(di Daniele Atzori) - L'amministrazione americana guidata da Barack Obama ha riconosciuto la necessita' di liberare lo Yemen dalle basi di Al Qaeda. La decisione di Obama e' stata accolta con entusiasmo anche dall'opinione pubblica araba moderata, che da anni identifica nello Yemen un rischio per la stabilita' dell'intera area mediorientale. Lo Yemen e' infatti, al tempo stesso, teatro di due diverse guerre. Da un lato, la Repubblica Islamica dell'Iran e' accusata di finanziare la secessione del movimento sciita degli Houthi nella regione di Sa'ada, nel nord del paese. Dall'altro, Al Qaeda ha radici profondissime nel paese sudarabico. Gli obiettivi immediati della Repubblica Islamica dell'Iran e dei terroristi sunniti di Al Qaeda non differiscono nella sostanza: lotta contro il "nemico vicino" (i governi arabi moderati) e lotta contro il "nemico lontano" (l'Occidente).
Lo Yemen e' uno dei teatri in cui si combatte la guerra contro il "nemico vicino", dal momento che il governo yemenita guidato dal Presidente Saleh e' alleato dell'Occidente nella guerra contro il terrorismo globale di matrice islamica. Abbattere, o perlomeno indebolire, il governo di Saleh fa parte di una piu' vasta strategia di destabilizzazione del Medio Oriente. E' indubitabile che gli obiettivi di lungo termine degli sciiti iraniani e dei sunniti di Al Qaeda divergano profondamente: i primi mirano ad esportare la rivoluzione islamica di Khomeini, mentre i secondi aspirano a restaurare il califfato. Creare uno "stato fallito" nel sud della penisola arabica, al confine con l'Arabia Saudita, costituisce per entrambi una notevole occasione. Nell'eventuale vuoto di potere causato dall'implosione dell'autorita' centrale yemenita, gruppi radicali che ambiscono all'egemonia sul mondo islamico godrebbero di un importante trampolino di lancio. l movimento secessionista sciita degli Houthi, sostenuto dall'Iran, ambisce a creare una sorta di secondo stato di Hezbollah nel cuore della penisola arabica. Al Qaeda punta invece a dar vita a uno stato islamico sul modello talebano afghano, "liberato" dalle influenze occidentali, dal quale poi esportare il jihad su scala globale.
Un nuovo fronte si e' aperto in Somalia. La milizia di Al Shabab, legata ad Al Qaeda, ha fatto un salto di qualita'. Al Shabab non e' solo in grado di controllare vaste aree della Somalia, ma anche di commissionare azioni in Europa. Il 1° gennaio, un somalo armato di ascia ha tentato di uccidere Kurt Westergaard, il settantaquattrenne danese che aveva realizzato una vignetta sul Profeta Maometto. Il somalo, che era gia' stato coinvolto in un piano per uccidere il Segretario di Stato americano Hillary Clinton, e' un seguace di Al Shabab. Le sezioni locali di Al Qaeda godono senz'altro di vasta autonomia, ma sono unificate dalla volonta' di sfruttare la situazione nei due paesi per gettarvi le basi di emirati islamisti. Stabilizzare i governi legittimi dei due paesi e' quindi per la comunita' internazionale una necessita' improrogabile. Il compito appare piu' facile in Yemen che in Somalia. Il Presidente Saleh e' al potere dal 1978 e, nonostante le liberalizzazioni politiche avviate, il suo governo non e' ovviamente una perfetta liberaldemocrazia secondo standard occidentali. Anche il suo rapporto con l'occidente e' stato ondivago. Quando l'Iraq invase il Kuwait, nel 1990, il Presidente yemenita Saleh si schiero' con Saddam Hussein, votando contro la risoluzione dell'ONU che autorizzava l'intervento contro Baghdad. In seguito all'11 settembre, il governo yemenita si e' schierato a fianco dell'occidente nella guerra contro il terrorismo globale. Cio' nonostante, l'atteggiamento di Saleh e' sempre stato ambiguo, a causa della necessita' di dover mediare tra le richieste della comunita' internazionale e le tribu' locali. Il caso del terrorista Jamal al Badawi e' emblematico. Al Badawi e' infatti stato riconosciuto dalle autorita' yemenite e americane come uno dei responsabili del massacro della nave americana USS Cole del 12 ottobre del 2000, nel quale furono uccisi diciassette marinai americani. Considerato dall'FBI come uno dei piu' pericolosi terroristi al mondo, al Badawi e' stato arrestato e condannato a morte in Yemen. Nel 2003, e' evaso dal carcere yemenita in cui era detenuto, per essere poi nuovamente catturato nel 2004, ed evadere una seconda volta nel 2006. Dopo essere stato ancora catturato, e' stato infine rilasciato.
La storia di Al Badawi rivela molto sulla serieta' del governo di San'a nel combattere il terrorismo islamico. Nondimeno, il governo di Saleh sembra costituire l'unica alternativa contro il caos, l'anarchia, che gli arabi chiamano "fitna", considerandola il pericolo per eccellenza. L'amministrazione Obama e' consapevole del rischio rappresentato dallo Yemen. Il Presidente Obama ha avuto una conversazione telefonica con il Presidente Saleh il 17 dicembre, mentre il 2 gennaio il Generale Petreaus, capo del comando centrale americano, ha incontrato Saleh a San'a. I governi e la stampa araba moderata hanno accolto con soddisfazione la decisione americana, consapevoli che uno Yemen nelle mani di Al Qaeda (o dell'Iran) potrebbe innescare un effetto domino nella regione. Solo una ferma reazione della comunita' internazionale potra' impedire che la regione si trasformi nella roccaforte del terrorismo internazionale.