La strada intrapresa con il divorzio 50 anni fa è ancora lunga
Andrebbero introdotti i patti prematrimoniali: prima del matrimonio i nubendi potrebbero, volendolo, firmare un contratto per accordarsi sulle conseguenze di un eventuale fine dell'unione. Questo eviterebbe conflitti esacerbanti destinati a durare anni, che vedono coinvolti non solo i coniugi, ma anche i figli minori
© Vittorio Lo Verde / AGF - I festeggiamenti per la vittoria del No nel referendum del 1974 per l'abrogazione del divorzio
"Cara Betta, se molti anni fa non avessimo divorziato, oggi avremmmo festeggiato le nostre ‘nozze di diamante’. Da quando insieme decidemmo di porre fine a una unione oramai non più 'friccicarella' il nostro rapporto si è sempre mantenuto civile e rispettoso. Oggi non festeggiamo i 60 anni del nostro matrimonio ma nulla ci vieta di festeggiare i nostri 60 anni ‘dal matrimonio’. Quando ci eravamo incontrati, tu dovevi sottostare a regole delle quali dagli anni ’70 in poi s’è persa ogni traccia. Nei cinque anni di fidanzamento eravamo sempre guardati a vista da un sacco di familiari che pensavano più alla nostra ‘sistemazione’ che alla necessità di una nostra conoscenza per capire davvero chi eravamo e cosa sognavamo. Per fortuna, il nostro matrimonio è stato benedetto con tre figli che però non sono stati sufficienti a farci superare le incomprensioni. Dopo circa vent’anni anni abbiamo deciso, insieme, di separarci. Tutto si è svolto civilmente, per fortuna. Ed è per questo che oggi, a sessant’anni dal giorno del fatidico ‘si’, desidero ringraziarti per tutto ciò che hai fatto per i nostri figli; per il bene che nonostante tutto mi hai voluto; per l’affettuoso rapporto che hai sempre avuto con la mia attuale moglie. Sarai sempre nel mio cuore”.
Questa la lettera che tempo fa il Signor Giovanni - incanutito romantico ottantenne - recapitò alla ex moglie dalla quale aveva divorziato alcuni anni prima, e che la Signora Betta aveva deciso di condividere con il suo avvocato a testimonianza del fatto che il divorzio può costituire davvero l’inizio di un nuova vita.
Si erano sposati in un tempo in cui, in questo Paese, il divorzio ancora non esisteva e la prospettiva del matrimonio non concepiva altro se non il “finché morte non vi separi”. Tuttavia, erano riusciti dapprima a separarsi e poi a divorziare con gentilezza e con affetto.
Oggi sarebbe inconcepibile pensare al matrimonio come vincolo indissolubile. Eppure, fino a cinquant'anni fa, lo era. Il divorzio arrivò in Italia agli inizi del 1800 con il Codice Napoleone, ma l’istituto rimase disapplicato. Nel 1902 il Governo Zanardelli ne propose la riforma, che però non fu mai approvata. Solo il 1 dicembre 1970 il divorzio trovò la sua applicazione con la legge 898 - cd. “Legge Fortuna-Baslini”, dal nome dei suoi primi firmatari - con 325 sì e 283 no alla Camera e 164 sì e 150 no al Senato. Favorevole il fronte dei partiti laici e di sinistra, contraria la Democrazia Cristiana.
Ma la Legge sul divorzio non mise d'accordo tutti. Nel maggio del 1974 venne indetto un referendum abrogativo che spaccò il Paese. Ai tempi ero poco più che una bambina ma mi accorsi che qualcosa di epocale stava succedendo. Le piazze erano gremite di gente - quante donne! - che ostentavano cartelloni inneggianti "Vota NO!", "Difendiamo la libertà!", "Avanti col divorzio, conquista civile", "Vescovi, giù le mani dal divorzio!". Il Presidente della Sezione Famiglia del Tribunale di Milano di allora si mise a lavorare senza sosta per celebrare il maggior numero di divorzi perché, se il divorzio fosse stato abrogato dal referendum, non sarebbero state annullate le sentenze già emesse.
L’affluenza alle urne fu altissima (87,72%) e più del 59% degli italiani rispose NO all'abrogazione del divorzio.
Ma il tema non cessò di infiammare gli animi.Vennero raccolte per le strade fiumi di firme a sostegno della indissolubilità del matrimonio, che diedero luogo a un altro referendum, quello del 1981, nel quale la percentuale a favore del divorzio risulto' ancora più schiacciante: 70%.
La legge sul divorzio rappresentò una vera liberazione, soprattutto per le donne. Ciò nonostante, fu poco applicata fino a metà degli anni Ottanta essendo ancora ritenuto immorale andare in Tribunale a pronunciare la parola “fine”.
Del resto, solo nel 1981 sarebbe stato abrogato il cosiddetto “delitto d’onore” che prevedeva una pena molto ridotta - reclusione da tre a sette anni - per chi uccideva il coniuge, la figlia o la sorella "nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia".
E sempre nel 1981 sarebbe stato abrogato il “matrimonio riparatore” in relazione al quale la legge prevedeva che il reato di violenza carnale su una donna, anche se effettuato da più persone, si sarebbe estinto grazie alle nozze tra colui che l’aveva commesso e la ragazza che lo aveva subìto. Indelebile il ricordo di quanto accadde alla diciottenne siciliana Franca Viola, la prima ‘donna svergognata’ perché osò rifiutare il matrimonio riparatore con Filippo Melodia, appartenente a una nota famiglia mafiosa di Alcamo, che l’aveva violentata insieme ad alcuni amici, finiti tutti in galera per effetto del grande rifiuto di Franca. Comportamento talmente coraggioso che le varrà solo molti anni più tardi - l’8 marzo 2014 - l'onoreficienza di Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Del resto, fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975, l’art. 144 del codice civile italiano prevedeva che "Il marito è il capo della famiglia: la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dove egli crede opportuno fissare la propria dimora”. Articolo sostituito nel 1975 col più democratico: “I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato”.
Il divorzio è stato dunque figlio dei movimenti di emancipazione femminile per un’effettiva uguaglianza dei coniugi, morale e giuridica. E con il passare degli anni ha finito per spalancare le porte a nuovi modelli di famiglia accanto a quella tradizionale.
Passi da gigante, dunque. Eppure, la strada è ancora lunga.
Andrebbero introdotti i patti prematrimoniali: prima del matrimonio i nubendi potrebbero, volendolo, firmare un contratto per accordarsi sulle conseguenze di un eventuale divorzio. Questo eviterebbe conflitti esacerbanti destinati a durare anni, che vedono sovente coinvolti non solo i coniugi ma anche i figli minori.
Inoltre, si potrebbe saltare a piè pari la fase della separazione - ancora obbligatoria in Italia (a differenza di molti altri Paesi), e finalizzata a imporre ai coniugi separati uno ‘spazio-tempo’ di riflessione che nel corso degli anni si è ridotto sempre più, vanificandone il senso - per passare direttamente a quella del divorzio. Con notevole risparmio di tempo e denaro e minore congestionamento dei tribunali.