Il tema migranti, e migrazioni dall’Africa, è tutti i giorni, nella sua drammaticità e tragicità, all’ordine del giorno in Italia, soprattutto, e in Europa. Quest’ultima, secondo quanto sostiene l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, ha avuto un cambio di prospettiva nei confronti dell’Africa, perché “non sarà più semplicemente un continente beneficiario di aiuti umanitari, ma un vero partner in tutti i settori: dal cambiamento climatico alla sicurezza, all’economia, all’immigrazione, oltre che, ovviamente, al sostegno umanitario”. Un cambio di prospettiva radicale, se fosse vero. Così come il Migration Compact ha avuto il merito di porre il problema dell’immigrazione in termini strategici e complessivi per la prima volta in Europa. Sabato, inoltre, a Milano ci sarà una manifestazione a favore dell’accoglienza e per un’Europa senza muri. Tutte iniziative pregevoli che, anche se semplificando un po’, possono essere tutte ridotte allo slogan, un po’ retorico, “aiutiamoli a casa loro”, cioè in Africa. Ma siamo convinti di conoscere il continente? I problemi umanitari che affliggono il continente li si conosce e se ne parla. I problemi politici, enormi, sono conosciuti ma si evita, accuratamente, di parlarne perché imbarazzerebbero non poco le cancellerie europee.
Le cifre
Solo qualche numero. Il 70 per cento della ricchezze del mondo è detenuto dal continente africano, la produzione manifatturiera equivale all’1 per cento dell’intera produzione manifatturiera del mondo. Sull’oltre miliardo di abitanti ben 621 milioni non hanno accesso alla luce elettrica. Più o meno 800 milioni di persone non hanno accesso a Internet e l’80 per cento del commercio avviene fuori dall’Africa e non, come ci si dovrebbe aspettare, tra i paesi del continente. Bene. Numeri, eloquenti. Numeri contenuti nell’ultimo rapporto del Wto. Poi ci sono i problemi politici.
I presidenti più 'longevi' del mondo
Presidenti per sempre in democrazie malate di paesi da dove provengono, spesso, i migranti. L’Africa detiene il record dei presidenti più longevi del mondo. Le Costituzioni spesso non prevedono un tetto di mandato e quando lo prevedono i “dittatori” di turno le cambiano a proprio favore. Anche qui qualche esempio.
Il presidente del Ciad, Idriss Deby, è al quinto mandato consecutivo. Governa il paese dal 1990.
In Burundi il presidente Pierre Nkurunziza è al terzo mandato, fatto che ha scatenato la più grave crisi politica e umanitaria nel Paese con una spietata repressione degli oppositori.
In Uganda Yoweri Museveni, al quinto mandato, governa il paese dal 1986 e presidente degli Stati Uniti era Ronald Regan, Gorbaciov si cimentava con la perestroika.
Repubblica del Congo: Denis Sassou Nguesso guida con pugno di ferro il paese dal 1979 e nel 2015, non pago, ha modificato la costituzione così da poter svolgere un terzo mandato.
In Gabon la successione è dinastica: la famiglia Bongo. Omar Bongo, padre, ha governato il paese per 41 anni, alla sua morte gli è succeduto il figlio Ali. La dinastia Bongo è sopravvissuta a tutti i presidenti della Quinta Repubblica francese, da De Gaulle a Macron.
Nella Repubblica democratica del Congo il presidente Joseph Kabila continua a rimandare le elezioni, per lui sarebbe il terzo mandato, ma la Costituzione lo vieta e, intanto, il paese vive da decenni una guerra civile a bassa intensità, dopo la guerra su vasta scala del 1996 che ha provocato oltre 6 milioni di morti.
Paul Kagame, presidente del Rwanda dal 1994, ha modificato la Costituzione così da permettergli di governare il paese fino al 2034.
Tutti questi paesi sono ricchi di risorse naturali, chi più chi meno, ma tutti con buone riserve petrolifere, solo per citare l’oro nero, ma con un tasso di povertà che colpisce il 50 per cento della popolazione - in alcuni casi anche di più - che vive con meno di due dollari al giorno. Ma l’elenco è lungo. Non si può non citare l’Eritrea - molti cittadini di questo paese prendono la rotta del Mediterraneo, - dove Isaias Afewerki è il primo è unico presidente del paese, governa dal 1993, una vera e propria dittatura. Robert Mugabe è presidente dello Zimbabwe dal 1987 e lo stato spende l’80 per cento delle sue entrate per pagare gli statali, mentre il 90 per cento della popolazione non ha un’occupazione formale. Mugabe, 93 anni, ha assicurato che governerà il paese anche da cadavere: “L’opposizione – ha detto in occasione del suo compleanno – non governerà mai questo paese, né mentre sono in vita né dopo la mia morte. Giuro che il mio fantasma vi perseguiterà per sempre”. Buon per lui.
Interlocutori insidiosi
Con tutti questi signori l’occidente fa affari. E allora ci si chiede quali contenuti, politici, avrà il “cambiamento di prospettiva” dell’Europa nei confronti dell’Africa, e come fare a impedire le fughe di massa da questi paesi. E se la retorica “dell’aiutiamoli a casa loro” non significhi, solo, flussi di denaro a dittatori che, così, rafforzerebbero ancora di più il loro potere. Tutto ciò sarebbe censurabile sotto il profilo etico e politico, ma troppo spesso l’Europa ha sottovalutato, nei fatti, il problema del rispetto dei diritti umani. E’ l’Africa bellezza