Non c’è pace per il Burundi. Il clima di terrore, voluto dal regime per impedire ogni sorta di dialogo democratico con l’opposizione, ha raggiunto ogni angolo dal Paese. E un’efficace strumento di repressione del regime sono gli Imbonerakure, i membri appartenenti alla lega dei giovani del partito al potere, già passati al rango di milizia armata. Questi giovani invitano allo “stupro” sistematico delle donne “oppositrici”. L’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti dell’uomo ha denunciato la realtà di terrore che si sta registrando nel Paese e, in particolare, gli appelli degli Imbonerakure allo stupro delle donne appartenenti all’opposizione. Situazione che si sta registrando in tutte le province del Paese.
Una campagna di terrore pianificata
Per l’Alto commissariato dell’Onu “questi slogan scioccanti” sono una prova supplementare della “campagna di terrore” pianificata dal regime di Bujumbura. Di recente, inoltre, è stato diffuso un video che mostra centinaia di giovani Imbonerakure, che marciano inquadrati e che cantano in kirundi – la lingua nazionale: “Mettete incinta le oppositrici”. Slogan agghiaccianti. Il partito al potere, il Cndd-Fdd, ha preso le distanze, formalmente, da queste manifestazioni, sottolineando che “questi slogan non corrispondono all’ideologia del partito”, promettendo sanzioni. Una presa di distanza formale visto che in tutto il paese si stanno moltiplicando le manifestazioni senza che il regime intervenga, in un Paese dove ogni tipo di libera manifestazione del pensiero è vietata, soprattutto quella in dissenso con il potere. L’Alto Commissariato per i diritti dell’uomo denuncia con forza queste manifestazioni e invita il governo “burundese a riconoscere che questi non sono episodi isolati, ma la parte emersa di un iceberg. Le manifestazioni che incitano alla violenza non devono essere né tollerate né incoraggiate”.
Gli Imbonerakure bloccano chi tenta di fuggire dal Paese
Gli Imbonerakure, secondo numerose testimonianze arrivate anche da ambienti diplomatici, sembrano essere sotto il controllo di cinque o sei generali che dirigono il Paese – con a capo il presidente - e sono responsabili di uccisioni e torture. Giovani che agiscono in un clima di impunità e forti della loro prossimità con il temuto Snr, i servizi segreti burundesi. Le giovani milizie, ben armate, inoltre, controllano le strade che portano in Ruanda (nord) e in Tanzania (est) per frenare la fuga massiccia che, tuttavia, non ha impedito a 400mila persone di scappare dal Burundi.
Appelli che ricordano quelli del genocidio in Ruanda
A parte le denunce dell’Onu, non vi sono segnali da parte della comunità internazionale per un intervento più deciso nei confronti del governo burundese. Appelli come quelli lanciati dai giovani miliziani burundesi, purtroppo, ricordano un passato di sangue, quello che ha vissuto lo stato gemello del Burundi, il Ruanda con il genocidio dei tutsi. Gli inviti a “mettere incinta le oppositrici”, ricordano gli appelli lanciati da Radio Mille Colline, la famigerata emittente di Kigali, che invitava a schiacciare “gli scarafaggi”, cioè i tutsi. E le milizie burundesi assomigliano molto a quelle ruandesi degli Interahamwe, addestrate dai soldati francesi, composte solo da hutu, che incitavano all’odio e allo sterminio dei tutsi.
Quando l'Onu non intervenne in Ruanda
Nel 1994 quegli appelli “folli” furono tollerati, l’Onu non intervenne, la comunità internazionale non ha voluto pronunciare la parola “genocidio” per evitare un intervento armato nel paese. Cioè stette a guardare. Risultato: un milione di morti e oltre 2 milioni di rifugiati. Oggi il silenzio sul Burundi sembra ricordare quei tragici giorni. In Burundi il progetto genocidario se non è ancora pronto per essere eseguito, per lo meno è stato concepito. E le manifestazioni dei giovani Imbonerakure, ne sono l’avvisaglia. Sembra proprio che la comunità internazionale non abbia imparato nulla dei tragici eventi del Ruanda nel 1994. Non vorremmo che la storia si ripeta in Burundi.
Per le Ong dal 2015 sono morte 2.000 persone
Gli Imbonerakure sono attivi dall’inizio della crisi politica che ha investito il Paese a partire dall’aprile del 2015, quando il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato la sua terza candidatura alla guida del Paese e la sua elezione, controversa, nel luglio dello stesso anno. Questo gruppo è accusato dalle Ong locali, internazionali, dall’Onu, di essere responsabile, a fianco della polizia, dei servizi segreti e dell’esercito delle gravi violazioni dei diritti umani, oltre che di numerosi casi di stupro. Le violenze nel paese, dal 2015 ad oggi, hanno provocato 500 morti secondo l’Onu, 2000 secondo le ong, oltre a centinaia di casi di torture e sparizioni. Cosa intende fare la comunità internazionale? Aspettare che anche in Burundi si consumi un genocidio?