Gli assegni di mantenimento si devono pagare, anche con la crisi e il coronavirus
Cosa succederà sul fronte mantenimento dei figli di genitori separati quando passata la crisi sanitaria si aprirà quella economica? Allo stato si possono solo azzardare ipotesi, ma alcuni princìpi già affermati dalla Cassazione ci possono guidare
Quando l’emergenza sanitaria da Coronavirus sarà terminata, le famiglie italiane si troveranno ad affrontare un’altra emergenza: quella economica. Se già in epoca antecedente all’infido Covid-19 si faceva fatica a far quadrare i conti, figuriamoci ora.
Ma cosa succederà sul fronte mantenimento dei figli di genitori separati? Allo stato si possono solo azzardare ipotesi. Diciamo però che alcuni princìpi già affermati dalla Cassazione ci possono guidare come il pastore fa col suo gregge.
Prendiamo il caso analizzato dalla Cassazione penale qualche mese fa (sent. 10422/2020). Un piccolo artigiano, rimasto senza lavoro durante l’anno 2007, aveva avuto nei due anni successivi incassi mensili di circa 1.000 euro, ma aveva deciso di non versare più all’ex moglie l’assegno stabilito in sede di separazione a favore dei figli – 250 euro al mese oltre al 50% delle spese mediche e scolastiche - sulla base del presupposto che i pochi soldi che guadagnava servivano per far fronte al pagamento dell’affitto, delle spese correnti, di debiti con l’Agenzia delle Entrate, con le banche e con il fratello.
L’ex compagna aveva quindi sporto querela contro l’uomo per violazione degli obblighi di assistenza familiare - violazione che configura un reato penale - sostenendo che i bambini non potevano considerarsi ‘mantenuti’ grazie a qualche giocattolo portato loro di tanto in tanto dal padre. L’uomo si era difeso sostenendo il proprio stato di indigenza e che i debiti contratti riguardavano spese inerenti all’attività di piccolo artigiano all’epoca svolta, e non spese personali o addebitabili a un suo comportamento colpevole. Oltre a ciò – aveva proseguito – i figli non si sarebbero mai trovati in uno stato di bisogno perché erano stati assistiti dai nonni abbienti.
La Cassazione, nel confermare le sentenze di primo e secondo grado del Tribunale e della Corte d’Appello torinesi, ha risolto il caso condannando l’uomo a due mesi di reclusione e al pagamento di 220 euro di multa, con il beneficio della pena sospesa.
“Lo stato di bisogno di un figlio minore è presunto“ - ha affermato la Corte - trattandosi di un soggetto non in grado di procacciarsi un reddito proprio. Ma la Cassazione si è spinta oltre, affermando che lo stato di bisogno e l’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli minori non vengono meno anche quando al mantenimento dei figli minori o inabili provveda in via sussidiaria l’altro genitore o terzi (i nonni, nel caso in esame).
Secondo i Giudici del Palazzaccio infatti, per escludere la responsabilità penale il padre avrebbe dovuto provare rigorosamente di essere stato impossibilitato incolpevolmente a soddisfare le esigenze minime di vita dei figli. Irrilevanti, dunque, le difficoltà economiche lamentate dall’uomo poiché non sono state ritenute sufficienti per integrare gli estremi di un vero e proprio stato di indigenza economica e di “una situazione incolpevole di assoluta indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita” dei figli minori.
Come avrete notato, il fatto narrato risale a 13 anni fa – tanto ci ha messo la Giustizia per dire la parola ‘fine’ a questa vicenda giudiziale – ma rischia di diventare di drammatica attualità a causa delle difficoltà economiche che sta attraversando il nostro Bel Paese.
Ricordiamocelo, dunque. I figli, prima di tutto.