Piccoli sogni che forse si realizzeranno.
Grace aveva otto anni quando è stata mutilata e ne aveva dodici quando sua padre ha deciso di darla in sposa a un uomo che poteva essere suo padre. Il giorno più brutto della sua vita. Le femmine, nella tradizione maasai, non possono parlare con il padre. E, allora, tutta la sua frustrazione la sfoga con la madre: “Non voglio sposarmi, voglio continuare a studiare”. Non c’è nulla da fare, quello che è deciso è deciso, non si discute.
Joyce, 42 anni, è madre, quattro figli, compresa una bimba di dieci anni. “Non sono mai andata a scuola”, racconta. “Non mi è dispiaciuto, siamo cresciuti così, era la norma. Quello maasai è un ambiente difficile e dipendiamo dal bestiame. Però se non mandi i bambini a scuola non possono avere delle alternative e non essere costretti a vivere in questo ambiente. I miei quattro figli vanno a scuola e non farò mutilare mia figlia perché mi hanno spiegato e ho capito che è una cosa negativa”.
Grace ha deciso tutto in una notte quando è scappata. No, nessun matrimonio, piuttosto la strada. Sfida la savana. Lascia la madre che l’aiuta a fuggire. Si ritrova in una grande città senza sapere bene cosa fare. Ma è tenace e oggi è una ragazzina felice. Va scuola, si diverte come tutte le adolescenti del mondo. Ma rimane risoluta. Lei vuole diventare la prima donna presidente del Kenya. “Credimi, ce la farò”.
Abigael, 76 anni, "ma non ne sono sicura", mi racconta che nella cultura Maasai si mandavano a scuola i bambini "meno dotati. I Maasai hanno sempre dato al governo i bambini meno dotati”.
“Io spero – continua - che le mie nipoti finiscano la scuola per essere indipendenti". Sulle mutilazioni genitali è molto più avanti degli anziani, uomini, che hanno ancora il potere nelle maniatte, gli insediamenti maasai. Mi racconta: "Ci siamo resi conto che le bambine mutilate sono cresciute uguali alle altre, ma quelle non mutilate hanno avuto più successo nella vita e io sostengo i riti alternativi", che non prevedono la mutilazione. Quelle bambine, grazie ai riti alternativi, hanno potuto proseguire il loro cammino formativo, e non essere costrette a diventare "sposabili" perché mutilate.
Tutto è iniziato con Nice. Ora sono molte le bambine e le donne che hanno seguito il suo esempio. I giovani guerrieri Moran hanno donato il bastone del comando proprio a lei. Gli anziani dei villaggi sono dalla sua parte. E anche noi siamo dalla parte di Nice, perché vuol dire essere dalla parte di tutte quelle bambine africane che hanno diritto di diventare grandi e libere di essere donne. Ma Nice non è paga: “Continuerò a lottare affinché le ragazze crescano, diventino donne senza essere mutilate. Tutte le ragazze del Kenya devono diventare donne e poter sognare. Sono sicura che tutto ciò è possibile”.