Nasce Italia Comfidi, un unico grande soggetto nazionale che, nel panorama associativo delle Pmi, si colloca al vertice dei Comfidi che operano sul piano associativo nel territorio nazionale. In una fase così difficile per le Pmi, soprattutto per quanto riguarda l’accesso al credito, il rafforzamento del ruolo dei Comfidi per Confesercenti rimane una delle scelte fondamentali di politica economica. Senza l’azione dei Comfidi nel 2009 le difficoltà delle Pmi si sarebbero accentuate notevolmente e si sarebbe ulteriormente estesa la minaccia dell’usura, cresciuta nell’anno appena concluso, come documentato dal Rapporto sulla criminalità di SoS Impresa presentato nei giorni scorsi. Sull’argomento ecco l’intervista a Massimo Vivoli, vicepresidente vicario di Confesercenti e ‘tutor’ di Comfidi.
D. Italia Comfidi al via. Che valore ha questa nuova iniziativa?
R. E’ la prima volta che Confesercenti mette in campo un Consorzio di carattere nazionale su un terreno così cruciale come quello del credito alle imprese. Italia Comfidi si colloca ai vertici dei confidi con oltre 63 mila imprese associate. Diventa… la nostra banca nazionale di garanzia. In un periodo di crisi questo vuol dire anche un modo concreto e rapido per favorire una migliore collaborazione con il sistema bancario che proprio con l’operato dei confidi vede diminuire i rischi per la concessione dei crediti.
D. Le regole di Basilea 2 sono molto rigorose per quanto riguarda sopratutto il patrimonio delle banche e ciò influisce sull’accesso ai crediti delle piccole imprese. E’ così?
R. Ovviamente sì e questo complica ancora di più la situazione in una fase economica dove gli stessi bilanci delle pmi sono peggiorati per la crisi e per la flessione dei consumi. Ecco perché un Comfidi forte è utile in quanto garantisce meglio sia le imprese, sia il rapporto fra esse e le banche.
D. In concreto quale sarà l’impegno di Italia Comfidi?
R. Intanto diciamo che nei prossimi mesi ci saranno almeno 10 mila nuove imprese che avranno la possibilità di vedersi riconosciute risorse per circa un miliardo di euro. E’ questo è il primo passo. Poi non dimentichiamo che più è efficace l’azione dei confidi più arretra il rischio usura. E non mi pare poco.
D. Quali altri strumenti sul piano creditizio vanno utilizzati in questa situazione di uscita dalla crisi?
R. I confidi accentuano le garanzie e quindi determinano un miglioramento anche del clima di fiducia che come vediamo è ancora assai altalenante per le incertezze sul futuro. Ma non basta: ad esempio Confesercenti ha insistito molto ed insiste perché si prolunghi nel 2010 la moratoria dei debiti che è stata sancita l’anno scorso con buoni risultati fra tutto il sistema imprenditoriale e l’Abi. Anche una moratoria più lunga può aiutare a render meno pesante il clima economico sul quale pesa soprattutto la questione occupazionale. Attenzione: una migliore possibilità di accesso al credito ha anche un risvolto utile a frenare l’emorragia di posti di lavoro in quanto permette ad imprese che sono in difficoltà come a quelle che vorrebbero investire di andare avanti con adeguate risorse a disposizione.
D. E sulle prospettive quale è il valore di esperienze come Italia Comfidi?
R. Noi abbiamo cercato di cogliere una lezione che viene dalla crisi. La dispersione degli interventi, una dimensione troppo piccola non aiutano ad uscire dalle difficoltà economiche, ad agganciare la ripresa. Bisogna aggregare, favorire la crescita anche dimensionale delle imprese e quindi di un sistema di garanzie per il credito altrettanto forte e adeguato.
Da soli non si va lontano. L’aggregazione diventa invece un motivo spesso determinante per reggere e guardare avanti. Ma poter contare su un accesso al credito più agevole vuol dire anche dare spazio a quei processi di innovazione e di irrobustimento delle Pmi che sono fondamentali per la vitalità della nostra economia. Come sappiamo le Pmi non possono contare su una grande ed autonoma forza finanziaria. Già con un efficiente sistema di confidi è possibile fare un passo avanti. Non dimentichiamo che le Pmi garantiscono il 60% degli occupati e il valore aggiunto che riescono a fornire al paese è certamente consistente. Se si vuole putnare ad una ripresa magari non accentuata come quella di altri paesi ma almeno sufficientemente stabile non possiamo che scommettere sulle Pmi.