L'impronta ecologica dell'uomo sul pianeta oggi e di gran lunga superiore alle capacita' della Terra di rigenerarsi: se si continua in questa direzione entro il 2030 avremo bisogno di un altro pianeta per soddisfare i nostri bisogni. E' il grido di allarme che lancia il Wwf alla presentazione mondiale dello studio biennale 'Living Planet Report 2010' sullo stato di salute del pianeta realizzato dal Wwf in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network. Dal 1966 a oggi l'impronta ecologica dell'uomo -ovvero la domanda di risorse naturali necessarie per le nostre attivita'- e' raddoppiata, quella idrica e' in costante aumento con impatti e ricadute su fiumi e falle acquifere, e se si considera non solo il consumo pro capite ma anche l'acqua 'virtuale' contenuta nei prodotti commercializzati, la situazione si fa drammatica. Per Gianfranco Bologna, direttore scientifico dell Wwf Italia "la situazione sempre piu' grave in cui versano i sistemi naturali del pianeta a causa della nostra pressione dimostra l'insostenibilita' dei modelli economici attuali".
A una settimana dall'apertura della conferenza sulla Biodivesita' di Nagoya in Giappone, il rapporto biennale Wwf 'Planet Living Report 2010' fotografa lo stato di salute del pianeta e indica le soluzioni per invertire subito la rotta. La perdita di biodiversita' "e' sintomo e sinonimo del cattivo stato di salute degli ecosistemi", si legge nel dossier, "e implica un peggioramento dei servizi eco-sistemici che sono alla base della nostra vita e del nostro benessere: la fornitura di cibo, di materie prime e di medicine". Basti pensare, sottolineano dal Wwf, "che circa il 75 per cento delle 100 principali colture a livello mondiale fa affidamento sugli impollinatori naturali. Misurando ad esempio le aree necessarie a fornire le risorse che utilizziamo, la superficie occupata dalle infrastrutture e quella necessaria ad assorbire i rifiuti che produciamo, basterebbe che ogni abitante del pianeta si 'accontentasse' di 1,8 ettari globali per vivere entro i limiti della capacita' del pianeta, mentre la stragrande maggioranza dei Paesi, soprattutto le nazioni piu' ricche, superano di gran lunga questa misura arrivando a picchi di oltre 10 ettari globali pro capite". Tra i 10 Paesi con l'impronta ecologica pro-capite piu' 'pesante' ci sono: Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Belgio e Canada. Ma anche l'Italia non brilla in 'leggerezza': a ciascun italiano servono ben 5 ettari globali per soddisfare il proprio stile di vita, un valore equivalente alla capacita' produttiva di 2,8 pianeti, che porta il Belpaese al 29esimo posto della poco lodevole classifica, subito dopo Germania, Svizzera e Francia. Complessivamente i 31 Paesi dell'Ocse, che includono le economie piu' ricche del mondo, sono responsabili di circa il 40% dell'impronta globale. Per il Wwf, se si considera che nel 2050 la popolazione del pianeta raggiungera' i 9 miliardi, l'imperativo per tutti e' investire nella Green Economy per rientrare nel limiti del pianeta.
13 ottobre 2010